Anche la volontà di un giovane brillante e dai nervi saldi come Bradley Manning può essere annientata nello spazio di poche settimane. E' quel che sta ineluttabilmente accadendo all'ex analista informatico dell'esercito Usa, arrestato sette mesi fa con l'accusa di essere la "gola profonda" di Wikileaks, l'uomo che ha trasmesso al sito investigativo fondato da Julien Assange migliaia di file riservati sulle guerra in Iraq, permettendo al mondo intero di venire a conoscenza della rete di intrighi, massacri e menzogne che copre la missione militare statunitense nel Golfo persico e in generale la politica americana in Medio Oriente e Asia centrale.
Per milioni di cittadini sparsi ai quattro angoli del pianeta, Manning è un piccolo eroe, per il Pentagono e il Dipartimento di Stato Usa è una spia da punire con il carcere duro. Per la destra repubblicana addirittura un terrorista ala stregua di un Osama Bin Laden o di un Aiman al Zawahiti, un public enemy da castigare con la pena di morte tanto per intenderci. Escludendo la punizione estrema del boia, il ragazzo rischia comunque di rimanere in carcere per oltre venticinque anni se le accuse rivolte a suo carico verranno confermate. E fin qui nulla autorizza a pensare che le cose vadano diversamente. A meno che non collabori con i suoi aguzzini, confessando crimini inesistenti.
Secondo il quotidiano britannico The Independent, gli Stati Uniti stanno infatti tentando di convincere il 23enne Manning ad ammettere la complicità attiva di Assange nella fuga di notizie per poter incriminare ufficialmente di spionaggio l'ex hacker australiano. Se si dimostrerà cooperativo, affermando che Assange non è solo "l'utilizzatore finale" ma l'istigatore diretto del furto informatico, le autorità saranno clementi e lo trasferiranno in una struttura civile. Un ricatto bello e buono che però difficilmente potrà venire eluso.
David Coombs, l'avvocato di Manning, denuncia in un'intervista rilasciata al Daily Beast il trattamento disuumano a cui è sottoposto il suo cliente e non esita a chiamare in causa la «tortura», definizione che viene ripresa dalle decine di associazioni umanitarie che si stanno occupando del caso. La rivista on-line Salon, che sta svolgendo un ichiesta sulle condizioni di detenzione del ragazzo, parla chiaramente di «un regime carcerario inusuale e crudele per gli standard di una nazione civilizzata».
In effetti il trattamento disposto dalle autorità del carcere militare di Quantico (Virginia) è lo stesso che viene applicato nel campo X Ray di Guantanamo per estorcere confessioni ai cosiddetti combattenti stranieri o presunti membri di al Qaeda. Senza arrivare agli eccessi del waterboarding (la famigerata simulazione di annegamento, diventata il marchio di fabbrica dell'amministrazione Bush) o ad altre tecniche vessatorie, per Manning basta la classica deprivazione sensoriale, metodo che dà sempre i suoi frutti acnhe se applicato a bassa intensità. Il regime di isolamento è in effetti durissimo; se sei imprigionato in una minuscola cella 23 ore su 24, con la luce perennemente accesa, senza cuscini, coperte e lenzuola e senza nessuno con cui scambiare una parola, dopo un po' di tempo inizi a perdere stabilità e punti di riferimento, smarrendo la cognizione del tempo e subendo gravi turbe della personalità. Se prolungato, un simile trattamento può persino condurre alla follia.
David House, un informatico di Boston e amico intimo di Manning, l'ultimo in ordine di tempo ad avergli fatto visita, parla di «evidenti segni di declino mentale e fisico», spiegando che «l'isolamento prolungato sta debilitando le sue facoltà intelletuali, mentre l'impossibilità di svolgere esercizio fisico lo ha profondamente debilitato, nonostante gli esercizi di yoga e stretching che prova a fare ogni mattina». L'unica concessione delle autorità del carcere di Quantico riguarda la possibilità di ricevere libri. L'avvocato Coombs spiega che Manning ha chiesto ai suoi familiari di inviargli l'autobiografia di George W. Bush, "La Critica della Ragion Pratica" del filosofo tedesco Immanuel Kant e "L'arte della guerra" del generale cinese Sun Tzu.

 

di Daniele Zaccaria

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