Di Castalda Musacchio

E dire che valgono sul mercato ben 16 miliardi di euro. Vale a dire? Più di metà della manovra. Si tratta delle cosiddette frequenze digitali televisive. Un bene indubbiamente pubblico e che, solo in Italia, non viene pagato, bensì concesso gratuitamente in nome di una regola di "beauty contest" a Rai ma, soprattutto, a Mediaset.

Tanto per capire: in Germania l'asta per l'assegnazione delle frequenze ha determinato un introito netto per lo Stato di 4,4 miliardi di euro. Negli Stati Uniti l'assegnazione delle frequenze ha comportato introiti statali per ben 20 miliardi di dollari. In Italia? Non se ne parla. Si mette mano a pensioni e accise che, inevitabilmente, andranno ad incidere sul reddito dei tanti ma che non lederanno affatto i privilegi dei pochi. Eppure, basterebbe pochissimo. Basterebbe solo una piccola norma; forse il tutto si potrebbe tradurre anche in una semplice telefonata al presidente della Commissione apposita. Insomma, occorrerebbe solo che qualcuno dicesse: "Da oggi si cambia, le frequenze si pagano".

Perché non si fa? L'ombra di 'un patto' Berlusconi-Monti non è del tutto da ignorare. In fondo: Rete 4 trasmette ancora, nonostante il divieto della Corte Costituzionale di farlo, dopo aver occupato abusivamente, sarebbe meglio dire "scippato", le frequenze che erano e restano di Europa 7. Mediaset continua ad avere incassi miliardari grazie alle norme del tutto favorevoli, in particolare sugli introiti pubblicitari, messe sù da Gasparri e scritte a tavolino ad Arcore. Il conflitto di interessi resta lì immutato, come il 'convitato di pietra' di ogni possibile soluzione legislativa; eppure, guarda caso, sembra non esistere.

E se proprio non si vuole toccare il "tasto frequenze" - fanno notare in molti analisti ed un recente studio - come non si fa, almeno, a non andare a regolare le fatidiche spese per gli armamenti? Da qui al 2026 si sono messi in conto ben 50 miliardi di euro per l'acquisto di 131 cacciabombardieri F35, di fatto totalmente inutili. Senza contare gli altri caccia Eurofighter Typhoon, altri 10 miliardi di euro. Ancora qualcuno fa notare che l'ammiraglio Giampaolo Di Paola, ora ministro della Difesa, è stato colui che ebbe un ruolo fondamentale nel firmare l'accordo tra Italia e Usa, e proprio per l'acquisto di quegli F35.
Verrebbe da dire: non ha forse ragione chi pensa sostanzialmente che la trattativa tra Monti e il Cavaliere - di nuovo uno scambio di favori - sia indubbia? Tu, caro Monti, non tocchi la questione delle televisioni. Io ti darò l'appoggio in aula. Un ritornello che somiglia a un mantra.
A pagare? Saranno sempre gli stessi.

Fonte: LIberazione

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