PERUGIA - "Andremo all'incontro di domani al ministero dello Sviluppo economico, convocato dal Governo per fare chiarezza sugli ultimi sviluppi della vicenda ex Antonio Merloni, ribadendo, come istituzioni locali, la massima fermezza sulle risorse messe in campo ma anche sugli impegni assunti dalla nuova proprietà, la J&P Industries, per assorbire i 400 lavoratori dello stabilimento": lo ha detto stamani in consiglio regionale la presidente della giunta, Catiuscia Marini, nel dibattito sulla mozione di Andrea Smacchi (Pd) che è stata approvata all’unanimità dall’Assemblea di Palazzo Cesaroni.

Secondo la presidente, "sugli ultimi sviluppi di questa vicenda incide il tema finanziario, con J&P che ha avviato richieste di nuova liquidità al sistema bancario per finanziare le iniziative dei prossimi anni. Quello che non è tollerabile è che i lavoratori possano essere utilizzati nelle controversie tra impresa e sistema bancario".

La mozione impegna “la presidente della Giunta regionale e l'intero Esecutivo a fare di tutto, in sinergia con la Regione Marche e il ministero dello Sviluppo Economico, al fine di evitare che sia portata a compimento la procedura di mobilità di 400 lavoratori della Jp Industries, annunciata dalla proprietà il 29 luglio scorso”. Si chiede inoltre all'assessore regionale allo sviluppo economico di riferire in Aula sugli sviluppi della vertenza”.

Nel dibattito sono intervenuti, oltre alla presidente Marini, il vicepresidente Paparelli e i consiglieri Mancini (LN), Ricci (RP) e Liberati (M5S).

Nell'illustrare la sua mozione, Smacchi ha sottolineato che il 29 luglio scorso l'imprenditore Giovanni Porcarelli, a capo del gruppo che ha rilevato la ex Antonio Merloni, “ha annunciato l'avvio, ingiustificato, delle procedure di mobilità per 400 lavoratori nelle due regioni, su un totale di 684 dipendenti. Nelle comunicazioni trasmesse ai ministeri del Lavoro e dello Sviluppo Economico e alle parti sociali – spiega il consigliere del PD -, Porcarelli imputa tale decisione agli strascichi del contenzioso promosso dalle banche creditrici dell'ex Merloni e alle 'mutate condizioni del mercato'. Tale decisione, fortemente stigmatizzata da tutti i livelli istituzionali e dalle comunità, con il viceministro dello Sviluppo Economico, Bellanova, che ha parlato di un comportamento aziendale 'inqualificabile', si abbatte su un territorio, come quello della fascia appenninica, che soffre già pesantemente della crisi di settori strategici come l'edilizia e la ceramica”.

“Da otto anni – sottolinea ancora Smacchi -  i lavoratori della ex Antonio Merloni e della J.P. industries stanno vivendo una crisi drammatica. La Jp Industries, nel 2011, aveva acquistato l'ex colosso dell'elettrodomestico, promettendo il riassorbimento di 700 lavoratori tra Umbria e Marche e la continuità della produzione del 'bianco'. A ottobre finirà la mobilità per altri 700 lavoratori non riassorbiti, sono oltre 5mila considerato l'indotto i lavoratori che perderanno il posto di lavoro. Quello di Porcarelli è un atteggiamento complicato da comprendere e giustificare, anche in relazione a problematiche di altre piccole aziende in crisi”.

Nell'atto si ricorda inoltre che la Regione Umbria “ha sempre affrontato le vertenze con l'obiettivo della tutela dei lavoratori e che per la Jp Industries sono state stanziate risorse consistenti: 9 milioni dell'accordo di programma sono stati destinati infatti al comparto ex Merloni. Umbria e Marche hanno accantonato 2,6 milioni per cofinanziare un grande progetto di ricerca e sviluppo della Jp che, qualora andasse in porto, otterrebbe 10-15 milioni di contributo pubblico”.  

