• I numeri del disastro del 12 novembre 2012.
• Basta con la diffusa frammentazione delle competenze delle Istituzioni nelle opere di ripristino.
• Per la gestione in sicurezza del territorio servono: nuove carte di rischio, miglioramento delle procedure e comunicazioni, aggiornamento della rete pluviometrica e idrometrica. Maggiore efficacia dei presidi idraulici.
• Il Comune di Orvieto coinvolge il Politecnico di Milano per l’aggiornamento del Piano Comunale di protezione civile.
• Claudio Margottini: “occorre rivedere le linee di sviluppo del territorio ed evitare la frammentazione degli interventi nella fase di recupero funzionale. Soprattutto deve funzionare il sistema Paese. Non mi interessa chi saranno gli enti appaltanti per la gestione dei finanziamenti. Mi interessa chi gestisce la conoscenza tecnico-scientifica e che il sistema sia coordinato e realizzato per mettere in sicurezza la vita dei cittadini”.

ORVIETO – Cosa è accaduto  il 12 novembre scorso con l’esondazione del Paglia e del Chiani? Come è stata affrontata e gestita l’emergenza alluvionale? Il punto sulla situazione e su cosa deve cambiare è stato al centro, oggi, della conferenza stampa del Sindaco Antonio Concina e dell’Assessore alla Protezione Civile Claudio Margottini. A cui sono intervenuti: Gianvito Graziano presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi e Gianni Clemente direttore di IGEAM.

“Oggi – ha detto il Sindaco Antonio Concina - facciamo il punto sotto l’aspetto generale e di dettaglio, a conclusione di 17 giorni in cui sono state evidenziate alcune criticità, rafforzate  alcune convinzioni e delineato cosa si può fare. Non c’è alcuna ricerca delle responsabilità, ma la finalità è quella di fare una fotografia chiara di ciò che abbiamo avuto sotto gli occhi, che però è stato gestito anticipando le regole scritte in materia di gestione degli eventi di gravi proporzioni. Vedremo come l’aver anticipato alcune regole dogmatiche ci ha consentito di non affrontare una situazione che poteva avere conseguenze ben peggiori. Tutto parte da una gestione della notte tra il 11 e 12 novembre scorso. Quando, una ‘criticità moderata’ aveva creato invece grosse difficoltà in maniera inaspettata alla zona a valle della Rupe e in quella di Santa Letizia che non ha ancora finito di soffrire (poiché anche ieri sono intervenute nuove sollecitazioni da guardare con attenzione). Anche stanotte avevamo delle previsioni molto preoccupanti, siamo passati da criticità moderata poi elevata, poi di preallarme. Fortunatamente non è accaduto nulla di gravissimo. D’altronde sono previsioni e non certezze perché nessuno in effetti può avere la certezza di quello che succede. Ringrazio tutti quelli che si sono adoperati per rendere meno pesanti per la comunità i giorni passati, dal dirigente l’Ing. Mazzi, al responsabile della protezione civile Santelli, agli angeli del fango. Ringrazio tutti coloro che sono stati quotidianamente impegnati con professionalità e conoscenza del territorio e con capacità di coordinamento anche nei confronti di tutti i soggetti pubblici coinvolti. Abbiamo necessità di una guida più semplice in luogo del diffuso spezzettamento delle istituzioni. La presidente della Regione Catiuscia Marini ha visitato i luoghi colpiti e si è resa conto di persona del disastro subito da tante aziende ad Orvieto Scalo. Questo le ha permesso di portare puntualmente le esigenze di aiuti all’attenzione dei soggetti giusti. Sono in corso le richieste di stato di calamità per le aziende colpite secondo le procedure consolidate, seguendone l’iter quotidianamente con la Regione e l’assessore Riommi. Colgo l’occasione per anticipare che stiamo elaborando alcune decisioni favorevoli per la circolazione relativamente ai parcheggi e alle ‘strisce blu’ che saranno gratuite prima di Natale, per dare un sollievo alla ripresa del commercio sulla Rupe. Stiamo studiando un provvedimento Omnibus per rivedere i parcheggi per residenti e pendolari dando loro condizioni di particolare vantaggio. Nei giorni scorsi, mi sono permesso di mandare e-mail di informazione a livello nazionale a personaggio del mondo della cultura e dell’informazione. La solidarietà e la disponibilità a darci una mano è sorprendente da parte di uomini politici di ogni indirizzo, da parte di artisti e intellettuali. Nei prossimi giorni muoveremo anche le loro capacità per sostenerci nella raccolta di fondi. Nessuna ricerca delle responsabilità”.

