Narni-TR. Al Teatro Manini, Umberto Orsini in anteprima nazionale
Mercoledì 24 ottobre, alle 21, sul palcoscenico del teatro Comunale Giuseppe Manini di Narni, in anteprima nazionale, uno dei più grandi interpreti della scena italiana, Umberto Orsini ne La leggenda del Grande Inquisitore dal capolavoro di Dostoevskij I Fratelli Karamazov.
Il nome di Orsini è legato, nell'immaginario collettivo di una certa generazione, a una famosa interpretazione del giovane Ivan Karamazov nel romanzo sceneggiato degli anni settanta diretto da Sandro Bolchi per la televisione Italiana. In quella trasmissione il punto più memorabile era il pezzo comunemente noto come La leggenda del Grande Inquisitore che Ivan raccontava al fratello Alioscia nel disperato e appassionato tentativo di spiegare i dubbi che tormentavano la sua anima di miscredente. Orsini si calava in quell'episodio nei panni del Grande Inquisitore assumendone le parole senza cambiare l'aspetto fisico che era allora quello di un giovane russo appassionato ai problemi della fede.
Partendo da questa memoria Orsini ripropone quello strepitoso passaggio di Dostoevskij approfittando della sua maturità per darne una lettura che tiene conto della contemporanea presenza in scena dell'ideatore della leggenda, vale a dire il giovane Ivan Karamazov, e del prodotto della sua fantasia, vale a dire il vecchio Inquisitore, entrambi interpretati dallo stesso Orsini tra memoria e finzione, tra nostalgia e sofferenza srotolando il suo suggestivo nastro di Krapp in chiave dostoevskiana.
“Vivo da quarant'anni con il Grande Inquisitore di Dostoevskij, - racconta Orsini - da quando cominciai ad occuparmene in occasione di un romanzo sceneggiato realizzato da Sandro Bolchi nel 1969 per la Rai, seguito da più di venti milioni di persone per otto settimane di seguito. La televisione aveva allora solo due canali in bianco e nero e gli spettatori dovevano prendere o lasciare. In quel caso furono fortunati perché I Fratelli Karamazov resta uno dei più grandi romanzi dell'Ottocento e rivedendo oggi lo sceneggiato, resiste gloriosamente nonostante che i gusti degli spettatori siano mutati. Interpretavo il fratello Ivan e per anni mi sono sentito dire da generazioni di spettatori: "Ma quell'Ivan Karamazov! Perché cose così non si fanno più?". Ho sentito nella loro voce un rimpianto e una memoria sorprendenti. La citazione personale è necessaria per spiegare da dove parte lo spettacolo che presentiamo.
Sono anni ormai che il romanzo "mai scritto" da Ivan e raccontato al fratello Alioscia, La leggenda del Grande Inquisitore, viene citato come un pezzo di letteratura tra i più corrosivi di Dostoevskij. Nel romanzo televisivo quel frammento durava una cinquantina di minuti ed era risolto in modo molto intelligente da Diego Fabbri che ne aveva curato la sceneggiatura. Ivan e Alioscia si incontrano al ristorante e iniziano a parlare di problemi inerenti alla fede, alla libertà, alla coscienza, alla filosofia. Si infervorano con una passione dialettica che molto probabilmente oggi è riscontrabile tra i giovani solo in rari casi. Ivan, esaltandosi, racconta l'idea per un romanzo che ha in mente di scrivere al fratello Alioscia. Cita dei passaggi del testo identificandosi nel suo protagonista, al punto da assumerne spesso voce e toni apocalittici, che poi spezza con cambi di intonazione. Così avrebbe parlato il suo personaggio.
Come riproporre quella scena senza ripeterla così come fu felicemente concepita? Quella era una storia tra un ventenne ed un trentenne. Quelli erano Karamazov. quella era la Russia di fine Ottocento. C'era l'aria corrotta di una famiglia maledetta che avrebbe partorito un delitto. L'ateismo di Ivan, la fede di Alioscia, la presenza del demonio, la critica dell'autore ad un sistema ecclesiastico usurpatore di un'autorità che avrebbe dovuto avere connotati più umani.
Oggi? Abbiamo immaginato un Ivan anziano, della mia età, e un figlio - che nel romanzo non c'è - che cerca di tentare il vecchio Ivan-Faust con la possibilità di pronunciare le parole del Grande Inquisitore oggi. Tutte le scene che precedono questo racconto non sono che un'esemplificazione a volte fulminea a volte più elaborata di temi quali la libertà, la fede, il mistero, l'autorità, che sono contenuti nel racconto che finalmente Ivan ha modo di esporre davanti ad un pubblico. Come se il personaggio avesse finalmente scritto il suo romanzo.
La mia immagine da giovane, quella dello sceneggiato, spero possa apparire come sogno di una gioventù perduta o di un desiderio represso.
Vorrei che il pubblico facesse lo sforzo di raccordare da solo i frammenti gettati qua e là, costruendo il suo percorso mentale: ascoltando e guardando, semplicemente, come avviene a teatro.”
La vendita dei biglietti si effettua presso il Botteghino del Teatro Manini il giorno dello spettacolo dalle 20, tel. 0744/726362.
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