di Corrado Oddi*

Ormai a un anno dalla vittoria referendaria, è in corso a Roma uno degli attacchi più forti a quel risultato, che ha sancito un forte no alla privatizzazione del servizio idrico e dei servizi pubblici locali e all’idea che si possano ottenere profitti dall’acqua. Mi riferisco all’intenzione del sindaco Alemanno e della sua giunta di privatizzare definitivamente Acea, la società a capitale pubblico maggioritario, quotata in Borsa, con la presenza ingombrante di soci privati come Caltagirone e Suez, che opera nel settore elettrico e in quello idrico, facendo scendere la quota pubblica al 30%. Ora, ciò che va notato, oltre alla pessima idea di far cassa con la privatizzazione, è che siamo in presenza di due fatti che hanno un aspetto strategico e che, proprio per questo, rendono questa vicenda emblematica e di valenza nazionale. Il primo è che la privatizzazione di Acea si innesta dentro un disegno sufficientemente preciso, anche se non privo di debolezze, che intende costruire un nuovo assetto del servizio idrico nel panorama nazionale, dominato dal prevalere pressoché irreversibile della logica della mercificazione.

Al Nord sono in corso grandi manovre per costruire una sorta di unica “megautility” privatizzata, che dovrebbe gestire i principali servizi pubblici locali dal Piemonte alla Liguria e alla Lombardia, per poi estendersi anche in Veneto e Emilia-Romagna; Acea si candida ad essere il polo che gestirà il servizio idrico, oltre che nel Lazio, in tutta l’Italia centrale, dalla Toscana all’Umbria e a parte della Campania; infine, nel Mezzogiorno, la logica dei “poteri forti” punta a una sua progressiva colonizzazione da parte dei grandi soggetti gestori privatizzati, scontando magari l’esistenza di qualche “isola” che, invece, rilancia la gestione pubblica, ma che comunque non è in grado di determinare un ostacolo serio a questo processo complessivo di privatizzazione.

L’altro punto rilevante è che Alemanno e i suoi alleati privati hanno ben presente di non avere il consenso e la legittimazione per procedere alla privatizzazione definitiva di Acea e, allora, ricorrono platealmente alla mistificazione e alle falsità. Alemanno sostiene che è una legge nazionale che obbliga la proprietà pubblica a scendere al 30% e Caltagirone gli dà man forte aggiungendo che, se non si rispetta questo presunto obbligo legislativo, i soci privati hanno diritto ad essere risarciti. Entrambi fanno finta di non sapere che non esiste alcuna disposizione legislativa che impone di andare in questa direzione, visto che il decreto legge 138 del 2011 che dice che le società quotate in Borsa devono vedere la partecipazione pubblica ridotta al 40% al giugno 2013 e al 30% a fine 2015 ( già i tempi non tornano) non riguarda né il servizio idrico, né la distribuzione di energia elettrica, che sono i servizi fondamentali gestiti da Acea. In realtà, siamo di fronte a una scelta precisa che ha deciso di imporre le privatizzazioni e di contraddire volutamente il responso referendario. Proprio per queste ragioni, il disegno di privatizzare definitivamente Acea va fermato e, a questo fine, oltre al giusto ostruzionismo delle opposizioni in Consiglio comunale, fondamentale è la manifestazione di sabato prossimo, promossa, non a caso, da una larghissima coalizione che rimette in campo lo schieramento che ha portato alla vittoria referendaria.

Un’ultima annotazione, però, di grande importanza: c’è un altro tentativo in arrivo di smontare, anzi, di ribaltare l’esito referendario. È quello a cui sta lavorando l’Authority per l’energia e il gas che, entro l’estate, ha intenzione di mettere a punto il nuovo metodo di calcolo delle tariffe del servizio idrico. Intravediamo l’idea di far rivivere, sotto mentite spoglie, la cosiddetta “remunerazione del capitale”, seppellita con il voto del 12 e 13 giugno scorso, anche se finora nessun gestore ha provveduto ad abolirla. Il trucco starebbe nel riconoscere ai gestori il costo degli oneri finanziari, ovvero il riconoscimento del costo del capitale preso a prestito, ma, soprattutto, del costo del capitale proprio, cioè la remunerazione del capitale! Bisogna sapere che il movimento dell’acqua sarà in campo contro quest’ipotesi truffaldina, così come lo è oggi contro le intenzioni di Alemanno, che continueremo con le nostre campagne di obbedienza civile e di ripubblicizzazione del servizio idrico, che non accetteremo lo stravolgimento della volontà referendaria.

*(Corrado Oddi fa parte della Fp Cgil – Forum Movimenti per l’Acqua)

Fonte: Il Manifesto

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