Gruppo Novelli, novità a raffica. Ansia per i 1.500 creditori e i dipendenti
Speriamo che, alla fine, la vicenda del gruppo Novelli non debba concludersi all'italiana: con vorticosi giri di acquisti, vendite, plurimi concordati preventi e con i soliti stracci che volano: i posti di lavoro dei dipendenti e le ragioni dei creditori. Se finisse così, sarebbe un'altra perla di quel sistema Italia in virtù del quale solo un matto potrebbe davvero venire ad investire nel nostro Paese (e infatti, giustamente, siamo in coda nelle classifica degli investimenti diretti esteri). Un sistema che ha rubato e ruba il futuro a milioni di persone e che ha fatto e sta facendo cadere l'Italia in un malessere economico e sociale ormai conclamato, dove l'unica speranza è la rinnovata spinta della magistratura per cercare di imporre un minimo di trasparenza e legalità a un sistema familistico e amorale, che corrode come un cancro la coesione sociale e la credibilità del Paese, generando arretramento e impoverimento.
Tornando alla vicenda Novelli, è la storia di ripetute illusioni e di altrettante docce fredde, in cui brilla la tenacia di un avvocato umbro battagliero, Luca Sbardella, che da tempo sente puzza di bruciato e che ora è pronto a rilanciare una battaglia giudiziaria su più fronti.
Ma andiamo con ordine.
Gli 'evviva' restati in gola
Gli 'evviva' di qualche mese fa per l'acquisto (alla cifra simbolica di1 euro) del gruppo umbro da parte di Alimentitaliani (o meglio, da parte di due società del gruppo Alimentitaliani), realtà calabrese di Cariati che fa capo alla famiglia Greco, si sono trasformati in un silenzio preoccupato e in annunci di nuovi esposti. Una vendita, quella avvenuta a novembre scorso ad Alimentitaliani, conclusa dopo una lunga e accidentata trattativa e in cui si sono molto esposti sia il ministero dello Sviluppo economico, sia la Regione dell'Umbria. Che adesso, da quanto si sa, sono parecchio preoccupati. Anche perché, rispetto a quanto già emerso sulla stampa nei giorni scorsi, c'è un fatto nuovo che finora non era emerso: il rigetto, da parte del tribunale di Terni, della richiesta presentata dal gruppo Novelli (praticamente svuotato dopo la vendita ad Alimentitaliani dei Greco), a firma del presidente del cda e legale rappresentante Alessandro Musaio, di chiudere il concordato del gruppo umbro vista la vendita ad Alimentitaliani e l'assunzione, da parte di quest'ultimo gruppo, di tutte le attività e le passività facenti capo a Novelli. Il tribunale di Terni – sezione fallimentare ha respinto la richiesta con una motivazione ineccepibile e che rappresenta un baluardo a difesa dei 1.500 creditori che, a occhio e croce, in base al concordato presentato a suo tempo dal gruppo Novelli e omologato dal tribunale fallimentare debbono avere oltre un centinaio di milioni di euro. I giudici ternani, in sostanza, hanno respinto l'istanza perché “... non può in altre parole affermarsi che l'intervenuta cessione dell'azienda si sia tradotta al contempo compiuto adempimento degli obblighi assunto nei confronti deu creditori concordatari, in quanto non risulta in alcun modo che gli stessi siano stati soddisfatti...”. In sostanza, i giudici ricordano a Musaio che, qualora i nuovi proprietari non adempissero all'impegno di soddisfare i creditori così come previsto dal concordato omologato dal tribunale, come nel gioco dell'oca si torna alla casella iniziale, perché tutto tornerebbe nelle mani del gruppo Novelli. Con possibili conseguenze giudiziarie tutte da esplorare, visto che nel frattempo Alimentitaliani ha ceduto parte dei beni acquistati pochi mesi fa dal gruppo Novelli, ed esattamente le società 'in bonis'.
Occhio alle date. E potrebbe scoppiare un pasticcio enorme. Il Ministero dello sviluppo in allarme
La decisione del tribunale di Terni è dell'8 febbraio e il 13 febbraio viene depositata in cancelleria. Ma nel mese di febbraio avviene anche dell'altro. E di altrettanto importante. Alimentitaliani, infatti, il 7 febbraio cede a Poderi Greco Tommaso società semplice e all'impresa Greco Cataldo le due aziende in bonis del gruppo Novelli, Fattorie Novelli srl (proprietarie dei terreni ed allevamenti) e le Cantine Novelli srl (società proprietaria delle cantine in casa Naticchia di Montefalco). Quando la notizia viene fuori l'allarme è generale, perché i 1.500 creditori temono che siano stati ceduti beni che dovevano garantire, concordato alla mano, i loro diritti. E un'altra bomba arriva il 24 febbraio, quando Alimentitaliani presenta domanda di concordato al tribunale di Castrovillari. Insomma, un concordato del concordato. A questo punto l'allarme diventa rosso, al Ministero si agitano e temono che aver fatto passare la soluzione Greco sia stato un grave errore. Una vendita, anzi, per la quale sia il Ministero che la Regione dell'Umbria hanno fatto pressing sui Novelli, convinti che fosse la soluzione migliore per salvare l'azienda. Il timore è che Alimentitaliani abbia presentato domanda di concordato perché, privata dei beni ceduti una quindicina di giorni prima, non è in grado di rispettare il concordato che ha acquisito rilevando il gruppo Novelli, che prevede il pagamento dei creditori (al 100% quelli privilegiati, al 50% quelli chirografari). La richiesta di concordato, infatti, se accolta farebbe sospendere i debiti.
