CITTA' DI CASTELLO - Sentita e commossa partecipazione per la fiaccolata per la pace , promossa dalla Caritas Diocesana  di Città di Castello insieme alla Parrocchia della Madonna delle Grazie ed al Monastero di Santa Veronica , con la collaborazione delle Rose di Gerico. Circa trecento persone hanno partecipato: sacerdoti, religiosi,fedeli,rifugiati ucraini cristiani ed ortodossi . Dopo una breve preghiera nella chiesa di San Francesco il corteo, in silenzio,  ha percorso le vie del centro , illuminandole con le fiaccole, per arrivare  al Santuario della Madonna delle Grazie , ove è stata celebrata  la via Crucis da Don Andrea CzorteK, vicario del Vescovo ,caratterizzata anche dalla lettura di una preghiera in lingua ucraina e da un intervento  del sacerdote di fede ortodossa. Commovente il momento finale  della Via Crucis quando ai piedi della Croce sono state deposte tutte le fiaccole dei partecipanti, un gesto simbolico per affidare al Padre la speranza di una PACE rapidamente raggiungibile e perchè tutti gli uomini si impegnino a far diventare realtà questo sogno. Mai come in questi ultimi mesi si sente la necessità di parole e preghiere che ispirino pace ed amore, contrastando ogni forma di violenza e barbarie. Il mondo oggi ha bisogno più che mai di solidarietà e fratellanza umana che è quella condizione per lavorare insieme per creare un mondo migliore ove condividere risorse ed opportunità , in cui i diritti di ogni persona siano rispettati e tutelati, nella PACE.
Gaetano Zucchini, Direttore Caritas Diocesana

UMBERTIDE - “I Camaldolesi a Fratta e nell'Alta Valle del Tevere”, il 28 febbraio ultimo incontro: focus sugli affreschi di Montecorona con Mirko Santanicchia. E' in programma domani, martedì 28 febbraio, l'ultimo appuntamento della serie di incontri organizzati dall'Università della Terza Età di Umbertide per approfondire la storia della abbazia di Montecorona e dei personaggi ad essa collegati. Il corso è sostenuto dalla Fondazione Perugia e dal Comune di Umbertide. L'ultima lezione è fissata alle 17.00 presso il Centro Socio-Culturale San Francesco, quando Mirko Santanicchia della Università di Perugia, parlerà dei pregevoli affreschi di Montecorona che sono fortemente legati con quelli del Monastero di Santa Giuliana a Perugia, perché realizzati in un contesto unico.
Cinque sono stati gli incontri effettuati da dicembre fino a febbraio. Don Andrea Czortek della Diocesi di Città di Castello, ha parlato degli inizi della presenza del monachesimo camaldolese fra Toscana e Umbria. Stefania Zucchini della Università di Perugia ha tracciato  la storia di Montecorona dalla nascita, fino all’arrivo dei monaci di riformati dal beato Paolo Giustiniani (1476-1528), segnalando, fra l’altro, la presenza a Montecorona come abate di San Pier Damiani, fine teologo, dottore della Chiesa citato da Dante nel Paradiso e biografo principale di San Romualdo di cui imitò la santità eremitica. Don Giustino Farnedi, abate di San Pietro a Perugia, ha parlato della figura  di San Romualdo (951- 1027), il santo ravennate, eremita e riformatore che ebbe una grande importanza come fondatore dei monaci camaldolesi. Il 14 febbraio Monsignor Piero Vispi, cancelliere della Diocesi di Gubbio e parroco della Collegiata,  ha affrontato la biografia di un santo di Umbertide, San Savino. 

