ASSISI - “Suonino oggi a festa, nella Città serafica, le nostre campane. Suonino a festa in tutte le Chiese della diocesi. La gioia di tutti gli italiani per l’unità della Patria è anche la gioia della Chiesa, che in questa nostra Italia ha profonde radici, e ad essa ha dato nei secoli, e promette di dare per il futuro, un contributo inestimabile.

Suonino le campane, segno di una preghiera che si leva in tutte le nostre comunità, e avrà nella prossima domenica la sua espressione nella celebrazione eucaristica. Suonino nella nostra Cattedrale, dove il patrono e martire Rufino ricorda le memorie antiche della nostra fede. Suonino nella Basilica Papale di San Francesco, dove il corpo del Poverello, patrono d’Italia, continua ad essere segno e pegno di benedizione, e dove brilla la lampada di devozione accesa ogni anno da una regione d’Italia. Suonino nella Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli, dove la Porziuncola ancora vibra della preghiera di Francesco e riecheggia il suo amore alla Madre di Dio. Suonino a Santa Chiara, dove la memoria della vergine assisana che fu “pianticella” di Francesco completa “al femminile” il messaggio di pace del Poverello e ricorda il ruolo, tante volte nascosto ma non meno prezioso, delle donne alla costruzione del nostro Paese.

Fu illuminato e preveggente il grande Vescovo di Assisi mons. Nicolini, quando chiese ed ottenne che Francesco venisse proclamato patrono d’Italia. Nel lungo solco della fede in Cristo che ha unificato moralmente e culturalmente le nostre regioni, in continuità con il grande contributo benedettino, e nel più largo orizzonte di una santità dai mille volti, San Francesco costituisce un elemento primario per la comprensione stessa della nostra patria. Egli l’ha educata, perfino attraverso la letteratura e l’arte, a sentire l’armonia del creato nella lode di Dio. Egli l’ha pervasa di un soffio di pace che rinvia, nella sua celeste scaturigine, allo Spirito di Dio, e diventa, nella sua terrena costruzione, un grande laboratorio di solidarietà, di mitezza, di riconciliazione.

Di tutto questo ha ancora bisogno la nostra Patria. La sua unificazione politica, centocinquant’anni or sono, avvenne non senza travaglio. Essa fu possibile e si consolidò progressivamente anche perché l’Italia disponeva di un grande tessuto unitario di valori e di moralità. Oggi l’Italia resterà unita, nella misura in cui saremo capaci di non disperdere questo grande patrimonio ideale.

Certamente i tempi sono cambiati, e la nuova condizione di pluralità culturale e sociale ci pone problemi nuovi. Ma la legge di Dio non è cambiata. Essa ci chiama alla responsabilità e alla solidarietà. Essa ci indica la strada di una cultura che resti aperta al trascendente, di relazioni che siano sempre improntate all’accoglienza e al dialogo, di un rispetto della vita che non escluda nessuna persona e nessuna fase della vita umana, di una accoglienza degli immigrati che li faccia sentire fratelli tra fratelli, di una solidarietà con i più disagiati che li sottragga all’umiliazione e al bisogno, di una volontà di pace che si apra al mondo e trovi la sua forza nella conversione dei cuori. Il cantico di Francesco – “Laudato si’ mi’ Signore cum tucte le tue creature”, si intrecci al nostro inno nazionale, per una sinfonia che sappia armonizzare tutte le voci. Il suo saluto così semplice e profondo – “il Signore vi dia pace”, sia ancora una volta benedizione e pace per l’intera nostra nazione. Ad essa, facendomi voce dell’intera comunità diocesana, e in particolare dei figli e delle figlie di Francesco e Chiara, formulo gli auguri di un futuro di pace e di bene. Viva l’Italia!”.

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