Marco Vinicio Guasticchi e il congresso del Pd umbro
Tratto da un post pubblicato sulla pagina Facebook di Articolo Uno Città di Castello:
"Marco Vinicio Guasticchi e il congresso del Pd umbro
Non c'è trippa per gatti
Se la Perugia del calcio sta con il fiato sospeso per la possibile retrocessione in serie C, la Perugia dei Palazzi della sinistra bene, in giacca e cravatta, tira un sospiro di sollievo e dopo tanti temporali vede spuntare l’arcobaleno: un novello Cincinnato, non chiamato da nessuno. Se Lucio Quinzio Cincinnato rappresentava la “spes unica imperii populi romani”, (l’unica speranza di dominio del popolo romano), Marco Vinicio Guasticchi si presenta come unica speranza del ritorno al potere della sinistra moderata tendente al centro. E’ tornato in campo, confessa di essere sempre iscritto al Pd e dissolve in un battere di ali il mistero che agitava il sonno degli Umbri. In quale porto sicuro si sarà rifugiato l’ex enfant prodigio della Fratta? Qualcuno assicurava il suo ritorno alle origini degli esordi con la famosa tessera 31 di Forza Italia , altri giuravano di averlo visto dalle parti di Matteo Renzi. Invece no. Dopo una lunga riflessione ha scelto di restare a bordo della nave Pd che gli ha assicurato una brillante collana di incarichi. Il fedele e riconoscente Cincinnato “de noantri” con rapide pennellate disegna il quadro politico umbro e, da vero cavallo di razza, detta la linea del riscatto e fornisce la ricetta giusta con un linguaggio da consumato esponente della “politica politicante”. Basta con le guerre fratricide del Pd per la nomina del segretario e con le gestioni dittatoriali e poco illuminate del passato, no alla legge del più forte sempre perdente ma ricerca di un segretario che sappia traghettare verso l’obbiettivo comune. Conclusione: tutti facciano un passo indietro per cercare un candidato comune di spessore culturale e politico. Ogni parola di Marco disegna e ritaglia un vestito su misura per Vinicio, una auto candidatura dettata da modestia e spirito di sacrificio. I candidati alla segreteria regionale del Pd per lui sono muscolosi culturisti, reduci della prima Repubblica, che “oggi in un panorama di nani”, si sentono giganti”. Nessuno lo ha chiamato in via Bonazzi, ma non si sa mai. Salva solo il Commissario Verini che per lui non ha colpa alcuna e ha solo preso “atto di un suicidio politico ineluttabile”. Suicidio politico del Pd? Cercate i mandanti, forse li trovate in casa. In tanti hanno “suicidato” il Pd dal Lingotto in poi, da Walter Veltroni a Matteo Renzi che anche in Umbria hanno trovato estimatori e simpatizzanti noti. Una associazione di soggetti che ha tagliato le radici culturali, sociali e politiche della storia del partito, disatteso i suoi valori fondanti, dimenticato la sua base sociale, cancellato dal proprio vocabolario le parole “critica e autocritica”. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Quello che meraviglia e che la cura è affidata troppo spesso a chi ha causato la malattia, della serie a volte ritornano o, meglio ancora, della serie non vogliono andare a casa, non lasciano l’osso. Una generazione di dirigenti e amministratori nata a tavolino, mai temprati dall’esperienza sul campo, bravi soltanto a lottare per il potere. Una generazione che usa solo l’io e mai il noi, una generazione che passerà alla storia per aver dilapidato un immenso patrimonio umano, culturale e politico e per aver disperso quello che i padri e i nonni avevano accumulato con dure battaglie nel campo dei diritti e delle conquiste sociali. La generazione che ha fatto vincere la destra anche in Umbria. Il nostro Cincinnato sembra tornato dall’estero dopo un soggiorno di una trentina di anni. Si presenta come nuovo e pronto ad affrontare i prossimi appuntamenti regionali e nazionali. Eppure tanto nuovo non è se dai lontani anni ‘90 calca le scene politiche umbre. Prima nella natia Umbertide come capogruppo della destra al Consiglio comunale poi a Perugia come Presidente del Consiglio Comunale, come assessore al bilancio ed infine, obbiettivo sognato a lungo, Presidente della Provincia di Perugia, prima di approdare nel 2014 al consiglio regionale. Insomma un carriera di tutto rispetto nelle istituzioni ma con un impegno anche nel versante politico. Dal 2007 anno di fondazione al 2017 è stato membro della Direzione nazionale del Partito Democratico. Insomma difficile chiamarsi fuori da ogni responsabilità. Dopo