 

E’ stato poi l’Assessore alla Protezione Civile Claudio Margottini ha spiegare cosa è successo.

 

“Superata la fase emergenziale – ha detto – vogliamo capire il percorso e soprattutto come evitare che eventi simili si possano ripetere con questa gravità e fare ancora più male. Quello del 12 novembre è stato un evento importante. Abbiamo avuto zone con precipitazioni di 350 millimetri nelle 36 ore, cioè è caduta circa 1/3 della pioggia che mediamente cade in un anno nel territorio.
Le precipitazioni nel bacino del Paglia/Chiani nei giorni 11, 12 e 13 Novembre 2012 “sono state particolarmente elevate ed hanno raggiunto i 300-350 mm in 36 ore. Dalle 12 dell’11 novembre abbiamo visto salire il fiume leggermente, verso le 17 si è avuta una risalita del Paglia, alla mezzanotte eravamo intorno ai 6 metri, fino ad arrivare ai 9,68 alle 7 di mattina di lunedì, il picco più alto di esondazione.
L’onda di piena ad Orvieto Scalo (zona allerta F) ha avuto sul territorio vari effetti “l’area esondata ha preso l’intera valle alluvionale del Paglia che un’area importante con insediamenti industriali, abitativi, di grandi vie di collegamento e con la presenza del presidio Ospedaliero”. 

I costi diretti sono stati:
• Settore industriale: 88 aziende colpite per un danno non inferiore ai 25 Milioni di Euro
• Settore privato: 120 appartamenti danneggiati ed altri danni per oltre 2,4 Milioni di Euro
• Auto private: n. 163 per una stima di circa 1,6 mila euro
• Ripristino rete viaria provinciale: Non meno di 21 Milioni di Euro
• Infrastrutture e reti per la continuità delle attività economiche e produttive: Non meno di 1,8 Milioni di Euro
• Opere di somma urgenza per pubblica incolumità: circa 210 Mila Euro
• Opere di difesa idraulica: Da definire nell’ordine dei 250 milioni di euro per tutte le aree colpite dell’Italia centrale, sui quali si sta discutendo in Consiglio dei Ministri e in Parlamento che dovrebbero consentire la difesa idraulica del territorio”.

Ciclo di gestione dei disastri e pianificazione dell’emergenza: “tutto questo ci porta ad aprire il capitolo degli interventi di messa in sicurezza dell’esistente e di pianificazione del territorio secondo quel che è avvenuto prima di oggi. Il peccato originale della situazione che si è determinata risiedere nella massiccia edificazione di un’area che periodicamente veniva interessata da inondazioni e che si riteneva essere sicura. Si è smarrita la memoria storica della parte umida del nostro territorio. Un comportamento che ha accomunato tutte le pubbliche amministrazioni. Se risaliamo al periodo 1940/50 climaticamente arido, capiamo che già in quell’epoca si sia perduta la memoria dei fenomeni alluvionali estremi; il successivo boom economico degli anni ’60, dimenticandosi della storia idraulica, ha fatto prevalere la volontà di intervenire su terreni già fragili. Il risultato è una certa superficialità nella programmazione della pianificazione del territorio.

 

Gli scenari di esondabilità e di rischio (secondo l’Autorità di Bacino del Tevere) tratti dal geoportale nazionale: “nel 2006 è arrivata la realizzazione da parte dell’Autorità di Bacino della cartografie di esondabilità che ci dicono dove il fiume esonda e da queste vediamo la progressione da 50, 200 e 500 anni. Dalle cartografie risultava che avevamo un’area dopo l’uscita dell’Autostrada che aveva la possibilità di essere inondata ogni 200 anni e che le zone di Orvieto Scalo mai potenzialmente potevano essere coinvolte da fenomeni idraulici. Da queste informazioni discendono tutte le cartografie sia di pianificazione urbanistica che di gestione del rischio. Un esempio ancora più calzante è che secondo la cartografia ufficiale dello Stato, il parcheggio di piazza della Pace doveva addirittura essere una zona sicura e mai coinvolta da esondazioni”.

