Appena tornato dal suo viaggio in Asia, dove è andato a sbandierare le magnifiche sorti e progressive del risanamento italiano – l’operazione è riuscita, il malato è morto!- il presidente Monti si è subito messo al lavoro per provare a disinnescare i mal di pancia che i suoi provvedimenti hanno prodotto e lo ha fatto in una lunga riunione notturna con i leader dei partiti della sua maggioranza AlfanoBersaniCasini.
Le dichiarazioni che sono uscite dopo il conciliabolo puntano tutte a rasserenare gli animi, a dare per scontato che si è trovata la soluzione e che il sereno tornerà sul bel paese.
Le elezioni amministrative di maggio sono salve. Bersani potrà cantare vittoria perché mostrando i muscoli ha ottenuto la marcia indietro del “suo” governo sull’articolo 18.
Alfano e Casini potranno a ragione rivendicare nei confronti dei padroni di aver costretto il “loro” governo all’attenuazione dei già inesistenti provvedimenti contro la precarietà. Monti potrà dire che il governo “di tutti e tre” mantiene inalterato il rigore e che questa maggioranza è il meglio che ci sia in giro e ci si possa augurare per il futuro.

A leggere le prime indiscrezioni di stampa – che ancora stanno lavorando i tecnici del governo e dei partiti (i sindacati li sentono per telefono ed è già molto) per buttar giù le modifiche – non sembrerebbe che sia cambiata la sostanza delle cose. Certamente l’articolo 18 continua ad essere oggetto di mercanteggiamenti, si ridurrà l’impatto della riforma sulle false partite IVA che quindi continueranno ad esserci, la questione degli esodati sembra ancora in alto mare.

Certo chi pensava che stavolta ci trovassimo di fronte all’occasione giusta per togliere di mezzo la precarietà rimarrà di nuovo profondamente deluso, così come lo sarà chi pensava che un istituto di garanzia come l’articolo 18 andasse esteso a tutti o che si tirasse fuori, da questi vertici della maggioranza di destra/centro/sinistra/tecnica, un ripensamento sulle assurde decisioni assunte sulla previdenza (si è recentemente scoperto che si suicidano anche i pensionati, non solo gli imprenditori!) e che hanno prodotto non solo oltre 350 mila persone senza stipendio né pensione, ma anche un innalzamento smisurato dell’età pensionabile e una riduzione impressionante degli importi pensionistici.

Ancora non sappiamo le reazioni dei secondi ABC, AngelettiBonanniCamusso, che tacciono ed evidentemente subiscono le esigenze elettorali della politica che si appresta a scontrarsi sull’agone delle prossime amministrative (ma su che si scontrano se sono praticamente d’accordo su tutto?).

Certo è che se, come sembrerebbe dalle ultim’ora che girano in rete, le modifiche sull’articolo 18 prevederanno:

a) che l'azienda possa licenziare il lavoratore “per motivi economici”;

b) che entro 7 giorni la direzione territoriale del lavoro convoca una Commissione fatta da rappresentanti dell’azienda e del lavoratore per la “conciliazione obbligatoria”, che ha per obiettivo la determinazione di un indennizzo condiviso da entrambe le parti;

c) che se non viene raggiunto l'accordo il lavoratore potrà ricorrere al giudice che dovrà però valutare se la motivazione economica sia valida (o non nasconda in realtà intenzioni “discriminatorie”) secondo una “tipizzazione” molto più rigida dell'attuale, in modo da togliere al giudice la “libertà” di interpretare la legge, ed utilizzando l’istruttoria già fatta dalla Commissione;

e) che se il giudice non troverà motivi per contestare la causale scelta dall'azienda, darà il via libera al licenziamento e il lavoratore – che aveva avuto l'ardire di ricorrere alla magistratura – perderà anche l'indennizzo.

…allora non serve essere degli esperti di diritto del lavoro per capire che, con questa mannaia messa alla fine del percorso, i lavoratori saranno “disincentivati” dal ricorso alla magistratura. La domanda che si dovranno porre subito sarà infatti: “prendo questi quattro soldi sicuri o vado avanti rischiando di perdere tutto?".

A questo punto non è difficile ipotizzare che tutti e due gli ABC riterranno questa schifezza un buon compromesso, che ci sarà uno stop alle lotte e si potrà tornare in tranquillità a lavorare alla costruzione di quel Patto Sociale che tutti (loro) auspicano.

Non è questo che la straordinaria piazza del 31 marzo a Milano ha gridato con forza.

Monti forse non lo sa perché stava in Asia e la grande stampa della borghesia ha cercato in ogni modo di occultare quelle decine di migliaia di lavoratori incazzati, ma glie lo raccontiamo noi che si è vista una ritrovata disponibilità alla lotta che non si farà ingabbiare da questo imbroglio.

Fonte: usb.it
 

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