Partite Iva, una selezione darwiniana. Rapporto Mediacom 043, tutti i dati
Rapporto Mediacom043 sull’andamento del reddito reale (complessivo e medio), nelle dichiarazioni dei redditi Irpef nel decennio 2009-2019, delle Partite Iva in Italia e in tutte le regioni. Anticipiamo che entro domani verrà diffuso anche un Rapporto specifico sulle Partite Iva in Umbria, che c è stato appositamente commissionato. Al presente Rapporto sono allegate 4 tabelle. Chi le desiderasse può inviare un messaggio WhatsApp a 334/6245400, indicando la propria mail (il servizio è gratuito)
Mediacom043 è un’agenzia di Big Data che, di propria iniziativa o su commissione, diffonde Rapporti e approfondimenti di taglio economico e sociale, sia a livello nazionale che regionale. È diretta da Giuseppe Castellini. In questo Rapporto sono stati utilizzati dati forniti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Avvertenze
I dati dei redditi delle Partite Iva sono stati tutti forniti dal ministero dell’Economia e delle Finanze, Mediacom043 li ha elaborati.
Si riferiscono alle dichiarazioni dei redditi Irpef presentate dalle Partite Iva nel 2009 e nel 2019 (riferite all’anno di imposta precedente, quindi 2008 e 2018).
Le partite Iva prese in considerazione sono quelle che hanno presentato la dichiarazione dei redditi.
I dati sono stati trasformati in termini reali, in altre parole sono state aumentate le cifre del 2009 (anno di imposta 2008) per l’inflazione – pari all’11,9% - intercorsa nel decennio 2009-2019 di presentazione delle dichiarazioni dei redditi Irpef. Questo per permettere un confronto corretto tra gli anni presi in considerazione.
Introduzione
Innanzitutto va chiarito il quadro di questo nuovo Rapporto Mediacom043. Che non serve solo a presentare - dati del ministero dell’Economia e delle Finanze alla mano - la selezione darwiniana che, negli ultimi 10 anni, ha colpito il mondo delle partite Iva nel loro complesso (dai professionisti agli artigiani, alle piccole imprese e così via) con un drastico calo del loro numero (-18,1%) e con la forte flessione del reddito lordo Irpef complessivo (-9,4%, a fronte del +0,5% del reddito complessivo di tutti i contribuenti italiani), ma anche con l’aumento medio del 10,5%% del loro reddito Irpef medio. Ossia, le partite Iva che non sono state spazzate via se la passano, ovviamente in media e con differenze settoriali e territoriali anche molto ampie, meglio di 10 anni fa, al netto ovviamente degli effetti del Covid nel 2020.
Questo lavoro serve, infatti, anche a lanciare un ‘alert’. Perché è in corso, ma accelererà prepotentemente in questi anni, la rivoluzione digitale. Che trasformerà profondamente l’economia, gli assetti economici e quelli sociali. Basti dire, per fare un solo esempio, che nella Corea del Sud, dove il ‘mondo nuovo’ è già realtà grazie al fatto che ci sono tre operatori del 5G, è operativa la guida autonoma delle auto, nei locali ci sono camerieri robot, sempre più negozi sono senza commessi perché il servizio è tutto digitalizzato. E così via. Fattori che presto saranno prepotentemente in moto dappertutto con l’arrivo del 5G e che cambieranno radicalmente il modo di lavorare, di vivere, di fornire e acquistare beni e servizi. Con impatti sociali rilevanti che vanno ben gestiti, perché per chi resta indietro il ‘nuovo mondo’ diventerà un inferno, con poca o nulla crescita e squilibri economico-sociali davanti ai quali quelli avvenuto nella Grande recessione iniziata nel 2009 appariranno uno scherzo.
Tornando alle partite Iva si può dire che tra 10 anni, se il Paese non si attrezzerà effettuando cambiamenti radicali e se non lo faranno e verranno aiutate a farlo le Partite Iva - che hanno pagato la Grande recessione molto più della media delle altre categorie - è facile capire cosa ci troveremo ad osservare: un calo del loro numero molto più marcato di quello avvenuto nel decennio che si chiude, divaricazione enorme – tra le partite Iva sopravvissute – tra chi avrà aumentato di molto il suo business e chi invece farà una vita molto grama, squilibri territoriali ancora più pronunciati (forse al punto di diventare ingestibili), tensioni sociali il cui sbocco potrebbe essere pericoloso. Questo tanto a livello nazionale quanto di singole regioni dove, come dimostrano i dati di questo Rapporto, le differenze sono molto ampie.
Ed ecco la sintesi del Rapporto.
Un primo confronto
Il primo confronto (Tabella 4) è quello tra l’andamento del reddito complessivo Irpef 2009-2019 delle Partite Iva e quello di contribuenti italiani. Il prezzo pagato dalle Partite Iva stato è infatti molto più alto della media generale, con il loro reddito complessivo che, in termini reali, è sceso - tra le dichiarazioni dei redditi 2009 e quelle del 2019 - del 9,4%, rispetto al +0,5% di quello di tuti i contribuenti italiani.
