di Ilaria Cucchi.

Sono rimasta colpita fin da subito dalla somiglianza che Alessandro Borghi è riuscito a raggiungere con Stefano. La voce, il modo di parlare. Il modo di camminare. 
Insieme a lui ho visto me stessa ed i miei genitori. 
Ho provato una strana sensazione all’inizio. Mi faceva strano che tutti quei bravi attori si fossero impegnati per interpretare proprio noi. La famiglia Cucchi. Chi siamo noi, in fondo, per meritare tanta attenzione? Non riesco a crederci mi pare surreale. 
Perchè tanta importanza? Mi sono addirittura un pochino vergognata a vederci rappresentati su quel grande schermo davanti a me, davanti a tutti.
Ma poi ho rivissuto mio fratello, gli ultimi momenti in cui l’ho visto vivo e poi tutto il resto. Fino al riconoscimento all’obitorio. Ho rivissuto tutto, ogni singolo momento del suo e del nostro calvario. Inutile parlare del dolore rinnovato. Ho visto le nostre vite dentro quello schermo. Col groppo in gola ho sperato, durante tutta la proiezione, che ad un certo punto la storia narrata deviasse stravolgendo il corso degli eventi per un finale diverso. Un finale magari non proprio del tutto a lieto fine ma comunque diverso.
No dai - pensavo - Stefano non può morire così, in questo modo atroce. Di dolore. 
Magari qualcuno in extremis interviene e si occupa di lui e lo salva. Magari rimangono impuniti coloro che lo hanno pestato e lui rimane in carcere ma vivo, e noi possiamo finalmente rivederlo. Ma Stefano non ce la fa ed in carcere non ci rimane. 
Il film finisce e Stefano è morto. Non è possibile un finale diverso. 
Ora è libero e ci guarda da lassù. 
Era un ragazzo eccezionale semplicemente perchè era mio fratello. Non doveva finire così ma così è finito. 
Perchè non accada mai più. Perchè Stefano Cucchi, pur essendo un ultimo con tutti i suoi difetti, aveva un’anima, eccome se ce l’aveva!
Perchè tutti abbiamo una storia alle spalle, un’anima dentro da salvare, anche se ultimi e sconosciuti.
Non deve accadere mai più.

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