LA PALA DI SANT’ONOFRIO DI SIGNORELLI ALLA MOSTRA
di Vanni Capoccia
La Pala di sant’Onofrio di Luca Signorelli del Museo della Cattedrale di Perugia raffigura la Madonna col Bambino con a sinistra due santi eremiti Giovanni Battista e Onofrio e a destra a rappresentare la Cattedrale di Perugia il suo titolare San Lorenzo con il Vescovo di Perugia Giacomo Vagnucci (o Vannucci) nato a Cortona che alcuni ritengono sia sant’Ercolano cosa improbabile visto che nella pala sarebbe l’unico santo senza aureola. Doveva essere coperta da una tenda con i due piccoli angeli agli angoli in alto a svolgere la funzione di reggicortina mentre sopra di sé aveva una vetrata di Bartolomeo Caporali ora al Sacro convento di Assisi.
Secondo Pietro Scarpellini non è d’origine fiorentina né pierfrancescana ma “discende piuttosto dalle pale d’altare veneto-padovane e da quelle farraresi loro derivate”; però l’astratta monumentalità della Vergine e le decorazioni del piviale del Vescovo che ricordano il sant’Agostino di Lisbona non possono non far pensare a Piero della Francesca, così come non si può non notare nella cura dei particolari nei due vasetti di vetro l’influenza fiamminga del Trittico Portinari di Firenze.
È il capolavoro giovanile di Luca Signorelli e dà il via al suo periodo maturo, in assoluto una delle sue opere migliori con l’accuratezza delle storie disegnate nella dalmatica di Lorenzo e nel piviale del vescovo nel quale la rappresentazione del matrimonio della Vergine non può non ricordare la presenza nella cattedrale di Perugia del Santissimo anello della Madonna, la bella sciarpa che avvolge le gambe dell’angelo musicante, i delicati bicchieri con fiori, i colori intensi, le ombre leggere.
A parte sant’Onofrio che rivolge un intenso e sofferente sguardo verso la Madonna e Gesù Bambino intenti alla lettura gli altri appaiono ognuno all’interno d’una quieta bolla di silenzio: San Lorenzo medita su quello che ha letto, il Vescovo Vagnucci è concentrato nella lettura, il Battista in una dolce estasi peruginesca, l’angelo preso dal liuto da accordare.
Gli accordi di colore e l’aria tersa tengono tutto insieme creando un’atmosfera che da un senso unitario alla tavola inglobando in essa i ”fiamminghi” fiorellini nel bicchiere di vetro in primo piano. Una bellissima, minimale, poetica natura morta che lascia nel pavimento di marmo bianco uno sbuffo d’ombra che sarebbe piaciuto a Ernst Gombrich se solo si fosse interessato anche alle ombre di questa pala d’altare.
Fonte: Facebook
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