Assolto perché il fatto non sussiste. Si chiude con questo verdetto, emesso dai giudici della seconda sezione penale del tribunale di Palermo dopo 8 ore di camera di consiglio, il processo Open Arms a carico di Matteo Salvini. Un dibattimento durato tre anni, con il vicepremier imputato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per avere impedito, secondo la Procura di Palermo che aveva chiesto la condanna a sei anni di reclusione, lo sbarco di 142 migranti. Migranti costretti a rimanere a bordo della nave della ong spagnola per 19 giorni prima che l’allora procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, ordinasse lo sgombero dello scafo per motivi igienico-sanitari.

ERA L’AGOSTO DI 5 ANNI FA, Salvini era a capo del Viminale nel governo giallo-verde di Giuseppe Conte. «Sono felice, dopo tre anni ha vinto il buon senso, ha vinto la Lega, ha vinto l’Italia. È un giorno meraviglioso», ha commentato Salvini. Poco dopo è stato l’intero governo, a cominciare dalla premier Meloni, a esulta per l’assoluzione. Silenzio da parte dei pm. Alla lettura del dispositivo Salvini viene subito attorniato dai dirigenti leghisti rimasti in aula l’intera giornata: il ministro dell’Istruzione Valditara, il sottosegretario Morelli, il vice capo della Lega Claudio Durigon. Lui si volta, cerca la fidanzata Francesca Verdini. Lei è in lacrime. L’avvocata Giulia Bongiorno esulta, è commossa. Parte un applauso in sala. I leghisti si abbracciano, la fidanzata si fa spazio tra la folla, raggiunge il vicepremier. I due si lasciano andare in un lungo abbraccio. Dalla parte opposta dell’aula bunker del carcere Paglierelli l’umore è opposto. «Il dispiacere è soprattutto per le persone, che come abbiamo detto dal primo minuto, sono state private della loro libertà – il commento di Oscar Camps, fondatore di Open Arms -. Aspettiamo le motivazioni dei giudici per valutare se appellare la sentenza come speriamo faccia la Procura. Con questo processo, che è unico nella storia italiana ed europea, abbiamo voluto restituire dignità alle 147 persone trattenute a bordo e private della loro libertà per 20 giorni». E aggiunge con amarezza: «In questi tre anni di processo abbiamo sempre detto di aver subito un danno legato all’impossibilità di proseguire la nostra missione: salvare vite è quello che Open Arms fa da 10 anni. Il nostro lavoro non si ferma».

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