INTERVENTI
CATIUSCIA MARINI (PRESIDENTE GIUNTA REGIONALE): “DOMANI L’IMPRENDITORE CI DOVRÀ ESPORRE LE CONDIZIONI MATERIALI, A QUESTO PUNTO DEFINITE LE RISORSE ECONOMICO-FINANZIARIE DEL GOVERNO E DELLE REGIONI, DEFINITO IL PERCORSO GIURIDICO, DEFINITO ANCHE L’APPROCCIO DI CONFRONTO CON IL SISTEMA BANCARIO SI DOVRÀ ESSERE CONSEGUENTI. La Regione si è impegnata dall’inizio della crisi dell’Antonio Merloni del 2008, che ha prodotto conseguenze rilevanti dal punto di vista sociale ed economico che hanno cambiato anche il volto caratterizzante la produzione industriale di un vasto territorio che va dal Fabrianese all’area di Nocera Umbra-Gualdo Tadino. Quella della ex Merloni è stata una delle prime dieci grandi crisi industriali del nostro Paese. Abbiamo costruito un percorso di intesa tra ministero dello sviluppo economico, quindi Governo, e Regioni Umbria e Marche, che ha portato ad un accordo di programma, stipulato a valere sulla legge Sviluppo del 2010, contemporaneamente all’approvazione di questa legge. Sin dall’inizio si colse che il tema del futuro industriale manifatturiero non sarebbe stato nella ripresa produttiva pura e semplice degli impianti della vecchia proprietà, perché le caratteristiche della crisi imponevano un percorso diverso in termini di offerta produttiva e industriale e anche per ricreare le condizioni per il riassorbimento dell’occupazione e dei lavoratori. Questione resa difficile perché una parte consistente dei lavoratori era in una fascia di età giovane che non poteva rientrare in accordi sulla mobilità tali da consentire il ricorso a strumenti alternativi anche ai fini pensionistici.

Le Regioni Umbria e Marche si sono impegnate anche direttamente a sostenere l’accordo di programma sulla base del quale è stata stipulata  la cessione alla JP industries. L’atto integrativo dell’accordo contiene misure e risorse finanziarie per la reindustrializzazione delle aree coinvolte dalla crisi Merloni, la riprogrammazione dell’intero ammontare delle risorse di parte statale pari a 36 milioni di euro, e inoltre contiene anche il progetto di riconversione e riqualificazione industriale finalizzato alla promozione imprenditoriale, a sostegno dell’impresa e dell’investimento industriale. L’atto di cessione e quindi di compravendita del complesso industriale alla JP industries è stata oggetto anche di impugnativa di un pool di banche che erano coinvolte nei finanziamenti e nei prestiti della ex Antonio Merloni, questione poi definita a metà dell’anno 2014. Dal 2011 al 2014 quindi il piano industriale presentato dalla JP Industries al momento della cessione non ha trovato gambe operative anche per queste ragioni. Successivamente, anche sulla base delle richieste che avevamo avanzato come Regioni Umbria e Marche e la stessa Invitalia che gestisce le modalità operative della legge 181, sono state rivisitate e definite e quindi il percorso entro il quale la JP Industries ha cominciato a essere operativa è successivo a giugno 2015.  

Per questo motivo tenuto conto di tutto questo percorso, le parti hanno deciso di prorogare la data di scadenza dell’atto integrativo di ulteriori 24 mesi al 19 marzo 2017, questi sono i tempi operativi entro i quali la JP Industries deve entrare nella fase attuativa del programma e del progetto che potrà di risorse sia a valere sulla legge 181 sia sul decreto ministeriale 1 aprile 2015,  che può finanziare progetti di ricerca e di sviluppo nell’ambito anche di accordi stipulati dal ministero con le Regioni.  Ma la condizione fondamentale dell’utilizzo di queste risorse economico-finanziarie e di progetti industriali è che guardino alla salvaguardia e al mantenimento dell’occupazione.  

Nello specifico l’investimento proposto dalla JP Industries è un progetto di produzione di una nuova gamma di elettrodomestici ecocompatibili. Tale progetto  si dovrebbe realizzare negli stabilimenti sia delle Marche sia nel sito umbro di Gaifana per un valore complessivo dell’investimento di circa 36 milioni di euro, 16 dei quali a valere sulla legge 181 e 20 a valere sul decreto ministeriale ricerca e sviluppo.  Nello specifico il sito umbro del progetto dovrebbe ospitare la produzione di nuovi frigoriferi per un investimento di 15,6 milioni, riconducibili 7, 3 alla legge 181, e 8,3 al decreto ministeriale ricerca e sviluppo.  

Per quanto riguarda la Regione Umbria, noi partecipiamo al decreto ministeriale ricerca sviluppo per un programma per 1 milione 79 mila, mentre la Regione Marche partecipa per un milione 500 mila euro per un totale di 2,6 milioni di euro.  Il Governo ha prontamente accolto la richiesta fatta in questi giorni da Umbria e Marche, domani è convocato l’incontro che sarà presieduto dalla vice ministro Teresa Bellanova, e faremo l’incontro col gli interlocutori della JP Industries, per capire anche qual è il merito degli annunci fatti dalla proprietà.

