Le interviste di Dibattiti d’autore: Paola Barbato e il suo mondo
di Fosco Taccini
Gli effetti della pandemia da Coronavirus si fanno ancora sentire, e così sarà anche nell’immediato futuro. In questa fase, pertanto, è solo possibile fare delle ipotesi su come sarà il dopo, e come potremo affrontare le tante sfide del post emergenza Covid-19. Quindi, è sempre più necessario mantenere vivo il dibattito e il confronto su molti temi: dall’economia alla sanità, dalla politica alla società, dalla cultura alle nuove tecnologie. Per questo motivo, proseguono le interviste di Dibattiti d’autore per fornire un utile contributo al mondo di domani. L’ospite di questa puntata è Paola Barbato: scrittrice e fumettista. Paola, infatti, è nello staff di sceneggiatori del fumetto italiano Dylan Dog edito dalla Sergio Bonelli Editore.
Ciao Paola, prima di tutto grazie per la tua disponibilità, che impressioni ci puoi dare della vita al tempo del Coronavirus?
"La realtà è che non è molto diversa dalla mia vita di prima. Il grande cambiamento è avere le mie tre figlie in casa, ma per il resto io lavoro a piano terra, il mio compagno pure, usciamo solo per la spesa e poche incombenze... insomma, per una famiglia di orsi come la nostra la percezione fisica è smorzata. A livello emotivo invece il senso di labilità, la lontananza da mia madre e l'impossibilità di scegliere autonomamente anche su cose piccole della quotidianità ha inciso eccome".
Com’è cambiata la tua quotidianità?
"Mi devo occupare della didattica a distanza delle bambine, soprattutto della maggiore che avrebbe dovuto fare l'esame di terza media. Mancano i cuscinetti di decompressione, come le piccole passeggiate, i momenti di sosta nei bar, anche solo la cura del giardino, ma tutto sommato abbiamo adattato una quotidianità già simile a questa imposta".
Questa pandemia lascerà effetti molto pesanti sull’economia, e su tanti aspetti della vita delle persone. Si dice che nulla sarà più come prima. C’è un aspetto che maggiormente ti colpisce?
"Io sono nella schiera dei fortunati, ho potuto continuare a lavorare, a scrivere, non mi è stato tolto nulla di vitale. Altri sono rimasti senza possibilità di lavorare, altri ancora hanno perso il lavoro e più. Mi piacerebbe poter pensare che dopo questo test lo smartworking, laddove ha funzionato, continuerà ad essere applicato, eliminando una serie di spese inutili da convogliare invece nei settori dove si deve ripartire praticamente da zero. Ma ci spero poco, l'uomo è un animale adattabile e impara poco dai suoi errori. Temo di avere in questo senso scarsa fiducia nell'umanità e mi auguri di sbagliarmi. Non è detto che se le cose non torneranno come prima sarà necessariamente uno svantaggio, potremmo evolvere trovando strategie migliori per fare le stesse cose, ma - mi ripeto - ho poca fiducia".
Quali effetti pensi avrà in particolare sul tuo lavoro?
"Se le librerie non chiuderanno e gli editori non falliranno, quasi nessuno. Il mio è sempre stato un lavoro fatto di incertezze, lavori su un progetto e non sai se ce ne sarà un altro subito dopo, viviamo sempre in bilico e ci siamo abituati. Spero di poter continuare a lavorare bene, a scrivere cose di buona qualità che la gente amerà leggere".
Vista la tua esperienza nel mondo delle sceneggiature e della scrittura, riesci a cogliere sempre aspetti fondamentali. Perciò, come immagini il mondo post emergenza Coronavirus?
"L'immaginazione aderente al reale vede una serie di ripartenze con regole fumose che non tutti rispettano, un meccanismo che si avvierà lento ma poi ingranerà.
L'immaginazione fantastica ci vede tutti consapevoli del nostro stato di salute, chi ha gli anticorpi si occupa di chi non li ha, tutti hanno coscienza del proprio ruolo, la prudenza viene vista come dono per gli altri e, semplicemente, si viene a creare una rete solidale in cui tutto raggiunge un equilibrio".
In questo periodo hai riscoperto qualche lettura in particolare?
"Ho riletto la versione uncut de "L'ombra dello Scorpione" di Stephen King, 1300 pagine di saggezza".
C’è un momento della giornata in cui preferisci scrivere?
"Ormai no. Preferivo la sera, la notte, ma adesso i momenti buoni arrivano inattesi a qualunque ora. Quando arrivano li colgo e basta".
In questa fase di distanziamento sociale e di lockdown, ti senti vicina a qualcuna delle sceneggiature che hai scritto per Dylan Dog?
"Mah, recentemente è uscito Dylan Dog n° 397 "Morbo M" in cui si parla sì di malattia ma il nodo sta nella soluzione (che non posso svelare): credo che anche nella nostra odierna situazione stia tutto lì".
C’è una domanda su una parte di uno dei tuoi libri che non ti è stata mai fatta, ma di cui invece vorresti parlare?
"I libri sono figli del momento in cui li scrivi e molte volte la gente non si rende conto che terminata l'ultima parola inizia un distacco, quasi un'emancipazione da essi. Inizio a dimenticarli, in sostanza, e quando li rileggo è come se non li avessi scritti io. Li SO ma non li SENTO, o viceversa. Ogni domanda su un mio libro terminato da più di un anno mi coglie di sorpresa, sempre. Quindi le domande che non mi sono state fatte sono milioni".
Il tuo primo pensiero quando ti svegli, e l’ultimo prima di addormentarti?
"Mi addormento sempre pensando a ciò che dovrò fare il giorno dopo e mi sveglio sempre pensando alla stessa cosa. Anche quando non ho nulla da fare (non succede praticamente mai, ma nelle ricorrenze mi prendo una giornata di vacanza) è a quel nulla che penso".
C’è un consiglio, oppure una tua opinione che vuoi dire in conclusione dell’intervista?
"Non sono nella condizione di dare consigli, l'opinione, forse poco popolare, è che agli altri si dovrebbe guardare senza occuparsene e di se stessi ci si dovrebbe occupare senza guardarci. Stiamo diventando morbosi verso ciò che accade fuori da noi e troppo distratti verso ciò che avviene dentro di noi e nel contempo ossessionati da come appariamo e convinti di non aver bisogno di osservare (e basta) gli altri".
Grazie Paola, spero di averti presto nuovamente ospite a Dibattiti d’autore, chissà magari con un nuovo libro…
"Grazie a voi".
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