PERUGIA - Il 22 Maggio 1978 veniva promulgata la legge 194 che  tutela il valore sociale della maternità e  il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza. In occasione del quarantennale di tale avvenimento, la Rete delle DonneAntiViolenza onlus intende condividere con tutte le donne e l’intera cittadinanza della nostra regione la soddisfazione per tale importante conquista, che ha significativamente ridotto la piaga dell’aborto clandestino e  indirizzato molte donne a una sessualità e a una  maternità più consapevoli. Non si tratta però di festeggiare un anniversario, quanto piuttosto di ribadire l’impegno a difendere  la legge 194, pietra miliare sulla strada del riconoscimento del diritto di tutte le donne all’autodeterminazione, che è oggi da più parti minacciata.

Noi donne ci siamo. La staffetta dei movimenti femminili e femministi del passato è stata accolta dalle nuove generazioni che sempre più numerose hanno ripreso – attraverso la pratica delle relazioni tra donne – a passarsi informazioni e emozioni e farne strumento di crescita e lotta, per ribadire l’impegno a difendere questa  legge.

E in tale spirito la Rete invita cittadine e  cittadini che hanno a cuore la libera espressione della nostra democrazia a vigilare perché non si torni indietro a cancellare diritti ormai pienamente acquisiti.

Abortire in Umbria: qualche dato.

In Umbria  nel 2016 le interruzioni volontarie di gravidanza sono state 1.295, dato in calo da cinque anni. Tra i ginecologi, quasi il 66 per cento si è dichiarato obiettore di coscienza (dato nazionale è il 71), mentre i non obiettori effettuano mediamente 1,04 aborti a settimana (media nazionale è 1,6).

Questi dati sono stati forniti, nel corso del question time in consiglio regionale,dall’assessore alla Sanità, Luca Barberini,  il quale ha sottolineato il calo degli aborti «sempre piuttosto marcato, se pensiamo che nel 2013 sono state 1.666, nel 2014 1.479, nel 2015 1.365, quindi c’è un calo che si verifica in tutte le nostre strutture. Dai dati regionali – ha aggiunto – emerge che il ricorso alla 194 è in diminuzione, visto che il tasso di abortività (che è il rapporto tra le Ivg ogni mille nati) è diminuito negli ultimi due anni del 6,6 per cento».

Si tratta di dati “ufficiali” che si scontrano però con il dato preoccupante dell'elevato numero di medici obiettori di coscienza presenti sul territorio regionale, che di fatto limita  l'effettivo esercizio del diritto delle donne ad avere accesso ai servizi di interruzione della gravidanza, senza dover ricorrere alla mobilità sanitaria,  a centri privati o, in casi estremi, a pratiche illegali e pericolose. La realtà riportata nelle statistiche e nelle tabelle istituzionali mostra un deficit di credibilità quando non incrocia dati che riguardano la stessa problematica e riducono il pecorso a ostacoli che una donna affronta quando deve affrontare una gravidanza indesiderata, a un algoritmo.     La presenza di aborti clandestini nel nostro paese, ad esempio,  è registrata secondo modalità che non tengono conto dei cambiamenti avvenuti nel tempo (il modello di riferimento è del 2005) , quali la presenza di pillole abortive e la possibilità di accedere a composti sanitari “fai da te”, assunti senza controllo medico e nella spessa ignoranza degli operatori farmaceutici. Inoltre l'aumento consistente di aborti spontanei, che crescono mentre appaiono in diminuzione le interruzioni volontarie, fa sorgere dubbi inquietanti. « Sul numero degli aborti spontanei dal 1982 a oggi, infatti, si registra un incremento del 31,4%. E sono proprio questi i dati che ci portano a una riflessione: le interruzioni volontarie diminuiscono e sempre più donne si presentano in ospedale denunciando un aborto spontaneo, cioè un’interruzione ‘naturale’ della gravidanza, non voluta dalla donna. La gravidanza si interrompe dopo l’impianto, provocando un sanguinamento che si verifica intorno alla data prevista per il ciclo mestruale. Starà tornando l’aborto clandestino in Italia?» (https://ifg.uniurb.it - Alessandra Vittori, Mammane 2.0. L'aborto clandestino non è morto. Dall'Umbria all'Italia alla ricerca di una verità che si vorrebbe nascondere)

Queste brevi osservazioni appaiono tanto più  preoccupanti se si considera  il desolante quadro di riferimento dei Consultori, vero fulcro della legge 194, con il loro ruolo fondamentale di educazione e prevenzione, da molti anni in grave crisi di definanziamento per i tagli al welfare e in particolare alla sanità, dove la medicina e le pratiche di genere sono state ricacciate – nonostante i proclami politici – nell'angolino dei rami secchi.

Un'ultima osservazione:

Nel luglio 2009 l’Agenzia italiana del farmaco ha dato il nulla osta per commercializzare la pillola abortiva (Ru-486) e dal 10 dicembre dello stesso anno, con la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, la pillola abortiva è entrata nella lista dei farmaci utilizzabili in Italia.

Sebbene siano passati quasi dieci anni dall’approvazione di questa tecnica, decisamente meno invasiva di quella chirurgica, gli ospedali in cui l’interruzione di gravidanza viene effettuata in questo modo sono ancora pochi. In Umbria, e solo nella provincia di Terni, questo servizio è offerto in due strutture: a Narni e a Orvieto, ma ciò che preme alle donne è che  possano  accedere all'aborto farmacologico e assumere la pillola RU486 anche nei consultori familiari, fuori dagli ospedali e allargare la possibilità di attuazione  della legge 194/78, che, a quarant'anni dalla sua promulgazione, mostra come  il rispetto della autodeterminazione delle donne sia – per la cultura patriarcale in cui siamo immerse/i -  un fantasma da abbattere in ogni modo, e  come la sua reiterata violazione rimandi alla più generale violazione dei diritti delle esistenze femminili alla autoderterminazione e alla libera gestione dei propri corpi.

Rete delle donne AntiViolenza onlus

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