Pensiamo che su questa ultima vicenda pesi il tema finanziario: la JP Industries ha aperto un confronto anche con il sistema bancario e del credito per nuova liquidità da affrontare nei prossimi dieci anni e quindi ha una serie di proposte. Questa è la parte, più “nobile”, cioè quella di immaginare un supporto delle Istituzioni oltre che nell’impegno finanziario diretto  messo in campo, per far sì che il sistema bancario colga fino in fondo l’importanza di accompagnare il programma di investimento. Ciò che non è tollerabile è che i lavoratori siano  utilizzati nelle controversie imprenditoriali tra impresa e sistema bancario del credito. La Regione e le istituzioni hanno colto la crisi Merloni in tutta la sua portata: questa vertenza è l’unica che ha prodotto un accordo di programma in tutta l’Italia centrale, mettendo in campo un impegno economico-finanziario anche esteso territorialmente che riguarda 17 comuni. Non pensavamo certo che la questione si sarebbe risolta unicamente con la cessione dell’azienda e con il subentro di un nuovo imprenditore, ma anche con l’animazione di nuova iniziativa economica in un raggio esteso che potesse riassorbire il numero di lavoratori diretti e indiretti coinvolti. 

Domani l’imprenditore ci dovrà esporre le condizioni materiali, a questo punto definite le risorse economico-finanziarie del Governo e delle Regioni, definito il percorso giuridico, definito anche l’approccio di confronto con il sistema bancario si dovrà essere conseguenti. È  finito il tempo dello svicolare rispetto all’avvio del percorso materiale dell’impianto di investimento e quindi anche occupazionale, e JP Industries si è presa l’impegno di realizzare quel tipo di investimento e quindi ha trovato i canali finanziari anche messi a disposizione dal Mise e dalle Regioni, sui 400 occupati e sul numero  dell’assorbimento di lavoratori. Questo sarà l’altro tema di confronto tra le Regioni, il Governo e la proprietà di JP perché il progetto industriale mantenga gli impegni sull’occupazione, che quindi dietro a quell’annuncio  non ci sia anche la volontà di rivisitare gli impegni sul versante occupazionale. Sia le Regioni, entrambe, sia il Governo di fatto hanno messo in campo un ventaglio di opportunità a cui si aggiunge anche il tema infrastrutture che oggi con l'apertura di nuove arterie Umbria-Marche ha delle certezze maggiori e più concrete di quando rispetto al 2011. All'incontro di domani andremo con  fermezza sulle risorse economico-finanziarie, sugli impegni sottoscritti con i lavoratori e quindi con le organizzazioni sindacali ma anche con le Istituzioni sull’assorbimento dei 400 lavoratori, e poi alla luce dell’esito renderemo anche conto, già nella giornata di domani, sia ai lavoratori sia all’Assemblea quali saranno gli esiti del confronto al Mise. 

FABIO PAPARELLI (ASSESSORE):  “GOVERNO E REGIONE IN TUTTI I SUOI ASPETTI HANNO RISPETTATO PATTI E PERCORSI, SIA CON LE PARTI SOCIALI SIA IN AMBITO GOVERNATIVO, ORA TOCCA ALL’IMPRENDITORE RISPETTARE I PATTI E I PERCORSI ATTUATI E MESSI IN CAMPO FINO AD OGGI - Sull'area di crisi ex Merloni  siamo intervenuti con il rafforzamento degli incentivi alle imprese che hanno riassorbito lavoratori provenienti del bacino della società. In particolare abbiamo provveduto a apportare modifiche e integrazioni alla procedura in corso di cui all’avviso over 30, incentivo a lavoratori e lavoratrici in mobilità disoccupati, percettori di ammortizzatori sociali, in costanza di rapporto con le aziende cessate o in procedura concorsuale prevedendo la applicazione del regolamento UE. Con riferimento all’area oggetto dell’accordo di programma Merloni, inoltre, il 9 maggio scorso a fronte di risorse disponibili pari a 1milione 344 mila euro da poter ancora assegnare alle imprese abbiamo deliberato di intervenire ulteriormente a favore della crisi Merloni prevedendo 1milione delle risorse stanziate e ancora disponibili per l’assunzione dei lavoratori provenienti da quel bacino, a fronte di iniziative industriali ricadenti nell’ambito territoriale dei 17 comuni di quell’Accordo programma vigente. Si prevede in sostanza che i soggetti abilitati a fare richiesta siano piccole e medie e grandi imprese che intendano incrementare la propria base occupazionale nell’ambito delle sedi unità operative locali ubicate nel territorio della Regione Umbria. Sono erogabili per questi lavoratori incentivi assunzionali nella forma di contributo a fondo perduto per un importo di 10mila euro per ogni assunzione a tempo indeterminato. Il Governo e Regione in tutti i suoi aspetti hanno rispettato patti e percorsi, sia con le parti sociali, sia in ambito governativo, ora tocca all’imprenditore rispettare i patti e i percorsi attuati e messi in campo fino ad oggi. Senza se e senza ma”. 