 

Il Piano di emergenza per il Rischio Idraulico (Aggiornamento dell’Amministrazione Provinciale di Terni) – Aree di ammassamento: per l’invio di forze e risorse di protezione civile. “Tanto che paradossalmente, l’ultimo aggiornamento 2011 del Piano di emergenza per il Rischio Idraulico stabilisce che il punto di ammassamento di invio di forze di protezione civile è previsto a Piazza della Pace. Questo perché la pianificazione ci portava ad identificare tali aree come non esondabili”.

 

La fase di allarme. “Si basa sugli allarme meteo redatto secondo modelli previsionali e soglie di allarme redatti dall’Aeronautica Militare che li comunicato al Dipartimento Nazionale della Protezione Civile che ha sua volta li trasferisce al Servizio Regionale di Protezione Civile (in Umbria è a Foligno) che fa le misure delle soglie pluviometriche a terra e che riversa l’informativa ai Comuni L’Umbria ha stabilito una soglia di attenzione a 4,50 mt di altezza del fiume”.

 

• Gli strumenti disponibili identificano tre tipologie di preannuncio di piena:
– preannuncio meteo‐idrologico, basato su previsioni pluviometriche a carattere meteorologico; particolarmente efficace nei bacini di estensione inferiore a alcune migliaia di chilometri quadrati.
– Preannuncio pluviometrico, basato sulle osservazioni di pioggia a terra, eseguite sia dai pluviometri, sia da sensori remoti (radar istallati a terra e radiometri satellitari); il tempo d'anticipo è legato al tempo di corrivazione dei punti in cui è eseguita l'osservazione;
– preannuncio idrometrico, basato sulle osservazioni di altezze idrometriche, implica che la piena è già in atto a monte, e il tempo d'anticipo è il tempo di trasferimento della piena a valle.
• Preannuncio di piena: misure idrometriche e soglie di allarme
– Per quanto riguarda i livelli idrometrici, è stata sviluppata una procedura semplificata per l’individuazione di tre differenti livelli di soglia (inizialmente per bacini di estensione superiore ai 400 km2):
– Soglia d’Attenzione: valore associabile ad una situazione di criticità ordinaria utile per la fase iniziale di attivazione delle procedure di emergenza (da impostare negli strumenti automatici di segnalazione al reperibile) ed  assunto pari al valore corrispondente a un tempo di ritorno pari a 1 anno;
– Soglia di Pre-Allarme: valore che corrisponde ad una situazione di criticità moderata e consente di avere a disposizione almeno 1 ora di anticipo prima del raggiungimento del successivo livello di pericolosità;
– Soglia d’Allarme: valore che corrisponde ad una situazione di elevata criticità (effettivo pericolo) che richiede di intraprendere azioni di Protezione Civile, ovviamente qualora le precipitazioni continuino incessanti all’interno del medesimo bacino idrografico in cui si trova il sensore in allarme. Tale livello consente di avere a disposizione circa 3 ore di anticipo prima dell’esondazione vera e propria”.

 

La comunicazione: “siamo stati informati due volte: il sabato alle 15,05 del 5 via fax, la domenica nessuna comunicazione, il lunedì mattina alle 5,03 abbiamo ricevuto una ordinanza della Protezione Civile che ci diceva dalle ore 02 eravamo in pre-allarme. Una comunicazione arrivata alla casella di posta certificata del Comune. Ciò a fronte di precipitazioni che ad Orvieto eravamo già ad una quota idrometrica che aveva teoricamente superato le soglie previste per l‘esondazione”.

 

I ruolo dei Consorzi di bonifica e i presidi idraulico-territoriali. “I presidi si fermano ai confini regionali. Hanno un nome roboante ma concretamente sono limitati ad un singolo operatore che osserva il livello del fiume e sono privi di strumentazioni efficaci e di supporto alla gestione dell’emergenza. La nostra protezione civile ha invece avuto contatti fruttuosi  per tutta la notte, presso il Ponte dell’Adunata”.

