Di Stefano Galieni

Quarantaquattro minuti di discorso monocorde interrotto da 17 applausi a scena aperta. Il nuovo presidente del consiglio di amministrazione della Repubblica italiana, è riuscito nell’impresa ardua di assolvere e di farsi assolvere da quasi tutta la classe politica presente in parlamento – Lega esclusa – assumendo su di se e sul suo governo, vera e propria consorteria dei poteri forti e reali dello Stato, il compito di affrontare, con le ricette degli speculatori, la crisi. Oggi è inutile discutere di se e di quando le contraddizioni del progetto Monti esploderanno, rompendo questa incredibile ed inattuale solidarietà nazionale, oggi bisogna ragionare su cosa Monti ha detto che farà e su cosa invece sembra essere precipitato fuori dalla agenda politica. Non ci sono più margini di dubbio per chi voleva attendere un fumoso programma, la parola “equità” tante volte ripetuta, cozza contro provvedimenti che rafforzeranno la forbice fra chi ha e chi non ha.

“Monitoreremo, sia ben chiaro, i grandi patrimoni”. Una frase lapidaria per definire l’assoluta indisponibilità ad introdurre una imposta patrimoniale. Le ricchezze andranno monitorate e andrà colpita (difficile comprendere bene come) l’evasione fiscale, ma chi ha guadagnato dalla crisi può dormire sonni tranquilli. Le parole, sempre le stesse: “rigore”, “crescita”, “impegno”, “Nazione” “donne” “giovani”. Partendo da un affiato europeista convinto per cui l’obbedienza alle richieste della Bce dovranno essere il faro illuminante il neo premier si è rivolto alla platea presente dei partiti consenzienti e indirettamente a quella -assente ed espropriata di democrazia - di coloro che dovranno fare i sacrifici. Taglio ai costi della politica attraverso un riordino delle competenze delle Province – da fare con legge ordinaria – ed una riforma costituzionale che porti alla loro abolizione, abbassamento della soglia dell’uso di contante, incentivando quello di carte di credito e bancomat – altro che conflitto di interessi – per rendere più tracciabili i percorsi del denaro e “combattere l’evasione fiscale e l’illegalità”. Una lotta all’evasione fiscale che dovrà servire, secondo Monti ad abbassare le aliquote fiscali, l’obiettivo insomma, reiterato e mai praticato dal precedente premier è il celeberrimo “meno tasse per tutti”.

Da dove attingere denaro? Dalla tassazione degli immobili (troppo bassa rispetto al resto d’Europa), alla reintroduzione dell’Ici anche per la prima casa. Riforma del sistema previdenziale per colpire le “disparità di trattamento”. Facile immaginare che ci siano riferimenti alle odiate pensioni di anzianità che sembrano divenute il vero incubo del Paese. Riforma degli ammortizzatori sociali, certo per offrire garanzie a chi è in crisi, evitando angosce ma sempre in subalternità alla spada di Damocle del pareggio di bilancio, riforma del mercato del lavoro per mettere in pari chi “è troppo tutelato da chi non lo è affatto”. Interventi secondo Monti che andranno concordati con le parti sociali e che non dovranno mettere in discussione i diritti acquisiti da chi già lavora ma che presuppongono per le generazioni che si affacciano al mercato del lavoro la perdita di ogni forma di salvaguardia offerta dallo Statuto dei lavoratori, a cominciare dall’articolo 18. E poi tassazioni minori e di incentivo per il lavoro femminile e investimenti per migliorare i livelli di istruzione dei giovani(?). Difficile a farsi se lo stesso premier si è dichiarato già più volte entusiasta della riforma Gelmini contro cui oggi tanti ragazzi e ragazze hanno giustamente manifestato.

C’è stato anche il tempo per spendere una parola, non certo di messa in discussione, delle missioni militari all’estero. Il neo ministro della difesa, il Generale Di Paola, non era infatti presente al discorso di insediamento perché in Afghanistan. Con entusiasmo, si è saputo, sta rientrando in patria per assumere il dicastero. Un militare alla difesa e una prefetta all’interno, quale miglior modo per controllare qualsiasi possibile forma di conflitto sociale? Comunque un discorso fumoso che poco ha avuto di effettivamente programmatico – se non nel tranquillizzare i ceti abbienti – e difficilmente placherà i tanto adorati mercati. Ma un discorso netto e preciso come manifesto ideologico, come espropriazione degli spazi della politica da parte dell’economia e della finanza.

Non esiste più con Monti la società a cui dover rendere conto, esistono soggetti e funzioni, ruoli e mansioni, il valore della vita di un essere umano è inferiore a quello di un Btp. Esiste un manifesto di classe dominante che si impone fra gli applausi di parlamentari che hanno trovato finalmente il modo di non dover rispondere più delle proprie modeste e misere imprese. Altro che lacrime e sangue, è la tecnocrazia che si fa potere assoluto, sotto l’egida di un presidente della Repubblica che ha guidato la fase di trasformazione. Ma la Storia non è mai finita. Fuori dal palazzo i tanti e le tante che non sono rappresentati, hanno già fatto intendere di non essere disposti ad essere governati da dio, banca, famiglia, proprietà e massoneria. Per questo è tempo di decidere chiaramente, da che parte stare.

Fonte: controlacrisi.org

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