VALERIO MANCINI (LN):  “QUALCOSA È STATO FATTO PER LA CRISI EX MERLONI, MA SICURAMENTE SI SAREBBE DOVUTO FARE QUALCOSA DI PIÙ. RESPONSABILITÀ È DI CHI HA GOVERNATO L'UMBRIA FINORA E PIÙ IN GENERALE DI EUROPA E GOVERNO. Esprimiamo un voto favorevole al contenuto della mozione ed esprimiamo  solidarietà ai lavoratori. Qualcosa è stato fatto per la crisi ex Merloni, ma sicuramente si sarebbe dovuto fare qualcosa di più, e la responsabilità è di chi ha governato l'Umbria finora. La crisi inizia nel 2008, poi nel 2010 vanno deserti i primi bandi per rimettere a frutto lo stabilimento, l’accordo di programma, cui faceva riferimento la presidente Marini e anche l’assessore Paparelli, rimodulato più volte. Nel 2011 arrivano i cinesi che dicono fanno tutto meraviglioso, ma in realtà fuggono, poi arrivano anche gli iraniani, e infine arriva l’imprenditore Porcarelli. Nel 2012 iniziano i primi ricorsi perché non bastava la crisi, bisognava anche darci giù dal punto di vista giudiziario per mettere di mezzo le famiglie, e ci siamo riusciti, perché abbiamo ovviamente in quel periodo abbiamo distrutto un comprensorio produttivo che va da Fossato di Vico a Gualdo: tutta la fascia media dell’Appennino. Alla fine fine, dopo sei anni si dirime la questione con banche. Ma le responsabilità stanno a monte: le politiche del governo e dell'Europa incentivano di fatto la delocalizzazione. Quelle europee in particolare facilitano gli investimenti in Turchia e Polonia. Nel 2008 il comprensorio ex Merloni aveva una grande qualità del tessuto produttivo, ma la finanza ha distrutto il lavoro. C'è stato un ruolo insufficiente del sindacato, perché se avesse fatto proprio lavoro, ad esempio, l'altro giorno avrebbero dovuto porre a Renzi la questione della mobilità dei 400 lavoratori JP Industries. Ma le aziende anche una grande difficoltà a investire, e ciò incide anche su questa vicenda, a causa della grande pressione fiscale che grava su cittadini e imprese italiani. La politica industriale europea non ha mai favorito grandi aziende come nel caso specifico la ex Merloni, anzi ha contribuito a demolire tessuto storico industria favorendo la delocalizzazione. Necessario cambiare politica industriale globale”. 