CITTA' DI CASTELLO - Con una interrogazione i capigruppo della maggioranza consiliare Gionata Gatticchi (PD), Loriana Grasselli  (PSI) e Rosanna Sabba (Lista Civica Luca Secondi Sindaco) chiedono al sindaco Luca Secondi e alla giunta “quali azioni intenda intraprendere l’amministrazione comunale nei confronti di Usl e Regione Umbria per difendere un reparto come quello di Ginecologia, che è una eccellenza del nostro ospedale e che con il sotto organico di medici e con il pensionamento del primario rischia di perdere il suo ruolo centrale e di riferimento”. Nel far presente che l’organico del reparto sia composto “da un direttore coadiuvato da dieci medici collaboratori, una capo ostetrica e tre ostetriche per turno”, i consiglieri evidenziano che “ad oggi mancano due medici ed il direttore”. “Nonostante la carenza di organico, nulla viene fatto da USL e Regione per sopperire ai possibili disservizi di un reparto che ha rappresentato sin ora un’eccellenza in ambito sanitario locale”, sostengono Gatticchi, Grasselli e Sabba, segnalando che “mentre il 13 febbraio 2023 è stato espletato un concorso per reintegrare il direttore dell’ospedale di Branca, ad oggi nulla è stato previsto per l’ospedale di Città di Castello, che è un ospedale Dea di primo livello”. “Il reparto di Ginecologia dell’ospedale di Città di Castello rappresenta un’eccellenza in ambito sanitario locale, nonché un punto di riferimento per centinaia di cittadini nel nostro territorio”, rilevano i firmatari dell’interrogazione, che ricordano a questo proposito come “nel corso del 2022 l’attività di Ostetricia si sia caratterizzata per 616 parti, di cui circa il 25 per cento effettuai mediante tagli cesarei”. 

CITTA' DI CASTELLO - Le “bocce” della solidarietà: sui pallai del bocciodromo inedite coppie di diversamente abili e pensionati con un glorioso passato agonistico alle spalle si sono sfidati all’ultimo punto nel ricordo di un appassionato atleta scomparso due anni fa. L’originale torneo di bocce, uno dei primi a livello nazionale con questa formula, ha preso il via qualche anno fa proprio grazie alla passione per questo sport di Gianfranco Bartolini, per tutti Franco, per quasi tutti Franchino, che ci ha lasciati nella serata di venerdì 13 novembre 2020, a soli 59 anni. Una persona vera, simbolo del rione San Giacomo, capace di affrontare la sua condizione di disabilità sempre con il sorriso, con una grande gioia di vivere, pronto a coltivare le sue tante passioni fra cui lo sport ed il gioco delle bocce che praticava con orgoglio con la casacca della società sportiva, "Beata Margherita", polisportiva affiliata alla Fisdir (Federazione Italiana Sport Paralimpici degli Intellettivo Relazionali) che ha raggiunto negli anni grandi risultati non solo a livello agonistico ma sociale. “Sboccia in amicizia”, il sesto trofeo che è andato in scena nell’impianto del bocciodromo comunale di Citta’ di Castello (oggi sei pallai, dieci quando è stato realizzato, fra i primi in Italia) organizzato dalla Bocciofila di Citta’ di Castello, pluridecorata società fondata nel 1976 che annovera campioni italiani, dall’Asd “Beata Margherita” in collaborazione con la Cooperativa “La Rondine” ed il patrocinio del comune, ha raggiunto un grande obiettivo di partecipazione e coinvolgimento di pubblico destinato a fare scuola a livello nazionale come modello di integrazione attraverso lo sport con la formula a coppie formate da un ragazzo diversamente abile e da un pensionato della Società bocciofila. “Questa modalità di gioco – hanno dichiarato Gabriella Piaggesi e Daniela Bambini, rispettivamente presidente e direttore tecnico del “Beata Margherita” - si è dimostrata vincente: gli sportivi pensionati sono protettivi verso i ragazzi portatori di disabilità che a loro volta si sentono appoggiati ed apprezzati”. Lo svolgimento del torneo prevede due gironi con 8 coppie con partite a 8 punti. “L’entusiasmo, la passione e la voglia di misurarsi con il risultato dimostrato dai ragazzi anche nel corso degli allenamenti settimanali presso il nostro impianto è straordinaria. Giocare assieme a loro ci rende orgogliosi e contribuisce a rendere sempre più concreta l’integrazione" ha precisato il Presidente della Bocciofila di Citta’ di Castello Paolo Bettacchioli. Alla fine la vittoria è andata a Domenico Cardellini  e Ketty Riccardini nel primo girone e Mario Picchi e Alessandro Massi nel secondo girone, ma il risultato conta solo per la statistica, la vittoria è di tutti. “Ancora una volta, grazie a questa riuscita manifestazione, la nostra città ci regala pagine di vita quotidiana straordinarie. L’integrazione sociale, i rapporti fra generazioni diverse, la condivisione di passioni comuni, hanno trovato in questa innovativa formula sportiva sui pallai del bocciodromo il miglior modo per tradurre in pratica le mille potezialità dello sport.