 

Alluvioni storiche in Orvieto ed altezze idrometriche “nel 1937 l’acqua lambì la ferrovia, al livello di circa 10,20 m. Nel 1960 il livello si fermò ai 10,10 m di altezza. Oggi siamo arrivati a 9,68. Di diverso rispetto al passato c’è l’antropizzazione, le case, l’autostrada, la ferrovia.

La gestione del disastro: “ha coinvolto 170 volontari da tutta Umbria, 40 Vigili del Fuoco, volontari della Caritas e tantissimi ragazzi, interventi di rimozione per pericolo incombente di frane (30 frane di cui 3 importanti), L’Amministrazione Provinciale ha collaborato per gli interventi su frane incombenti nella rete stradale. Il SII si è impegnato molto, effettuando interventi urgenti alla rete idraulica, ma gli impianti di risalita a Santa Letizia devono funzionare meglio. Il soccorso alla popolazione è stato attuato, ma studieremo nuove modalità secondo un meccanismo interattivo finalizzato verso le specifiche tipologie di soggetti che dobbiamo coinvolgere. Probabilmente tutto questo non è stato sufficiente perché non eravamo pronti per un evento così grande, perché nessuno aveva presente uno scenario così vasto. In questi eventi l’ultimo anello è il Comune che si prepara in base al livello delle informazioni ricevute. Purtroppo, se l’informazione di base ricevuta ed ufficiale è carente, chi opera sul territorio non può che dare risposte carenti.

 

Comunicazione di servizio ai cittadini “il Comune deve dare informazioni vere. Abbiamo perso un 20-30% per cercare di rispondere a notizie prive di fondamento. Su questo tema abbiamo già avviato una profonda riflessione relativamente alla comunicazione in emergenza che riguarda tutti e che deve attuarsi secondo protocolli già esistenti. Il passato chiave per il futuro ci deve insegnare.

 

Cosa fare per una gestione in sicurezza del territorio?
“Il rifacimento delle carte di rischio. Il Sindaco ha già scritto all’Autorità di Bacino per l’aggiornamento delle carte del rischio. Il miglioramento delle procedure e comunicazioni. L’aggiornamento rete pluviometrica con monitoraggio a terra. Aggiornamento della rete idrometrica. Più efficacia dei controlli a terra da parte dei presidi idraulici. Aggiornamento del Piano Comunale di protezione civile con il coinvolgimento del Politecnico di Milano e della Regione. Superare la frammentazione delle competenze e la disaggregazione delle esperienze nelle opere di ripristino. La frammentazione delle competenza va messa a sistema”.

“Deve essere il Sistema Paese a funzionare – ha concluso Margottini – non mi interessa chi saranno gli enti appaltanti per la gestione dei finanziamenti. Mi interessa chi gestisce la conoscenza tecnico-scientifica e che il sistema sia un sistema coordinato e realizzato per mettere in sicurezza la vita dei cittadini. Occorre anche rivedere le linee di sviluppo del territorio. Impresa difficile ma si deve partire da questo”.

 

Risposte alle domande dei giornalisti:
D. La segnalazione alla 5,03 di lunedì quando è stata vista?
R. Margottini: “quando hanno aperto gli uffici, né c’è stata alcuna telefonata di preavviso. Due ore di termine per lanciare l’allarme è pericoloso. In raccordo con la Regione costruiremo nuovi scenari in termini di tempistica, modalità e strumenti, con conferma della ricezione, anche copiando cosa di buono è stato fatto altrove”.

 

D. Abbiamo preso coscienza di tutta una serie di criticità che in parte potevano essere conosciute, esplorate, espletate. Perché si deve sempre aspettare qualche evento catastrofico? E’ evidente che ci sono delle responsabilità. La comunicazione c’è stata ed anche un po’ di polemica.
R. Margottini: “In tempo di guerra, come può definirsi la fase emergenziale, dobbiamo fare in modo che l’informazione sia quella giusta e vera per non creare danni aggiuntivi. Serve probabilmente un sistema di alleanze per ottenere il risultato della messa in sicurezza dei cittadini. Gli sforzi devono convergere tutti su un’informazione tesa alla sicurezza possibile per i cittadini. Lo spirito di collettività deve prevalere anche rispetto al sensazionalismo facile. Occorre anche differenziare gli strumenti e i linguaggi, a seconda della tipologia di fruitori della comunicazione. Il mio rammarico è grandissimo rispetto alle disfunzioni che ci possono essere state, però non possiamo derogare dalle norme che la legge ci impone. Chi pianifica a livello di area vasta pianifichi correttamente, anche gli strumenti della comunicazione si adegueranno. I Comuni sono l’ultimo anello di trasmissione e sono degli esecutori di ordini. Il COC è stato aperto in anticipo prima dell’allarme. Dobbiamo cercare di essere propositivi e far sì che i problemi che partono da Orvieto arrivino a dare un contributo in tutta Italia. Cominciamo a dare qualche bell’esempio. I problemi hanno una dimensione ben più vasta”.