la sconfitta storica che ha consegnato l’Umbria alla destra ed in particolare alla Lega, Guasticchi scrive una lettera agli “amici” di partito in cui, tra l’altro si legge che la crisi profonda del Pd deriva da “ divisioni insanabili” e “dall’esautorazione della componente moderata”. Infine il 17 settembre 2019 a poco più di un mese dalle elezioni dichiara “Sono in piena sintonia con il lavoro del Commissario Verini per una alternativa alla destra. Appartengo e rimango nel Pd, quello del 2007 del Lingotto di Veltroni più convinto che mai senza rinnegare passato, amicizia e stima per Matteo Renzi. Il Pd è la mia casa e lo sarà ancora”. Dichiarazione utile per la candidatura alle prossime sfortunate elezioni regionali e per smentire le voci sempre più insistenti di un suo passaggio ad Italia Viva. Le elezioni vanno male al nostro ma mai è stato sfiorato dal sospetto che non si intercetta il consenso popolare pensando solo alla propria carriera senza mai avanzare proposte o partecipare a battaglie che interessano i Cittadini. Nell’Alta Valle del Tevere il nostro Cincinnato non è molto amato dal punto di vista politico. Troppi innamoramenti con Renzi, troppo supponente e splendente, troppo preso dai Palazzi del potere con i loro intrighi e con le loro corti zeppe di cortigiani. “Nessuno è profeta in patria”. L’accusa è la stessa rivolta anche ad altri come il commissario Verini o la sottosegretaria Ascani. Tante chiacchiere, tante sceneggiate, tante ambiguità e giravolte politiche, troppe comparsate su stampa e tv per auto promuoversi ma perdita totale dei rapporti con il territorio e con i compagni di partito. Presenzialisti, tagliatori di nastri, alzatori di coppe un po’ megalomani.
“Pisticchiamo tutti sullo stesso orticello” dicono certi detrattori locali ma troppi dirigenti si sono ormai dimenticati di innaffiare le piante e estirpare le erbacce, cioè di partecipare attivamente e costruttivamente alla soluzione dei problemi del territorio. Anche quando la sinistra aveva ben altri strumenti a disposizione il territorio è stato dimenticato anzi usato come mezzo di scambio per la promozione personale. Esempi: la gestione dei rifiuti, la Fcu, la Due Mari, la sanità, l’Università e cento altri problemi mai risolti da anni tanto da spostare il punto di riferimento dell’Alta Valle del Tevere dai parlamentari umbri ad altri dirigenti toscani più presenti e attivi nella ricerca di soluzioni ai problemi della mobilità e dell’isolamento locale. Oppure ad altri interlocutori politici per i problemi economici e sociali. Senza dubbio le accuse sono reali e il disinteresse è generale ma non bisogna esagerare. Come prova della buona fede e dell’attaccamento al territorio del nostro Marco Vinicio, la sua difesa porta questa dichiarazione diffusa a mezzo stampa: “Addirittura è stato dato il via ad una moschea di oltre mille metri quadri con tanto di minareto per scandire le ore di preghiera. Uno schiaffo alla nostra cultura cattolica e alla nostra storia, caratterizzata sempre da un atteggiamento di accoglienza ed apertura ma stavolta si è davvero passato il segno”. Sembra Salvini ma è Guasticchi che fa da apripista alla Lega ad Umbertide. Altra prova di attaccamento è la scelta del “buon ritiro” fatta in quel di Monte Acuto e non al mare. Non sono mille mq come la moschea ma neanche un bungalow, non ha il minareto ma una piscina e un campo da tennis. La terza prova avanzata dalla difesa a dimostrazione della grandezza del nostro Marco Vinicio è l’attaccamento alle tradizioni locali. Chi è che ha sfidato a suon di voti e di porchette l’altro apprendista stregone della politica umbertidese Giampiero Giulietti? Chi ha animato di discussioni infinite le serate e lo struscio della politica? Sempre lui, il nostro Marco insieme a Vinicio. Tanto i concittadini non sapevano che le porchette erano condite e cotte dallo stesso macellaio quindi uguali. L’eterogenesi dei fini delle porchette umbertidesi. Marco Vinicio nella sua trentennale carriera politica ha dimostrato la sua predisposizione al comando più della costruzione dal basso, più gioco individuale che gioco di squadra. Ma se riflette almeno un po’ sul Pd locale e nazionale, sulla sinistra in generale, sulle sue personali predisposizioni e sulle sue ambizioni anche lui potrà capire che sono mutati i tempi e anche il suo tempo. Non c’è più trippa per gatti. Rivolgersi altrove."
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