CITTA' DI CASTELLO - Un secolo di vita scandito dalle “lancette”: oltre sessanta anni a visionare e riparare orologi, una media di 3.000 ogni anno di ogni marca e modello da quelli a ricarica manuale fino al quarzo con le pile. Tradotto in cifre e statistiche quasi 200.00mila interventi, un vero e proprio primato che la dice lunga sul personaggio ancora in attività. Storia da guinness davvero emblematica quella di Giovanni Talamelli, che oggi compie cento anni. Da tutti conosciuto come “ Nanni”, è lo storico maestro orologiaio e orefice di Città di Castello per eccellenza che ha segnato dal dopoguerra ad oggi il cambiamento di costumi e tradizioni di tante persone. Inconfondibile l’immagine all’interno del suo negozio nel centralissimo corso Cavour con il grembiule nero d’ordinanza dietro al banco di lavoro con l’immancabile “monocolo” da orologiaio ben calzato nell’occhio intento a mettere a fuoco gli ingranaggi più piccoli degli articoli da esaminare e riparare. Non c’è famiglia che almeno una volta nella vita in occasioni simbolo come battesimi, comunioni, cresime, matrimoni e ricorrenze varie non abbia fatto tappa nel suo negozio anche per acquistare o riparare catenine, orologi, fedi nuziali, anelli od altri monili in oro e argento che hanno “marchiato” la loro esistenza. Cento anni di vita a dir poco rocambolesca caratterizzata anche da eventi drammatici che fortunatamente è riuscito a superare. Giovanni Talamelli, è nato il 27 Febbraio 1923 ad Umbertide. Ha trascorso  la sua infanzia a Gubbio sino al 1939, quando si è trasferito a Genova per frequentare la scuola Ansaldo. La guerra poi ha cambiato la sua vita per sempre. Infatti nel 1943 è stato catturato dai nazisti e deportato in un campo di lavoro a Dresda. “Nanni” ricorda ancora oggi con commozione e lucidità le tribolate giornate della prigionia, quando per andare dagli alloggi del campo alla fabbrica, era sempre scortato da un cane lupo addestrato per attaccarlo, se avesse tentato la fuga. La fame, il sacrificio e le privazioni hanno fortificato il suo carattere, rendendolo testimone e protagonista di numerosi fatti storici, come il bombardamento di Brema. E’ riuscito a tornare a Città di Castello solo nel 1945 dove ha iniziato la sua vita familiare e lavorativa: il matrimonio con Nerina e poi gli amati figli, Rita e Franco ed il nipote Luca Rubechi. Alle dipendenze di Severo Severi ha imparato l’arte orafa e orologiaia, rilevando  poi l’azienda e dando vita  alla storica “gioielleria” di oggi. Da subito ha dimostrato una grande passione per il funzionamento degli orologi: dai movimenti meccanici agli automatici sino ai moderni quarzi e “Swatch” che lo hanno portato a lavorare nelle più prestigiose fabbriche elvetiche per mesi. Nonostante il progresso, “Nanni”, ha sempre paragonato l’orologio all’amore: “la cura e l’attenzione devono essere quotidiani, come la carica di un orologio, e non annuali come una pila.” I movimenti e gli ingranaggi hanno scandito tutta la sua vita, sia i momenti più difficili che i grandi successi, ed ancora oggi, dopo 100 anni, ama trascorre i suoi pomeriggi ad insegnare ai nipoti i segreti del tempo. 

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