Tratto da piaceremagazine.it GIULIANO GRANOCCHIA, A TU PER TU CON IL PRESIDENTE DI CONFESERCENTI

 

Giuliano, perché si è lanciato in questa sfida?

Conoscevo e avevo frequentato dall’interno Confesercenti per ragioni di lavoro legate alle mie società. Avevo pertanto avuto modo di constatare che si trattava di una realtà associativa dal grande potenziale inespresso. Così ho iniziato a partecipare a una serie di incontri dettati dalla necessità di rafforzare la presenza dell’associazione sul territorio. E con molti associati ci siamo trovati d’accordo sulla necessità di dare un nuovo impulso alla vita associativa nel settore del commercio e dei servizi. In quella fase mi hanno chiesto se ero disponibile a valutare un mio impegno diretto, e 

la cosa mi ha fatto piacere anche perché avevo abbandonato la mia vita politica/partitica e l’idea di lavorare per qualcosa di concreto e per costruire un percorso mi ha immediatamente coinvolto.

Ha parlato della necessità di un nuovo impulso. Per quale motivo?

Perché Confesercenti aveva attraversato una crisi interna nella sua organizzazione, e forse era diventata un’associazione di persone poco coinvolte in attività commerciali o nel terziario, e questo stava snaturando l’attività. Il tutto nonostante il notevolissimo impegno del presidente uscente Italo Federici, che ringrazio sinceramente per l’ottimo lavoro svolto e che anzi ha permesso di mantenere, in virtù del suo grande impegno, un’importante presenza sui territori.

E adesso quale sfida vi aspetta?

Quella di riportare nel cuore centrale di Confesercenti la capacità di erogazione di servizi e di rappresentare le esigenze degli associati. Quella di costruire un’associazione che sia non semplicemente rappresentativa delle categorie, ma anche la loro vera espressione. Magari mettendo a capo di ogni istanza di rappresentanza (penso, per esempio, alle categorie del turismo) persone che vivono quotidianamente le necessità del proprio mondo di riferimento.

Non dobbiamo cadere nella trappola di un’associazione automatizzata, ma dobbiamo trasformare in punto di forza la grande rete presente sul territorio regionale insieme alle straordinarie professionalità che ci sono.

Come ha risposto l’Associazione a questi primi input?

Posso dire, con grande soddisfazione, di avere già raccolto un grande entusiasmo che si sta rispecchiando nella riorganizzazione delle categorie.

Il tutto nonostante la Pandemia e il lockdown. Che conseguenze ci sono (e ci saranno) sul commercio e come pensate di ripartire?

Il commercio è fatto di tante diverse realtà. Va tenuto conto di situazioni molto articolate e specifiche. L’attuale crisi post-pandemica arriva in una fase in cui alcuni settori merceologici erano già in sofferenza e stavano subendo il cambiamento dei modelli del commercio a livello planetario; mi riferisco alle grandi catene online, alla loro potenza di fuoco e a forme di concorrenza sleale.

Ricostruire un mercato che possa giocare con le stesse armi, pensando quindi al tema dei costi di gestione delle attività commerciali, è un punto molto delicato. Bisogna poi intercettare e cogliere i suggerimenti - non necessariamente di natura economica – rivolti alle nostre città e ai nostri centri storici; tornando ad animarli di attività culturali e ricreative.

Infine dovremmo fermare la proliferazione della grande distribuzione che in Umbria ha spersonalizzato il commercio mettendo in difficoltà tante realtà del territorio. Ma attenzione perché la bolla dei centri commerciali negli Usa era già esplosa da anni. E se non si pensa fin da subito a delle soluzioni rischiamo di ritrovarci con un doppio problema: un piccolo commercio impoverito e colossi che non sono più capaci di rispondere alle dinamiche del mercato. 

A questo proposito dovremmo anche aprire un dibattito sulle liberalizzazioni, analizzandone, lucidamente e senza pregiudizi, gli effetti positivi e le conseguenze negative per poi andare a intervenire su queste ultime.

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