Massimo D'Alema in pillole (dalla trasmissione "In Onda" del 29 ottobre 2022)
- Chiunque abbia esaminato i risultati elettorali constata che il consenso alle forze tradizionali della sinistra si concentra in una fascia di popolazione che sta abbastanza bene economicamente ed è anche abbastanza adulta spesso. E’ un fenomeno che non è soltanto italiano, ma sicuramente denota la perdita di quella capacità che aveva la sinistra di suscitare una speranza di un riscatto sociale, di un cambiamento radicale della società.
– Il centrodestra nel 2018 ha avuto 12.159mila, nelle elezioni scorse ne ha avuti 12.229mila, forse mi sbaglio di qualche unità, ma in grosso modo lo stesso numero, quindi non è vero che la destra ha vinto per una travolgente ondata popolare. La novità è stata che l’elettorato di centrodestra si è concentrato sulla Meloni, svuotando i suoi alleati.
– L’altro dato è che il governo del Paese, che nell’epoca del bipolarismo si contendeva sul filo dei 18/19milioni di voti, questa volta è espresso da una maggioranza parlamentare fortissima, ma data sul voto di 12 milioni di italiani. Io non discuto la legittimità del governo, ma rimarco l’erosione del sistema democratico che è abbastanza evidente: il governo del Paese poggia sul consenso del 27% della popolazione. Questo dovrebbe essere un motivo di preoccupazione anche per chi ha vinto. E’ anche vero che la destra ha fatto una straordinaria operazione politica, la Meloni è stata in grado di mettere insieme forze politiche che erano state divise nel corso di tutta la legislatura.
– Questa è la destra che c’è oggi in Europa, dalla crisi della destra tradizionale emerge una destra con una forte carica nazionalista e antimmigrazione. La Meloni incarna il tipo di destra con il quale ci misuriamo oggi in diversi Paesi europei.
– Della Meloni mi piace che lei ha fatto quello che non abbiamo fatto noi, cioè ha tenuto in piedi un partito vero, un partito organizzato, un partito che fa una politica di quadri. C’è da dire che la Meloni è stata meno di noi vittima di quell’antipolitica, di quella idea della destrutturazione dei soggetti politici di cui noi abbiamo sofferto.
– Noi ci siamo raccontati per 25 anni che era finito il ‘900 e poi le elezioni le ha vinte il partito più novecentesco che c’è. Io penso che uno dei problemi che oggi ha il centrosinistra è quello di avere costituito un partito che non ha una radice storica. Non ne faccio colpa a nessuno, se non in parte a me stesso. Io ho resistito a lungo per tenere in vita quel trattino tra il centro e la sinistra, attaccato da tutti per questa mia posizione considerata arcaica, superata e nostalgica. Ad un certo punti quindi ho ceduto all’idea che si dovesse far cadere quella distinzione e ho sbagliato. Quando ho ceduto ho sbagliato, quando resistevo avevo ragione.
– Io dico che se noi avessimo un partito della sinistra con una radice chiara nella storia comunista e socialista e un partito cattolico democratico con una radice chiara nella DC, il centro-sinistra sarebbe più forte. Abbiamo costruito un partito privo di una identità e questa è stata una perdita di valori. Quando abbiamo detto che i partiti non dovevano essere ideologici abbiamo sbagliato: i partiti devono essere ideologici.
– C’è una crisi dei sistemi democratici che è impressionante. Macron ad esempio è il Presidente della Francia con enormi poteri, ma al primo turno ha raccolto il 16% delle preferenze, cioè solo per il 16% dei francesi è stato la prima scelta. L’ “Economist” ha un osservatorio sulle democrazie e pubblica annualmente il tasso di democrazia dei singoli Paesi e l’indice di democrazia è in calo tutti gli anni di un pochino.
– Io non penso che la vittoria del centrodestra ci riporterà al fascismo. Contesto alla destra il suo atteggiamento verso gli immigrati, verso i diritti civili delle persone…
– Neanche Berlusconi partecipò alla manifestazione del 25 aprile nel 1994, vi partecipò Bossi e fu il suo primo atto di rottura verso Berlusconi.
– E’ chiaro che questa destra è attraversata da posizioni, da persone che hanno mantenuto un atteggiamento nostalgico nei simboli e nei riferimenti culturali; altra cosa è considerare questa destra come una destra in cui, malgrado l’operazione fatta da Fini, i residui di un riferimento simbolico e culturale non sono tramontati e quindi è un pericolo fascista. Io non lo credo. Il che non significa che non ci sia una radicale diversità sul piano dei valori, sul piano delle convinzioni più profonde.
– Tre forze politiche che sono state diverse per tutta la passata legislatura, sono arrivate alle elezioni unite e le hanno vinte.
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