L’intervista allo “spacciatore pentito” pubblicata dal Corriere dell’Umbria mi ha vivamente colpita. Non perché rivelasse retroscena particolari di una piaga gravissima, che stiamo patendo come collettività, ma per il fatto che leggere i particolari dell’angosciante fenomeno dalle parole dirette di uno “sfortunato” protagonista lo rende più “toccante” e penetrante nella sensibilità di ognuno di noi, al di là ed oltre i numeri che le aride statistiche ci offrono.

La”fuga” in barca dal proprio Paese. La speranza di raggiungere l’Italia per migliorare le proprie condizioni di vita. Con un orizzonte ed un obiettivo - non generici di chi cerca miglior sorte – ma ben chiari, definiti e programmati. Venire a spacciare, a seminare morte. La strada era già stata aperta da un suo cugino. Non restava che percorrerla.

Non la ricerca di un lavoro qualsiasi, purchè onesto. Ma desiderio di “bella vita”, bei vestiti e poco sudore. Il tutto ammantato di quella parvenza di nobiltà e di generosità d’animo costituita dal “desiderio di aiutare la famiglia”. Poco importa se per farlo si sceglie consapevolmente non il lavoro e il sacrificio, ma il distribuire la morte fra i giovani italiani.

Oggi si dichiara pentito e alla ricerca della felicità, con il dubbio atroce di non riuscirci, che sia troppo tardi. Mi auguro e soprattutto gli auguro che ce la faccia. Una storia come mille altre che provoca sconquassi nel tessuto sociale del nostro Paese. Un esempio da non seguire che per fortuna è accompagnato da altre storie molto più edificanti.

Leggendo quell’intervista, il mio animo e la mia mente sono andate al percorso di vita di un ragazzo albanese. Anche lui è giunto in Italia con un barcone. Anche lui fuggiva dalla povertà. Aveva in mente di elevare la propria qualità di vita, non a qualunque costo, ma soltanto con un lavoro onesto. Anni di sacrifici, rinunce, privazioni, ma con sempre presente la legalità, l’onestà, la voglia di lavorare. E’ stata dura. Ha passato momenti difficili. Con la forza di volontà e con la sua intraprendenza li ha superati. Oggi vive bene, del suo lavoro, si è sposato, si è perfettamente integrato, è felice.

Questo ragazzo, che – con nostro orgoglio - oggi milita attivamente nel Movimento per Perugia costituisce l’esempio positivo, l’altra faccia dell’immigrazione. Quella alla quale sono legati tanti extracomunitari onesti che sono i primi a patire delle “gesta” criminali di loro connazionali. Perché fatalmente si ritorcono prima di tutto a loro danno in termini di generalizzata ed ingiusta discriminazione.

Carla Spagnoli
Presidente del Movimento per Perugia
 

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