“La ripresa c’è. Ma non è ancora diffusa e così non viene percepita in larghi strati del mondo delle imprese”. La restrizione dei credito alle imprese è stata pesante e continua. In Umbria la stretta è iniziata nel 2012 ed anni particolarmente pesanti sono stati il 2015 e il 2016”. “C’è stata negli anni della crisi una secca contrazione del numero delle imprese, artigiane e non. Ma anche questa riduzione va guardata con attenzione, perché le imprese artigiane, al pari di tutte le altre imprese di piccole e medie dimensioni, in questi anni hanno subito una profonda trasformazione. Oggi, infatti, ci sono meno imprese ma più grandi (le imprese iscritte all'ente bilaterale dell'artigianato nel 2011 erano circa 6mila con poco più di 14mila addetti, mentre oggi sono circa 4mila con oltre 16mila dipendenti). La questione dell'accesso al credito per queste imprese è fondamentale per agganciare quest’aria di ripresa che finalmente si comincia a respirare. Ecco perché chiediamo che questo tema torni a essere centrale nelle politiche industriali della Regione con strumenti trasversali in grado di rispondere alle esigenze del sistema delle imprese, a cominciare da fondi di garanzia e controgaranzia del credito”.

Così alcuni passaggi dell’intervista che Roberto Giannangeli, direttore regionale della Cna, ha rilasciato a Giuseppe Castellini, andata in onda oggi alle 12,30 sul canale 13 – Rete Sole del digitale terrestre, nell’ambito del ciclo di trasmissioni “Mondo Finanza”, curate condotte dal già direttore di Giornale dell’Umbria e Nuovo Corriere Nazionale e dal giornalista Massimo Sbardella, esperto di mondo del credito (Sbardella in questa puntata era assente perché fuori dall’Umbria per impegni improrogabili). La replica della trasmissione andrà in onda, sempre su canale 13-Rete Sole, martedì a mezzanotte e un quarto.

L’occasione dell’intervista è stata la ricerca, molto dettagliata, commissionata da Cna Umbria e realizzata da Centro Studi Sintesi su “Il quadro del credito in Umbria”, analizzando i dati Bankitalia. Un lavoro che prende in esame gli anni dal 2011 al 2016.

La ricerca mette in evidenza, tra l’altro, che in Umbria il credit crunch ha continuato a imperare anche nel 2016, colpendo nel Perugino in maniera più generalizzata, mentre a Terni la forbice ha interessato solo le imprese fino a 5 addetti. Diverso il discorso per le famiglie: i dati provvisori del primo trimestre 2017 parlano di un aumento del +2,6% degli impieghi. In linea di massima, nell’uno e nell’altro caso, si tratta di un fenomeno che rispecchia l’andamento generale del credito a partire dal 2011.

Imprese umbre, in 5 anni 1,1 miliardi di prestiti in meno dalle banche. Calo anche nel 2016

Una conferma arriva anche dall’analisi dei depositi, in crescita sia per le famiglie che per le imprese. A una lettura superficiale potrebbe apparire il sintomo di un arricchimento, mentre in realtà è la prova che le famiglie hanno deciso di restare più liquide disinvestendo da azioni e obbligazioni, e che le imprese hanno contenuto gli investimenti in modo da gestire al meglio la stretta creditizia, che nel periodo 2011/2016 ha riguardato soprattutto il sistema produttivo, superando in valori assoluti 1miliardo e 100milioni di euro (da 13,999 miliardi di euro di impieghi del 2011 si è scesi a 12,836 miliardi del 2016). Gli impieghi alle famiglie, sempre tra il 2011 e il 2016, in Umbria sono invece cresciuti del 5.5% (+376,2 milioni).

Forte aumento dei depositi nella regione, in 5 anni +2,767 miliardi di euro. Risorse tolte da altri investimenti e dal sistema economico per essere parcheggiate nella liquidità

Quanto all’aumento dei depositi, nella regione si è passati da 12,36 a 15,603 miliardi di euro tra il 2011 e il 2016, con un incremento di 2,767 miliardi (+21,7%). Tute risorse, come detto, tolte da altri investimenti e dal sistema economico e dirottate verso la liquidità a causa dell’incertezza sulle prospettive del mercato finanziario e della situazione economica.

La crescita delle sofferenze determinata soprattutto dalle imprese più grandi

Dalla ricerca emerge anche che, in Umbria, la crescita delle sofferenze è stata determinata dai maggiori affidati, ossia da quei soggetti che ottengono più credito: alla fine del 2016 il primo 10% degli affidati (verosimilmente grandi imprese) aveva in essere il 71% del totale dei finanziamenti, generando tuttavia più del 76% delle sofferenze complessive. In altre parole, questi ‘grandi affidati’ sono meno solvibili di altri soggetti capaci, invece, di produrre meno sofferenze. In Umbria si nota comunque una minore concentrazione del credito rispetto all’Italia, dove emerge che il primo 10% degli affidati ottiene addirittura l’80% dei finanziamenti.

 

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