di Mario Bravi

 

Nel cosiddetto PNRR presentato dalla Giunta Tesei, apprendiamo con stupore la
considerazione da “laboratorio” di cui sono oggetto gli over 65 umbri. Intanto nel
documento si sottolinea che la nostra regione ha una popolazione over 65enne pari
al 25,5% (in realtà con i dati Istat 2020 superiamo il 26%), mentre a livello nazionale
siamo al 22,8%. E questo sembra essere considerato non una conquista, ma
addirittura esclusivamente un problema.
Al contrario l’allungamento della aspettativa di vita è una conquista sanitaria e di
civiltà. Semmai, alla vita che si allunga, occorrerebbe garantire, da parte delle
istituzioni pubbliche, elementi di qualità e di sostegno.
Sempre l’ISTAT nel suo ultimo report certifica che l’Umbria ha l’aspettativa di vita
più alta, pari a 81,1 anni per i maschi e 85,6 per le femmine. Il dato però su cui
occorre riflettere è che la pandemia ha ridotto questa aspettativa di vita di 9 mesi
per i maschi e di 6 mesi per le femmine. Inoltre, la provincia di Perugia ha una
aspettativa di vita ancora più alta della media regionale, essendo di 81,4 anni per i
maschi e di 86 anni per le femmine. Su scala nazionale Perugia ha l’aspettativa di
vita per le femmine più alta in assoluto. Non vorremmo che l’approccio della
Regione mettesse in discussione questa conquista.
Il documento della Giunta Tesei, arriva a definire, in maniera del tutto offensiva, la
situazione dell’Umbria come (testuale) un “accumulo di invecchiamento”, ripetendo
in maniera pedissequa le definizioni assurde del presidente della Liguria, Giovanni
Toti. Si dice, inoltre, che “le malattie cronico-degenerative e le disabilità correlate
all’età possono diventare insolubili”, tenendo conto della situazione economica e
sociale dell’Umbria.
In questa logica si propone la costituzione del CURI (Centro Umbro di Ricerca e di
Innovazione), per sviluppare avvenieristiche tecnologie di scienze omiche e di
medicina predittiva. Inoltre, nel progetto si parla di medicina riparativa e
rigenerativa.

Riteniamo necessario sottolineare che, non disprezziamo assolutamente le
innovazioni tecnologiche se finalizzate al miglioramento qualitativo della vita delle
persone anziane, ma vorremmo che tutte le persone, a prescindere dall’età,
venissero considerate soggetti da coinvolgere attivamente e non semplici oggetti su
cui operare le più avveniristiche sperimentazioni.
Come se non bastasse, il progetto in questione verrebbe affidato a degli
imprenditori, per le necessarie iniziative di clusterizzazione.
Infine vorremmo ricordare alla Regione, che gli anziani e i pensionati sono
organizzati nei sindacati, appunto, dei pensionati e degli anziani, che hanno titolo
per essere non solo coinvolti, ma per svolgere una funzione attiva, evitando
sperimentazioni, che spersonalizzano e che puntano solo alla privatizzazione del
sistema sanitario pubblico, che invece riteniamo vada potenziato e rafforzato.

 

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