Non sono no-vax, ma non possono fare il vaccino. In questa categoria ricadono diverse persone: chi ha avuto un problema di salute tra la prima e la seconda dose, come una reazione allergica alle componenti del vaccino stesso, chi ha avuto un parere negativo dal proprio medico a causa di patologie pregresse ma anche tutti quei malati rari e cronici che, per via della loro patologia, non hanno la possibilità di accedere alla vaccinazione.

Tutte queste persone non hanno modo di richiedere il green pass e fra pochi giorni resterebbero esclusi da diversi luoghi al chiuso: piscine, palestre, ristoranti, bar, teatri, cinema. Salvo una certificazione alternativa, e il permanere del vincolo del tampone, ma su questo non c’è ancora chiarezza. “Al nostro Sportello Legale già ora stanno arrivando tante domande al riguardo, e se non si provvede a chiarire subito tutto dalla prossima settimana sarà molto peggio”, racconta il direttore dell’Osservatorio Malattie Rare, Ilaria Ciancaleoni Bartoli, che lancia un appello al Ministro Speranza e al CTS: “Per evitare il caos è necessario che si faccia subito chiarezza, in modo particolare indicando come dovrà essere fatto questo certificato alternativo e soprattutto, in maniera inequivocabile, da chi dovrà essere fatto, e quindi chi sono i soggetti preposti alla certificazioni. Perché una volta identificati vanno anche messi in condizioni di fare veramente questi certificati, e con il rigore che serve”. Il CTS dovrebbe riunirsi infatti, per parlare anche di questo, il prossimo 5 agosto.   

A livello generale, nell’ordinamento italiano è il DL 73/2017 a regolamentare l’obbligo vaccinale e i relativi criteri di non vaccinabilità. Il comma 3 dell’Art. 1, infatti, stabilisce che “le vaccinazioni possono essere omesse o differite solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta”. Ai sensi di quanto previsto da un’apposita nota del Ministero della Salute, la Certificazione verde COVID-19 non è richiesta ai bambini esclusi per età dalla campagna vaccinale (fino a 12 anni) e ai soggetti esenti sulla base di idonea certificazione medica, tra cui appunto diversi malati rari e cronici, per i quali verrà creata una “Certificazione digitale dedicata”, che però attualmente non è disponibile. Per ora, in mancanza di questa possono essere utilizzate quelle rilasciate in formato cartaceo, ma mancano a oggi indicazioni operative su chi siano i clinici a cui è demandato il compito di rilasciare questa certificazione: forse i medici di medicina generale? Forse lo specialista di patologia? Il Ministero non precisa nulla e tra i pazienti c’è grande smarrimento.        

Se non sarà chiarito al più presto assisteremo ad una ondata di domande verso queste categorie e, d’altra parte, a risposte difformi da un medico all’altro: è già successo pochi mesi fa con le assenze dal lavoro per le categorie fragili, succederà ancora, e certo nessuno ha bisogno ora di nuovo caos. Per non parlare del fatto che nel lungo periodo non si potrà “delegare” agli esercenti il compito di interpretare e validare certificazioni cartacee facilmente falsificabili, difficilmente intellegibili e non certo adeguate ad un compito tanto delicato, anche dal punto di vista della privacy. Se vogliamo ripartire in sicurezza e nel rispetto delle regole, le regole devono essere chiare e facilmente applicabili”, spiega Ilaria Ciancaleoni Bartoli. 

Se il Comitato Tecnico Scientifico dovesse far riferimento al già citato Decreto legge 73 del 2017 verrebbe da dare per scontato che sarà il medico di medicina generale a certificare la non vaccinabilità, ma è altrettanto vero che nella nota ministeriale al momento non viene fatto alcun riferimento sul punto, l’appello dell’Osservatorio al CTS e al Ministero della Salute è dunque quello di usare queste ultime ore di lavoro prima dell’entrata in vigore del Green Pass per mettere un punto chiaro sulla questione.

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