PERUGIA - Con la sua musicalità popolare, “Tre Civette sul Comò”, una delle filastrocche italiane più note, ha conquistato schiere di ragazzi. Dietro l'innocente cantilena cela, però, un fascino sfuggente che è stato, addirittura, oggetto di un saggio di Umberto Eco. Diversi piani di lettura ha anche il nuovo disco cd di NAIF HERIN che, non a caso, si intitola proprio “Le civette sul comò”.

Non potrebbe essere diversamente visto che è il frutto maturo delle variegate esperienze che la giovane cantautrice valdostana ha accumulato in otto anni di attività contrappuntati da collaborazioni eccellenti. Da quella con la “New Power Generation”, il gruppo di Prince, al chitarrista Marc Ribot, che ha donato inquietudine ad alcuni pezzi del suo cd “...è tempo di raccolto”. E', poi, dello scorso anno l'inclusione di due sue canzoni nel cd “Giorni di Rose” di Paola Turci. Per non parlare delle continue trasferte di NAIF HERIN in terra di Francia, dove lo scorso anno ha pubblicato il cd “Faites du bruit” e partecipato ad una puntata della prestigiosa trasmissione televisiva “Taratatà”.

Otto anni di lavoro matto e disperato che hanno forgiato un' “artigiana della canzone”, come si autodefinisce, capace in questo suo ultimo lavoro di costruire una serie di “canzoni-civetta” che rispolverano il fascino leggero degli anni felici della canzone d'autore, coniugando l'immediatezza della musica popolare con intriganti sonorità moderne.

“La differenza sta nel senso di appartenenza”, canta ne “L'uomo dalle poche parole”, uno dei gioiellini di un cd che, nell'era del villaggio globale, teorizza il ritorno ad un villaggio universale fatto di rapporti veri (“l’Italia generosa e premurosa” ricordata in “Annarosa”), di speranze che aiutano a superare le giornate tristi (“Una giornata triste”), di passioni capaci di accendere (“E' l'inferno”). In un mondo che soffre di “grave solitudine virtuale” c'è bisogno di un saggio “Menestrello da Strapazzo” come lei, capace di risvegliare, con una musica dal respiro corale, “un desiderio non solamente mio” intonato nell’ultimo brano presente nel disco, una celebre canzone resa nota da Cesária Évora, qui arrangiata in chiave originale in lingua italiana.
 

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