di Isabella Rossi

Al Teatro Morlacchi di Perugia è arrivata mercoledì scorso, dopo circa cinquemila chilometri e una catena di miracoli, l’incredibile storia di Haifa Ghemal e Nassim, sua nipote di quattro anni, sopravvissute alla rotta dei Balcani e alla giornaliera retorica dei flussi. Una storia vera, la loro, raccolta e scritta da Stefano Massini, recitata da una splendida Ottavia Piccolo - che ha curato con Enrico Fink lo spettacolo prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria -  ed interpretata con maestria dall’Orchestra Multietnica di Arezzo. E’ forse questa sinergia di sensibilità ed equilibri a fare di “Occident Express (Haifa è nata per star ferma)” un lavoro di qualità che sa commuovere senza retorica e luoghi comuni. La sua forza sta nella disincantata meraviglia di Haifa verso tutto quello che la vita le riserva. Il suo, è resoconto non di una vita ma di tutte quelle vissute da lei nel lungo viaggio irto di peripezie. Contrariamente ad ogni aspettativa, infatti, non lo caratterizzano toni drammatici  ma una cronaca asciutta che ogni tanto cede all’ironia di una viaggiatrice “nata per stare ferma”. Eppure la morte è sfiorata per un pelo tante volte, eppure bambini piccoli sono addestrati a non piangere per i morti, a non voltarsi indietro e a non smettere mai di lottare per continuare ad esistere. Per tutti, poi, grandi e piccoli, la sopravvivenza, fuori da quell’Occidente, terra promessa, è quasi sempre un miracolo. Prezioso il contributo musicale dell’Orchestra Multietnica di Arezzo che integra il racconto, a volte anticipandolo, altre commentandolo. Ed esplorando tutti i colori di un pathos che dalla Siria alla Svezia, è soffocato nel silenzio, per necessità e per abitudine. Ma è in quelle suggestioni musicali che trova spazio anche la dimensione epica del racconto, facendo uscire la storia sia dal diario intimo che dalla fredda contabilità dei flussi. Una contabilità spesso sinonimo di estraniamento. Quello stesso che nei giorni più bui del cammino dell’Umanità ha assolto sempre allo stesso feroce compito: trasformare l’essere umano in oggetto. Ecco perché, quando la vita è distrazione, assenza di consapevolezza ed estraniamento, allora il teatro, a volte, può liberare l’umanità dalle sue catene. Aprendo il sipario sulla realtà.

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