Germania in ginocchio al capezzale del clima
Il giorno dopo la tragedia, con oltre cento cadaveri negli obitori, centinaia di feriti negli ospedali e 1.300 persone la cui sorte resta letteralmente sconosciuta, nessuno in Germania ha più il coraggio di negare la vera causa della devastazione che ha distrutto mezzo Paese. A partire dal ministro dell’Interno, Horst Seehofer, leader della Csu, che non è mai stato ambientalista nemmeno un minuto in vita sua: «Non si può più dubitare che questa catastrofe dipenda direttamente dal cambiamento climatico. Un’alluvione con così tante vittime e dispersi io non l’avevo mai vista prima».
Benvenuto nella «Germania in ginocchio» denunciata ieri dagli attivisti del Fridays For Future in ben 40 città tedesche con l’anticipo delle manifestazioni inizialmente previste per il 24 settembre. Ovvero, “Wilkommen” nella Bundesrepublik in cui l’ultima chiamata per evitare il disastro climatico permanente è toccata nientemeno che al presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier, mai così deciso nell’indicare l’unica via che può disinnescare la normalità di tempeste come il tifone “Berndt”. «Soltanto se prendiamo in mano con decisione la lotta contro i cambiamenti climatici riusciremo a contenere gli eventi estremi come quelli che stiamo vivendo in queste ore» ha scandito Steinmeier dalla sua residenza a palazzo “Bellevue”.
Molto più delle chiare note di Ursula von der Leyen, che prima di essere la presidente della Commissione Ue rimane una tedesca che conosce bene il Paese di cui è stata più volte ministra. «L’intensità e la lunghezza di questi eventi ci dà l’indicazione del cambiamento climatico in corso e l’urgenza di agire. L’economia basata sui combustibili fossili è arrivata al limite a spese del pianeta. I Pnrr europei permetteranno di investire in tecnologie pulite» ha spiegato ieri a margine della presentazione del piano irlandese.
Nelle stesse ore la ministra della Difesa, Annegret Kramp-Karrenbauer, mobilitava altri 800 soldati di esercito e aeronautica ufficializzando lo stato di «catastrofe» anche sotto il profilo militare, mentre venivano trasferiti dalle caserme alle zone alluvionate 15.000 vigili del fuoco provenienti da ogni parte della Germania.
Ieri la situazione in Nordreno-Vestfalia e Renania-Palatinato ha continuato a essere in buona parte fuori controllo, con ben 15 linee ferroviarie ancora completamente interrotte e il traffico telefonico (anche della rete mobile) tutt’altro che ripristinato non solo nel Sud-Ovest del Paese. Non è un problema secondario: in queste condizioni resta impossibile rintracciare la maggior parte dei dispersi, come ha spiegato la polizia renana. Mentre dal fango lasciato dalla tempesta non smettevano di emergere i morti e le loro storie. Come i dodici disabili gravi annegati in pochissimi minuti nel comune di Sinzig dopo essere rimasti intrappolati nel centro di riabilitazione investito dalla piena del fiume Ahr.
Alle 18 di ieri il bollettino ufficioso delle vittime riportava 106 morti (43 in Nordreno-Vestfalia, 63 in Renania-Palatinato), anche se nessuna autorità è stata in grado di dire quanti fossero realmente. Mentre spiccavano le terrificanti immagini della statale B265 a Erftstadt-Blessem (Colonia) che sembrava essere stata colpita da un bombardamento aereo, con le automobili accartocciate sotto tonnellate di macerie in cemento armato. Anche qui la dichiarazione ufficiale è stata «nessuno è in grado di dire se gli occupanti sono riusciti a salvarsi».
Pesa la confusione dovuta ai collegamenti distrutti, ma anche il caos del federalismo che spezzetta qualunque iniziativa politica del governo centrale. Per questo la ministra dell’Ambiente, Svenja Schulze (Spd), ieri ha proposto una nuova legge per cui «il cambiamento climatico deve essere considerato giuridicamente come una missione comune dell’esecutivo federale e dei 16 Land». Risveglio comunque fuori tempo massimo e anche auto-assolutorio, almeno a sentire Luisa Neubauer, portavoce nazionale dei Fridays for Future che ieri sono scesi in piazza a Berlino, Acquisgrana, Francoforte, Essen, Düsseldorf, Essen, Amburgo, Ingolstadt, Monaco, Treviri, Colonia e altre decine di città tedesche.
«Altro che parole, serve un cambio di passo netto, e questi disastri devono avere delle chiare conseguenze politiche. La portata della distruzione in Germania ci ha lasciato letteralmente senza parole. Oggi dedichiamo la nostra manifestazione a chi ha perso tutto». Tutto in attesa di misurare l’effetto elettorale della tempesta “Bernd” nelle urne del 26 settembre.
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Il manifesto 17.07.2021
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