D. La Complanare che si sta costruendo può costituire un nuovo disastro? Se i nostri antenati hanno evitato di costruire nella piana del Paglia un motivo ci sarà stato! Forse chi ha fatto i piani e le cartografie non ha studiato il territorio. Orvieto è Comune capofila di altri comuni, è un paradosso che manchi un geologo, come pure in altri enti?
R. Mazzi: “la complanare è fondata su uno studio idrogeologico che interessa la valle del Paglia dal Ponte Adunata ad Allerona. E tutto ciò che si è verificato rispecchia quanto è stato calcolato. Il nuovo costruendo ponte ha un costo rilevante perché ha solo tre arcate per una luce di 240 metri. Rispetto al ponte dell’Adunata la cui luce dell’arcata è inferiore ai 40 metri. La storia relativamente recente mostra come è esondata la valle del Paglia. Le espansioni urbanistiche sono state costruite sulla base di studi e cartografie. Ci sono tanti aspetti da affrontare, un esempio è il completamento di un argine per la protezione dell’abitato composto da vecchie case che si volevano proteggere. Ebbene, l’operazione è stata bloccata dalla Corte dei Conti perché non si dovevano spendere soldi pubblici per proprietà private. Oggi il Comune sta tentando di trovare una mediazione”.

R. Margottini: “nei Comuni che sono l’ultimo baluardo della protezione civile, spesso questa sta in mano a persone che non hanno competenze tecniche dirette. Chi gestisce i rischi sul territorio ha invece la necessità di supporti tecnici. C’è bisogno di conoscenza tecnico-scientifica a livello locale. Serve un visione integrata, quasi una piccola commissione grandi rischi in ogni comune”.

 

D. Al di là delle previsioni sbagliate quanto ha inciso anche il timore che ci potessero essere delle vittime? Quale è lo stato di salute del ponte dell’Adunata?

R. Margottini: “ci sono situazioni che prevedono delle risposte. Il fatto che non ci fosse un preallarme vero e proprio ha determinato che alcune cose siano state pianificate di nostra iniziativa. Nessuno di noi comunque ha mai detto ‘non diciamo nulla’.

R. Mazzi: “il Ponte dell’Adunata è monitorato dai Vigili del Fuoco e dai tecnici della Provincia la quale ha evidenziato ciò che avevamo già riscontrato. Ovvero, il ponte non ha subito alcuna modifica e danneggiamento, sono tornate alla luce alcuni pali di fondazione realizzati recentemente per garantire l’apertura di tutte le arcate che negli ultimi tempi erano rimaste semichiuse. Sono già stati approntati i lavori per liberare tutte le arcate esistenti (4 aggiuntive alla vecchia struttura)”.

 

D. Un appello agli amministratori perché uno dei problemi grandi della vicenda è stata la comunicazione nella protezione civile. La comunicazione non sta intorno al piano di emergenza ma sta nel piano di emergenza. È uno strumento, e serve a fare la prevenzione e l’intervento. Opportuno creare una struttura che si rapporti con la stampa accreditata e dia questo tipo di informazioni. Tutti corriamo il rischio di dare risposte sbagliate.
R. Sindaco: “la comunicazione è il mezzo è vero. Certamente possiamo affinare i nostri strumenti. Certo che la comunicazione anche fra Enti non può fare ancora affidamento sui fax. L’eccesso di comunicazione però è anch’esso un problema gravissimo e abbiamo dovuto fare i conti anche con quello”.

 

 

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