E per fortuna che il tribunale di Terni ha rigettato la domanda di chiusura del concordato della Novelli avanzata dal dal presidente del cda, Musaio. Perché, se in questa serie di atti effettuati a febbraio si dovesse rilevare che i diritti dei creditori sono a rischio, è evidente che si aprirebbe la strada per dichiarare nulla le vendita (quella del gruppo Novelli alla società di Alimentitaliani e quelle di Alimentitaliani a Poderi Greco) e far tornare tutti i beni in capo alla Novelli. Insomma, se il tribunale di Terni avesse accolto la richiesta di chiudere il concordato, per i creditori avrebbero potuto essere guai molto più grandi di quelli che hanno attraversato.
La battaglia dell'avvocato e i timori crescenti dei dipendenti Novelli
Un ruolo cruciale, in questa partita, ce l'ha avuta e ce l'ha l'avvocato Luca Sbardella, che è stato il legale del gruppo Novelli prima di rompere con il gruppo e dare vita a una dura battaglia legale per il riconoscimento dei propri diritti. Ma la sua battaglia indirettamente è andata a vantaggio di tutti i creditori, tra i quali ci sono anche non pochi lavoratori del gruppo, perché con una serie di esposti e di memorie ha fatto sì che la magistratura tenesse acceso, nei vari passaggi, un potente faro. E ora che anche moti altri creditori hanno timore che senza un'azione decisa potrebbero vedere messe a ischio le somme fissate nel concordato, Sbardella rilancia: “Chiederò alla giustizia l'annullamento di tutti gli atti negoziali svolti in questa vicenda, a cominciare dalla vendita alla cifra simbolica di 1 euro del gruppo Novelli alle cessioni delle uniche realtà produttive 'in bonis'. Mi sembra evidente che quanto previsto dal concordato per i creditori sia fortemente a rischio e che tutti questi atti possono essere avvenuti in pregiudizio delle ragioni dei creditori. E' poi importantissimo che il tribunale di Terni abbia respinto la richiesta avanzata dal presidente del cda di Novelli di chiudere il concordato. Il tribunale di Terni è stato chiarissimo e ineccepibile sul piano delle motivazioni giuridiche”.
Una vicenda, quella personale dell'avvocato Sbardella in quanto creditore che ha anche presentato un'istanza di sequestro (pendono anche due istanze di fallimento), che ha risvolti inquietanti. L'avvocato, infatti, afferma che in suo danno nel corso del procedimento sono stati presentati documenti falsi per ridurre la somma a lui spettante e su tale questione ha presentato un esposto su cui dovranno decidere i giudici. Inoltre, l'avvocato ha dovuto presentare una denuncia contro ignoti per la scomparsa di documentazione durante l'iter giudiziario che, per sua fortuna, Sbardella è riuscito comunque a ricostruire con fatica.
Eventi, quelli avvenuti a febbraio, che hanno messo in allarme i lavoratori Novelli e i sindacati, peraltro impegnati in una difficile trattativa sindacale con la società di Alimentitaliani che ha presentato un piano di 68 licenziamenti che per il sindacato è assolutamente indigeribile. Il clima, tra i lavoratori Novelli, è pesante e queste notizie sono benzina sul fuoco della preoccupazione.
Ministero, Regione e sindacati ingenui? E se avessero avuto ragione i Novelli?
Sembra incredibile che, solo qualche mese fa, ministero dello Sviluppo, Regione Umbria e sindacati fossero in deciso pressing sulla famiglia Novelli perché desse il via libera alla vendita ai Greco. Veniva indicata come l'unica soluzione in campo e si sventolava la bandiera della salvezza del gruppo. Già, comunque, qualcuno notò che l'acquisto veniva fatto da Alimentitaliani con due società che, da quanto si sa (è stato ripetutamente pubblicato su vari organi di stampa e mai finora smentito dagli interessati), sarebbero dotate di un capitale sociale di 10mila euro ciascuna (e, sembra, nemmeno interamente versato). Cioè due micro realtà acquistano un gruppo con un fatturato di svariate decine di milioni di euro. Eppure né Ministero, né Regione, né sindacati rilevarono la stranezza. Che resta tutta e che prima o poi andrà spiegata. Più un altro strascico di chiacchiere su cui, eventualmente, dovrà essere la magistratura a fare chiarezza.
Come si ricorderà, alcuni membri della famiglia Novelli si opposero alla vendita, prima di cedere alle pressioni, sostenendo che Alimentitaliani non avevo un piano industriale degno di questo nome. E se, alla luce di quanto sta avvenendo, avessero avuto ragione? Chi fu a sostenere che il piano industriale c'era e che era convincente? Bisognerà rifare bene la storia di questa operazione per capire bene i ruoli e le posizioni di ognuno. Per fortuna, la stampa si sta dimostrando molto attenta.
Una crisi scoppiata nel 2012
Una crisi, quella della Novelli, che scoppia nel 2012. Il gruppo, dopo numerosi e onerosi acquisti che ne avevano fatto un'importante realtà nazionale nel settore agroalimentare, entra in difficoltà. Il passo è stato più lungo della gamba e gli oneri da rimborsare per aver effettuato acquisti importanti diventano insostenibili in un mercato che si è fatto assai difficile. A quel punto scatta l'amministrazione controllata che dura quattro anni circa e durante la quale il buco non solo non si riduce, ma aumenta e non di poco. Si arriva insomma al 2016, in vista della scadenza del quadriennio del cda tecnico, con la situazione aggravata. Il resto è storia dei giorni nostri.
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