Imprenditori suicidi? perché?
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Di Giampaolo Ceci
PERUGIA - A prima vista, il suicidio di un imprenditore o di un operaio che perde il lavoro sembra un atto ingiustificabile ed esagerato. Il mutuo sulla casa o sulle attrezzature vanno in scadenza, l’affitto, le spese per la famiglia, le tasse e poi Equitalia.
Prima la speranza che tutto possa aggiustarsi e che una commessa risollevi la situazione.
I prezzi sempre più bassi non consentono di coprire tutti i costi e la situazione si aggrava.
Se non hai il coraggio di chiudere subito ogni attività si comincia a prelevare e vivacchiare vendendo ciò che si è riuscito ad accumulare nei momenti buoni, nella speranza che qualche cosa cambi.
Poi basta un imprevisto: le tasse, un cliente che non paga neppure il poco che ti deve, i dipendenti che si licenziano e pretendono subito il TFR .
L’ultimo colpo te lo danno le banche che appena raggiungi il massimo scoperto ti intimano di rientrare in 24 ore.
L’ultimo tentativo è quello di tentare di recuperare i crediti maturati.
Bussare alle porte non è facile, ancor meno sentirsi dire: “no mi spiace,.so che ti devo dei soldi, ma ora on li ho. Fammi causa…” ben sapendo che il giudice emetterà la sentenza dopo anni e, se sei di fronte ad una SRL, non li avrai comunque, nonostante i pignoramenti.
La disperazione lentamente prende il sopravvento. Il conto è al limite del massimo scoperto e le banche sono in agguato. Che fare? chiedere un prestito a qualche amico che fino a quel momento ti ha visto come l’imprenditore affermato che gli offriva la cena ed esporsi ad un cortese rifiuto? Chiedere al salumiere di pagare la spesa a fine mese? Ma quale fine mese per un non impiegato! Per un imprenditore o un artigiano non c’è stipendio a fine mese. Il tuo stipendio te lo devi fare ogni giorno se trovi lavoro e se ti pagano. Non c’è cassa integrazione. Non c’è nulla, sei solo con la tua disperazione, in una grande città va bene anche la Caritas, ma qui ti conoscono tutti, la vergogna sarebbe troppa.
La dignità è ferita mortalmente. Non hai più soldi e non sai a chi chiederli, ma soprattutto non sai come fare per trovare un lavoro che non c’è, né per te né per i tuoi dipendenti.
Lentamente alla prima ingiunzione si avvicinala vergogna del pignoramento e il fallimento economico. Ma questo è il meno. Il pericolo viene dalla sfiducia nelle tue possibilità che apre la voragine della depressione psicologica.
L’autostima che ti ha sorretto nella costruzione della tua idea imprenditoriale si sgretola.
Ti rendi conto che non sei capace a trovare la soluzione ai tuoi problemi, nessuno ti può dare una mano, lentamente ti abbandoni all’inedia e non combatti più.
Se non hai una tempra forte o un affetto saldo o un amico sincero non hai scampo, la depressione vince.
Si insinua il dubbio se sia meglio farla finita subito, piuttosto che affrontare pubblicamente il proprio fallimento economico e personale .
Ecco. L’idea di farla finita si insinua come la migliore soluzione per togliersi da ogni problema e dimenticare la realtà in un sonno sereno che ti elimina ogni ansia e preoccupazione.
Un imprenditore cede. Ora forse per qualcuno è più facile capire perché.
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