È davvero un buon libro. Ricostruisce, come una testimonianza, la vicenda del Covid in Italia e la sua gestione, racconta i percorsi che hanno portato alle scelte, le difficoltà, anche nei rapporti tra le istituzioni nazionali e internazionali, la relazione tra politica e scienziati, il ruolo della comunicazione, i tempi assurdi della burocrazia e le rincorse surreali tra territori, in Italia e nel mondo, a diverso grado di contagio, i dubbi continui. Questo, al di là dell'idea che uno possa poi farsene (di errori ne hanno commessi tutti, e anche lui, sebbene a mio avviso ben meno degli altri), è sinceramente un contributo molto utile a qualsiasi tipo di ragionamento e di dibattito che si voglia portare avanti, oggi, sul Covid.
C'è poi, intrecciata all'altra e poi in una forma più autonoma, una parte dedicata alla visione di cosa dovrebbe e potrà essere il Sistema Sanitario Nazionale italiano. Speranza propone un modello innovativo, un cambio radicale di prospettiva: all'Italia serve più Stato, più sanità pubblica, più sanità territoriale, più integrazione con le reti di tutela sociale. Basta tagli, basta libero mercato, basta strutture a compartimenti stagni. Questa è la parte più politica, per me quella più interessante, sulla quale sarebbe opportuna una discussione pubblica il più ampia possibile.
Per questo credo che il ministro abbia sbagliato, o sia stato mal consigliato, quando ha deciso di rimandare l'uscita del libro, finendo per ridurlo a una sorta di operazione editoriale clandestina: quando giorni fa l'ho visto in vetrina alle Paoline ero convinto che fosse un errore delle suore dimenticatesi di richiuderlo negli scatoloni, poi ho scoperto che invece ormai si trovava quasi dappertutto. Speranza avrebbe dovuto promuovere il suo libro con ancora maggior forza, perché là dentro ci sono idee che meritano grande attenzione, e che meritano di essere approfondite proprio ora. Peraltro nel testo, che nella ricostruzione arriva fino ai primi di ottobre, non c'è traccia di sottovalutazione del rischio di una ripresa del contagio: non è un colpevole resoconto da 'cessato pericolo', come molti potrebbero - anche legittimamente, visto la goffa fuga dalle librerie - essere orientati a pensare. Anzi.
In definitiva, è un libro molto di sinistra.
Un libro che va letto, e che non andrebbe sprecato.
 

Così Giovanni Dozzini in un post su facebook

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