L’Istat diffonde i dati sul mercato del lavoro nel mese di giugno. I dipendenti a tempo determinato sfiorano i 3 milioni, il valore più alto nelle serie storiche che vengono registrate dal 1992. Per il governo si tratta di un risultato positivo, soprattutto per il lavoro femminile, dovuto al Jobs Act. Ma la realtà è ben altra.

“I dati diffusi dall’Istat confermano, purtroppo, che la ripresa occupazionale è principalmente fondata sull'estrema precarizzazione dei nuovi rapporti di lavoro", ripete la Cgil. "E questa non è una buona notizia: è urgente mettere al centro il tema della qualità e della stabilità dell'occupazione”, dice la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti.

“La crescita dell'occupazione – prosegue Scacchetti - è dovuta alla componente femminile e all'aumento dei contratti a tempo determinato, inoltre, come nei mesi precedenti, si concentra principalmente tra gli over 50”.

La dirigente sindacale sottolinea poi che “resta preoccupante il fatto che il calo dell'inattività non abbia riguardato la classe di età dei 25/34 anni”, platea “che rimane la vera emergenza da affrontare, come proponiamo nel nostro Piano per il lavoro, con le politiche pubbliche, anche attraverso investimenti pubblici volti a generare nuove opportunità di occupazione”.

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