CLAUDIO  RICCI (RP): “ATTENZIONE ALLA TUTELA DELL'OCCUPAZIONE E PUNTARE SU NUOVO PIANO INDUSTRIALE CHE TENGA CONTO DELLA EVOLUZIONE NEI SETTORI PRODUTTIVI TECNOLOGICI E DEI MERCATI. Fino a circa venti anni fa chi scriveva i piani industriali stimava i tempi di riposizionamento dei prodotti tra i sette e gli otto anni, oggi tale tempistica si attesta fra uno e due anni. Chi svolge impresa tenendo conto di tali tempi di riposizionamento ha quindi elementi di incertezza nel definire il piano industriale. Perché i piani distinti diventano sempre più flessibili, legati a fattori come finanza e innovazione. Ma la presidente Marini ha perfettamente ragione quando dice che occorre che l’imprenditore di Jp Industries a questo punto decida, prendendo atto che l’anno 2017 deve essere l’anno dell’attivazione operativa degli intendimenti, perché il pubblico, come abbiamo sentito anche dalla relazione tecnico-istituzionale, ha fatto ciò che poteva attivando un’azione economica che si aggira attorno a 36 milioni di euro.  
Nella mozione si parla alla fine di lavoro, e attualmente il lavoro è qualcosa che ha una valenza sacra, che attiene dignità delle persone, e in questa vicenda sono 700 quelle interessate a tale problematica,e  ve ne sono oggi 400 a rischio di  probabile mobilità.  
Questo è un grande problema economico che riguarda un territorio,la fascia appenninica.  Nei sistemi economici evoluti è importante agire sul quadro puntuale, l’azienda, ma inserendolo in quello più generale territorialle-aziendale ,per ottenere un sistema  cosiddetto autocompensativo economico. Sottolineo sia le parole del consigliere Andrea Smacchi che quelle della presidente quando richiamano la loro attenzione sulla esigenza di aggiornamento. C’è stato un termine pronunciato “nuovo piano industriale”, cioè un piano industriale che tenga conto della evoluzione nei settori produttivi tecnologici e dei mercati. Il pubblico ha fatto  molto, 36milioni di euro sono una cifra importante, ora è arrivato il momento del privato, è arrivato il momento della decisione, della definizione di un piano industriale. L’area appenninica deve essere guardata più in generale, come un’area che dovrei definire “win-win” in cui far nascere polo che sempre più possa attivare centri di ricerca, iniziative imprenditoriali innovative, legate alla formazione che sarà un elemento nodale delle stesse aziende innovative. Per fare sviluppare quel nuovo manifatturiero di cui si parla, più leggero più tecnologico, che riguarda non solo le domestiche innovative ma riguarderà in futuro gli oggetti legati alla robotica, anche quelli legati a quei nuovi utensili, la cosiddetta manifattura adduttiva.  Concordiamo con l’idea che è necessario oggi che l’imprenditoria privata aggiunga valore, ciò che il pubblico ha già fatto, ed è per questo che credo siano state anche corrette le indicazioni del sistema Umbria Marche, un sistema ad assi non più a punti, ad assi infrastrutturali, ma anche ad assi di sviluppo aziendali. Questa può essere anche una esperienza pilota dove il rilancio e il riposizionamento tecnologico industriale di un’impresa e di un’area assume la sensazione non solo puntuale, non solo territoriale come auspicato ma anche con un lavoro ad asse che interessa due regioni fra Umbria e Marche, nel quadro di questa sempre maggiore collaborazione nella prospettiva della Macroregione”.

ANDREA LIBERATI (M5S)  “SÌ ALLA MOZIONE MA INVECE DI INSISTERE, A RAGIONE COME IN QUESTO CASO, CON INDUSTRIE NOVECENTESCHE RENDIAMO L'UMBRIA Più ATTRATTIVA PER LE INDUSTRIE CHE GUARDANO AL FUTURO. Anche il Movimento 5 Stelle contribuisce a portare avanti l'iniziativa proposta dalla mozione. In Umbria si insiste, talvolta a ragione, con industrie novecentesche, guardiamo alla maggiore AST ThyssenKrupp, al 91 per cento del mercato italiano degli acciai speciali, ma credo sia opportuno fare un salto in avanti, che significa guardare ad alcune delle categorie, delle attività che ha poc'anzi citato il collega Ricci. Ma significa anche attivare tutte le relazioni industriali, sindacali, sociali possibili per attrarre industrie innovative che indubbiamente sono quelle che hanno la maggior capitalizzazione nei mercati mondiali. Se dobbiamo avere delle multinazionali cerchiamo di avere il meglio. Come rappresentante di un gruppo chiederò al presidente della Seconda Commissione di avere in audizione i capi italiani delle principali aziende mondiali, come Tesla, come EBay, Google, Facebook,  perché se dobbiamo dare decine di milioni di euro a imprenditori veri o presunti allora gli imprenditori scegliamoli noi. Cerchiamo di portare in Umbria chi arriverà al 2100,  e non gettiamo via risorse su storie che sono spesso quelle di aziende decotte. Abbiamo a capo di industrie mondiali quotate al Nasdaq, allo Standard  & Poors, numerosi connazionali che contano nel mondo, ma bisogna mettersi in gioco ancora più pesantemente.  Quindi per concludere, per non diventare, dopo essere stati camerieri dei banchieri, la servitù anche di imprenditori presunti, noi dobbiamo cercare di guardare alle migliori esperienze industriali della nuova industria mondiali. Occorre quindi attivare contatti più solidi sistematici, anche da parte di una Regione come la nostra, con le ambasciate dei maggiori paesi dell’Occidente per fare in modo di portare qui il meglio dell'imprenditoria innovativa. Nulla è impossibile bisogna soltanto crederci”.

 

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