Il dettaglio regionale vede questa differenza a sfavore delle Partite Iva raggiungere il picco massimo in Basilicata (dove l’andamento del reddito complessivo Irpef delle Partite Iva è peggiore addirittura di 17,8 punti percentuali rispetto a quello che mostra la media di tutti i contribuenti di questa regione), ma è molto alto anche in Sardegna (differenza di 16,1 punti percentuali a sfavore delle Partite Iva), Valle d’Aosta (15,8 punti), Puglia (14,7 punti), Provincia autonoma di Bolzano (13,8 punti), Friuli e Umbria (13,7 punti). Il divario minore è quello che presenta l’Abruzzo, dove l’andamento del reddito delle Partite Iva nel decennio è inferiore del 7,1% a quello di tutti i contribuenti.
Da notare che la situazione si inverte per l’andamento del reddito medio Irpef: sempre in termini reali, +10,5% per le Partite Iva e +2,6% per la media di tutti i contribuenti. E questo in tutte le regioni, come si può osservare nella tabella 4. In altri termini, le Partite Iva hanno subito una fortissima contrazione nel numero, che vedremo nel prossimo paragrafo, ma quelle che sono sopravvissute fanno, in termini di reddito medio, meglio della media di tutti i contribuenti italiani. In altre parole sono meno, ma in media più robuste.
Partite Iva, un decennio di selezione darwiniana: crollo del loro numero, è sparita una Partita Iva su cinque (tabella 1).
In dettaglio, a livello nazionale il numero delle Partite Iva che hanno presentato la dichiarazione Irpef è sceso da 3,76 a 3,077 milioni, con una riduzione di 678mila174 unità (-18,1%).
Tra le regioni, a livello percentuale i cali maggiori si registrano in Basilicata (-28%), Molise, Sardegna (entrambe -26,3%) e Sicilia (-24,8%). Nel Mezzogiorno d’Italia, che registra le flessioni maggiori con la scomparsa nel decennio 2009-2019 di una Partita Iva su quattro, il dato migliore è quello dell’Abruzzo (-16,6%).
Tra le regioni è la Lombardia a registrare il calo più contenuto (-8,5%). Restando al Nord, la contrazione maggiore del numero delle Partite Iva si registra invece in Valle d’Aosta (-19,8%), Emilia Romagna (-19,5%) e Friuli Venezia Giulia (-18,9%).
Nel Centro i dati della contrazione, a parte il Lazio che segna -12,4%, sono molti elevati nelle Marche (-18,9%) e in Umbria. La Toscana segna -15,4%.
Reddito complessivo Partite Iva, crollo del 9,4% tra le dichiarazioni del reddito Irpef complessivo tra il 2009 e il 2019 (tabella 2).
Confrontando le dichiarazioni Irpef del 2009 (relative all’anno di imposta 2018) e quelle del 2009 (relative all’anno di imposta 2008), le Partite Iva italiane presentano una contrazione di 10,21 miliardi di euro. Complessivamente, dichiaravano 108,23 miliardi di euro nel 2009 (il dato è in termini reali, ossia attualizzato per l’inflazione), mentre dichiarano 98,02 miliardi di euro nel 2019. Il calo è del 9,4%, con notevole differenziazioni, come si può vedere nella tabella 2, tra le regioni: dal -19,5% del Molise e il -19% della Basilicata al ben più leggero -5,6% della Lombardia o il -6,4% dell’Emilia Romagna.
Nel Centro a soffrire meno è la Toscana (-6,4%), a differenza del crollo del reddito complessivo delle Partite Iva in Umbria (-18,6%). Nel Mezzogiorno d’Italia il dato migliore è quello dell’Abruzzo (-7%), seguito da quello della Campania (-9%).
Reddito medio Partite Iva, la selezione darwiniana ha determinato per i sopravvissuti un incremento del 10,5% delle entrate. Ma, come insegna Trilussa, dentro la media le differenze sono tante (tabella 3).
Statisticamente, il fatto che tra le dichiarazioni dei redditi Irpef 2009 e quelle 2019 il numero delle Partite Iva sia sceso del 18,1% e quello del loro reddito complessivo del 9,4%, determina che il reddito medio delle Partite Iva sopravvissute sia aumentato del 10,5%. In termini reali, nel 2008 in media una partita Iva presentava un reddito 28mila 830 euro lordi l’anno, mentre nel 2019 tale valore sale a 31mila 850 euro.
Ma attenzione, perché il mondo delle Partite Iva è molto grande e, in questi casi, come insegna Trilussa nella poesia del pollo, dire che a ognuno in media toccano due polli è corretto in teoria, ma nella realtà c’è a chi tocca un pollo e a chi tre. Questo sarà oggetto di un’ulteriore Rapporto di Mediacom043, ma già un esempio si può fare. In termini reali, tra le dichiarazione Irpef del 2009 e quelle del 2019, tra le partite Iva, la categoria dei professionisti non ha visto aumentare il suo reddito medio. Ritornando a Trilussa, i professionisti sono tra quelli a cui nella realtà è toccato un pollo, non i due che risultano nella media statistica.
Guardando alle singole regioni, il reddito Irpef medio delle Partite Iva aumenta dappertutto, non ci sono segni meno. Ma, a proposito dei polli di Trilussa, tra le regioni le differenze sono assai marcate. Quelle che segnano l’incremento più marcato sono, guardando la tabella 3, la Provincia di Bolzano (+34,2%), la Campania (+18,3%) e il Piemonte (+12,5%). Le Partite Iva dell’Umbria, invece, debbono accontentarsi di un incremento del reddito medio del 2,9% (peggior dato nazionale), quelle della Lombardia del 3,1%, quelle del Friuli Venezia Giuia del 5,4% e quelle del Lazio del 5,7%.
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