Ha tenuto banco per settimane al mio ritorno dal Guatemala, il dubbio “scende o non scende in politica”. Ora è il tempo di sprecare inchiostro sul “lascia o non lascia la magistratura”. Così, nelle settimane centrali in cui avevo un programma da esporre e messaggi da lanciare agli italiani, i maggiori quotidiani si mostravano distratti o non interessati ai miei argomenti. Oggi i riflettori sono puntati di nuovo su di me, ma ancora una volta per fare del gossip politico.

I critici di professione fanno finta di non sapere che, a me come ad altri magistrati che si sono candidati, è stata concessa l’aspettativa per motivi elettorali che scadrà l’11 marzo. Per quella data comunicherò la mia decisione personale, ma quello che conta è il destino di Rivoluzione Civile, più importante del mio.

 

In democrazia vanno rispettati i diritti di tutti, non si possono usare due pesi e due misure a seconda del colore politico. Io sono concentrato sul futuro di Rivoluzione civile, ben consapevole che il destino del movimento si lega al mio. Su quel simbolo votato da circa 800 mila cittadini c’è il mio nome e sento la responsabilità di portare avanti una proposta che rappresenta una parte importante di elettorato, che non si riconosce nella politica degli inciuci, nella protesta urlata e che restano disgustati dal risultato elettorale.

Due mesi non sono bastati per superare la soglia prevista dal Porcellum, ma non ci fermiamo. Rivoluzione Civile andrà avanti, sul territorio e tra la gente, continuerà con più forza il percorso iniziato al fianco dei cittadini e della società civile, per cambiare il Paese dalle fondamenta, a cominciare dai prossimi appuntamenti elettorali.

Antonio Ingroia

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