In questi giorni è tornata, all’attenzione dei lavoratori e della cittadinanza, la vertenza della Perugina.
Ricordiamo a tutti che, circa un anno fa, è stato firmato tra le organizzazioni sindacali e la direzione aziendale, un accordo della durata di tre anni e che prevedeva tappe di verifica attraverso una commissione bilaterale. I punti salienti dell’intesa erano : l’investimento triennale di sessanta milioni di euro, di cui 45 in marketing, pubblicità e rete commerciale e 15 milioni da utilizzare in nuove tecnologie. Inoltre si puntava molto sull’export del bacio e delle tavolette.
Dopo quell’accordo l’azienda ha provveduto a cedere marchi famosi come le caramelle, tra cui la mitica Rossana, i biscotti con le Ore liete e la chiusura delle Strenne: di fatto, quindi, una fabbrica sempre più piccola, basata su pochi prodotti.
Ora, anche a seguito di un aumento delle esportazioni, che non hanno però inciso in modo significativo sui volumi produttivi, si prospettano ulteriori esuberi di personale di circa duecento-trecento persone.
Noi abbiamo giudicato l’accordo di allora, del tutto insufficiente ad affrontare la difficile situazione aziendale : modesto investimento in tecnologie, nessun nuovo prodotto. Mentre ritenemmo del tutto sbagliata una linea industriale che puntava allo sviluppo di solo pochi prodotti.
Era chiaro da molto tempo che il funzionamento, la compatibilità economica e la garanzia dei livelli occupazionali di un grande stabilimento, presupponeva il pieno utilizzo degli spazi, dei macchinari, uno sviluppo costante di tecnologie e di prodotti alternativi, competitivi sui vari mercati mondiali.
Siamo arrivati ad una situazione davvero pericolosa che potrebbe mettere in discussione l’esistenza stessa dello stabilimento.
Infatti, procedendo in questa linea industriale, la Perugina, che rappresenta circa il 2,5% del fatturato Nestlè, e che occupa circa ottocento lavoratori fissi più alcuni stagionali, non rappresenta più un asse strategico importante, anche perché non si trova in linea con le nuove tendenze di produzione e di vendita nel settore dolciario - alimentare del mercato globale, che si sta trasformando completamente e rapidamente.
Per tutto questo rimaniamo perplessi di fronte ad alcune dichiarazioni di sindacalisti, per fortuna pochi, che ritengono che l’azienda sta rispettando gli obiettivi concordati, da loro rivendicati come un successo, minimizzando a riunire la commissione di verifica dell’accordo, per discutere e trovare soluzioni.
Noi crediamo che sia arrivato il momento, per salvare la Perugina, di affrontare con chiarezza tutta la situazione e occorra una svolta radicale.
Per comodità e affetto seguitiamo a chiamare l’azienda di S. Sisto, Perugina. Ma questa, come azienda, non esiste più da oltre venticinque anni: nello stabilimento vi sono solo dei reparti produttivi, ora in parte anche vuoti, senza alcuna autonomia di fabbrica in nessun settore aziendale: sono solo parti della multinazionale.
Per moltissimi decenni la Perugina ha rappresentato un pezzo importante dell’economia cittadina ed umbra. Il destino della fabbrica è stato legato politicamente, socialmente, culturalmente a quello della città di Perugia. Nei tempi del grande sviluppo oltre quattromila persone lavoravano con fierezza e laboriosità all’interno di questa azienda. Rappresentava un punto fermo per le famiglie di Perugia.  Poi con il tempo, sia il suo ridimensionamento produttivo ed occupazionale, sia la politica del gruppo hanno portato a indebolire il rapporto della fabbrica con il territorio, e non a caso oggi è minacciato il suo stesso futuro.
Noi ci domandiamo, allora, se non sia arrivato il momento di porci una grande domanda: per salvare la Perugina forse non sarebbe utile che essa venga venduta ad una società italiana che gli ridia slancio e ne faccia un polo dolciario alimentare italiano in grado di competere con le altre grandi aziende?
Noi risposte e certezze non ne abbiamo, vogliamo però aprire un confronto e un dibattito fra le forze politiche, sociali, culturali e con le Istituzioni per una riflessione seria e completa sulla attuale situazione.
In ultimo riteniamo utile che, nel trattare il destino di questa azienda, a cui molto teniamo, senza ritorni al passato, ne sentimentali ne di altro genere, ma con lo sguardo al presente e al futuro, che siano di nuovo i sindacati regionali umbri a svolgere un ruolo attivo e decisivo, e non lasciare il tutto a quelli nazionali, nonostante gli accordi diversi di molti anni fa.
La Sinistra per Perugia, comunque, è al fianco dei lavoratori e dei sindacati per ogni iniziativa di lotta e di proposta. Per cambiare le cose e difendere il futuro dei lavoratori della Perugina, e con esso parte di quello della città.

Giuseppe Mattioli
La Sinistra per Perugia

 

 

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