di Stefano Vinti.

La ricerca 'People at work 2023' del Adp Research Istitute ci dice che il 38% dei lavoratori umbri non si sente sicuro del proprio posto di lavoro, tanto da temere addirittura il licenziamento. La percentuale umbra è di ben 4 punti di quella nazionale, he infatti si attesta al sempre ragguardevole 34%.
I lavoratori temono la diffusione dell'intelligenza Artificiale, l'11,5 % ritiene che l'IA diventerà ben presto norma nel proprio settore lavorativo, riducendo la necessità complessiva di lavoratori, in fabbrica, negli uffici, negli studi professionali, negli ambulatori, ecc.
I lavoratori si lamentano che sono poco riconosciuti gli sforzi individuali e in generale sono assai scarse le prospettive di avanzamento di carriera, e quindi di aumentare il proprio reddito e di avere più soddisfazione personale nel lavoro. Infatti, continua il fenomeno delle dimissioni volontarie, ormai un fenomeno consolidato, che nel 2022 sono aumentate del 3%.
Il 53,9% dei lavoratori umbri pensa che nessuna professione e nessun lavoro sia esente dall'attuale incertezza economica, causata dalla inflazione alta, dall'eccesivo costo dell'energia, dal carovita.
Il 26,9% ha preso in considerazione la possibilità di cambiare settore negli ultimi 12 mesi, un dato che conferma il senso di insicurezza diffuso. Il 15,4% ha pensato di mettersi in proprio e il 12% ha pensato di chiedere la pensione anticipata.
Dunque, tanta parte del lavoro in Umbria ha paura del futuro, soffre insicurezza e precarietà, come dimostra il dato impressionante dei 44.800 (dato Cgia Mestre) lavoratori irregolari in Umbria.
È auspicabile che la politica delle forze progressiste si faccia carico di questa insostenibile situazione, con delle scelte nette e radicali, sostenendo l'aumento dei salari e degli stipendi, il rilancio di una campagna per il salario minimo, la riduzione dell'orario di lavoro.

Associazione Umbrialeft

 

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