Finalmente anche a Perugia, accanto al nuovo stadio di calcio al Pian di Massiano, viene alla luce un grande parco verde per svolgere varie attività sportive e motorie quali la pista ciclabile,  campo da rugby, pista di pattinaggio, campi di bocce e in particolare un percorso pedonale -il percorso verde- non molto lungo, ma sotto l'ombra di due belle file di querce .

Erano gli anni tra il 70 e l'80 (lo stadio fu inaugurato nel 1975) quando stimolato dall’amico e collega Giuseppe che frequentava in modo assiduo il percorso verde, ed anche attratto dall'ombra di quelle querce, in estate ho cominciato a fare le prime passeggiate.

Non eravamo in molti a frequentare quel posto perché ancora non era luogo comune quello di andare a camminare nel verde alla periferia della città,l anziché passeggiare "fare le vasche" in Corso Vannucci.

Più camminavo e più stavo bene, e anche il lavoro mi pesava meno, così ho cominciato a prenderci gusto. L'abitudine alla camminata, quasi quotidiana, è poi diventata un vizio.  Nel trascorrere del tempo, e grazie a quel "vizio", ho potuto seguire altri amici e colleghi che mi hanno fatto conoscere alcuni sentieri nelle montagne più vicine a noi come Monte Tezio o il Subasio fino al Vettore e altre belle cime della nostra regione.

Questa passione per le montagne è stata poi condivisa da parenti e amici che a fine estate m’incaricavano della parte logistica per una settimana nelle Dolomiti.

Passano alcuni anni e questa esperienza lentamente si è esaurita.

Casualmente vengo a conoscenza che un altro gruppo di persone amanti della montagna che da varie città del nostro Paese, da Ancona, Firenze, Perugia, Bologna, Pavia, Modena, Trento, Torino , Novara e altre località, si ritrovavano tutti insieme  una settimana per trascorrerla sui sentieri delle innumerevoli località  che il nostro arco alpino ci mette a disposizione: da Ventimiglia a Tarvisio.

Chiesi di potervi partecipare, e così iniziò una nuova esperienza con persone molto cordiali, ma anche molto esperte nel muoversi su sentieri da brivido per un montanaro di pianura come me.

Sono passati quasi dieci anni con questo nuovo gruppo prima che mi sono sentito pronto per affrontare in due giorni, con pernottamento in rifugio, il giro completo del massiccio del Sorapis sulle Dolomiti Ampezzane con i relativi sentieri attrezzati da fare con le indispensabili misure di aggancio in sicurezza.

Sono mancato pochissime volte a questo appuntamento annuale; anche quest'anno  eravamo in quarantotto  in val Passiria che con le precauzioni e il distanziamento del caso facevamo una lunga fila di quasi cento metri.

Da allora ho fatto altri bellissimi trekking ma non più da "portoghese" ma con l'adesione al CAI di Perugia del quale sono socio da quasi quindici anni.

Con questo sodalizio ho partecipato a diversi trekking indimenticabili che hanno lasciato una profonda traccia nel cuore e nel cassetto dei ricordi.

In quello del Nepal ho avuto la fortuna di esserci stato con loro nel 2014, l'anno prima del terribile e catastrofico terremoto che ha distrutto irripetibili monumenti e messo in gravi difficoltà un popolo mite, accogliente, gentile, ma anche già molto povero.

Un trekking di dieci giorni decisamente faticoso ma pieno di forti emozioni.

Devo poi grande gratitudine al gruppo di soci del CAI che negli anni hanno proposto con grande capacità organizzativa luoghi straordinari che mi hanno permesso di vedere e toccare con "piedi" i sentieri e le nevi della Norvegia, le scogliere dell'Irlanda come i monti della Corsica, e tanti altri.

Ma nonostante tutto questo il ritorno sui Sibillini è come tornare al calore domestico, al piacere di soddisfare gli occhi e l'animo con tutti quegli immensi panorami  che gli sguardi a malapena riescono a valutarne i confini, come fossero dipinti con tutte le sfumature del verde e di altri colori, che costellano questa parte dell'appennino centrale.

Nel “Canto dell’Amore” il poeta Giosuè Carducci declama:

“Nel roseo lume placidi sorgenti. I monti si rincorrono fra loro, Si che sfumano in dolci ondeggiamenti. Entro vapori di viola e d’oro”.

Ho imparato che lo spettacolo è sempre stupendo, ma ogni cima di qualsiasi montagna raggiunta con sforzo e fatica pretende rispetto e grande attenzione, senza mai sottovalutarne i pericoli.

Questa breve sintesi è la storia di una persona di settantasei anni che ancora è capace di reggere una salita di ben oltre mille metri, lunga più di sedici chilometri e che non ha nessuna intenzione di disertare i sentieri in montagna ma nemmeno il percorso verde!

 

Ezio Borgioni

Condividi