Il ticket sanitario introdotto dalla Regione Umbria sulle visite intramoenia produce almeno quattro effetti negativi: grava come una vera tassa, soprattutto sulle fasce più deboli della popolazione; penalizza i medici che hanno scelto di lavorare esclusivamente in ospedale; avvantaggia quelli che svolgono la libera professione; rischia di ridurre le prestazioni in ambito ospedaliero a tutto vantaggio delle strutture private. Lo afferma Maria Rosi, consigliere regionale del Pdl, in un'interrogazione alla Giunta con la quale chiede se c'è la volontà dell'esecutivo di “ritornare sulle proprie decisioni, al fine di individuare strumenti meno iniqui per raggiungere gli obiettivi di stabilità indicati dal Governo nella attuale difficile congiuntura economica,
ascoltando i soggetti interessati e le parti sociali, non consultate prima del varo del ticket”.

Per Maria Rosi la decisione ultima di aumentare di “un secco 29 per cento il costo delle visite intramoenia è stata presa a seguito del giudizio di non idoneità espresso dal ministero sulle misure adottate in precedenza per coprire 10 milioni e 900mila euro chiesti dal Governo come compartecipazione. In quel contesto la Giunta ha deciso senza alcuna condivisione con le parti sociali e con le numerose associazioni dei medici e senza valutare altre possibili soluzioni, quali l'aumento di un euro a prestazione per tutti i ticket”.

Nel sollecitare un ripensamento del ticket Maria Rosi fa infine presente che “quasi tutte le organizzazioni sindacali dei sanitari hanno ritenuto questa scelta una violazione della normativa legislativa e contrattuale che regola la loro attività libero professionale di medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale, poiché la legge 120 del 2007 dispone la determinazione, in accordo con i professionisti, di un tariffario idoneo ad assicurare l'integrale copertura di tutti i costi direttamente e indirettamente correlati alla gestione dell'attività libero-professionale intramuraria".

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