Il Coordinamento per la Pace di Umbertide esprime la propria condanna e la propria indignazione per la nuova guerra che sta insanguinando da quasi un mese la Striscia di Gaza.

Ancora una volta, come già nel dicembre-gennaio 2009 e nel novembre 2012, 1.800.000 palestinesi che vivono in condizioni precarie in una stretta pianura costiera dall’altissima densità abitativa tra Egitto e Israele, senza nemmeno la possibilità di uscirne, vengono sottoposti a continui bombardamenti dell’esercito israeliano.

I massimi rappresentanti politici e militari di Israele rassicurano il mondo che le armi più potenti e tecnologiche hanno l’unico obiettivo di annientare i militanti di Hamas, il movimento politico e militare palestinese che in passato ha scelto la via ingiustificabile degli attentati suicidi contro la popolazione civile israeliana, e che certamente ha delle responsabilità nello scoppio di questo nuovo conflitto.

La inaccettabile realtà è però ben diversa, perché la grande maggioranza delle tantissime vittime palestinesi, ad oggi più di 1.800, sono civili, e tra essi purtroppo centinaia sono bambini.

Si calcola che siano circa 450.000 i palestinesi costretti a lasciare le loro case per la paura dei bombardamenti, rifugiandosi in mezzo a mille disagi in edifici pubblici o strutture delle Nazioni Unite, o da parenti e conoscenti. Purtroppo nessun luogo si è dimostrato sicuro.

 Le televisioni ci mettono davanti agli occhi tutti i giorni immagini terribili, dall’ultimo bombardamento di una scuola dell’agenzia dell’ONU piena di rifugiati al gruppo di bambini falciati dai missili mentre giocavano sulla spiaggia di Gaza.

Non possiamo e non vogliamo diventare assuefatti a questo orrore.

Come in tutte le guerre, anche Israele subisce  conseguenze dolorose. Tra gli israeliani si contano 63 vittime, anche se  quasi tutte militari. Nella  popolazione   si è diffusa la paura e l’angoscia per il lancio di missili di Hamas, più efficaci che in passato, verso le proprie città, e per il rischio di incursioni di guerriglieri palestinesi attraverso i tunnel segreti nella zona di confine.

Ci sentiamo però di dover affermare che, oggettivamente, la sofferenza della popolazione civile israeliana non è paragonabile a quella dei palestinesi di Gaza.

Non vogliamo entrare nella questione veramente complessa delle cause del conflitto israelo-palestinese, e delle ragioni del  suo protrarsi da tanti decenni. Ci rendiamo conto che sono in molti ad avere delle responsabilità, maggiori o minori, e che certamente  molti, anche tra i paesi dell’area,  a volte  favoriscono cinicamente  la via dello scontro per perseguire interessi e logiche di potere.

Di una cosa siamo però  fermamente convinti, in particolare  in questa situazione: la guerra non solo non è mai la soluzione dei problemi, ma serve solo ad accrescere l’odio e a perpetuare il conflitto.

Riteniamo inaccettabile la mancanza di volontà e di capacità  della comunità internazionale, dell’ONU, delle grandi potenze, dei singoli governi incluso quello italiano, e soprattutto dell’Unione Europea, di porre fine al conflitto ottenendo prima di tutto un cessate il fuoco ed in secondo luogo l’avvio di un vero dialogo tra le parti.

Nella prima Marcia della Pace di Umbertide dello scorso 29 giugno abbiamo camminato in tanti da Serra Partucci a Penetola di Niccone, unendo le due località dove avvennero le peggiori atrocità perpetuate dall’esercito tedesco nel nostro territorio, nel giugno di 70 anni fa, contro la popolazione civile. Abbiamo marciato per mantenere la memoria di quelle tante vittime innocenti, uomini donne e bambini, falciate in una maniera così assurda. Ma abbiamo marciato anche e soprattutto perché siamo convinti che il modo migliore per ricordare e rendere giustizia alle nostre  vittime di 70 anni fa sia affermare con forza il nostro no alla guerra di oggi, che continua a schiacciare come allora  le vite della  gente innocente in tanti paesi del mondo.

Di fronte ad avvenimenti così tragici come quello che sta avvenendo a Gaza, sui quali influiscono forze che sentiamo troppo più grandi di noi, il sentimento di  scoramento e di impotenza è ben comprensibile. Eppure, se tutti noi affermassimo con chiarezza il nostro ripudio della guerra ed il principio che la soluzione dei conflitti si può ottenere solo con il dialogo e con il riconoscimento dei diritti di tutte le parti coinvolte, anche la comunità internazionale sarebbe costretta ad impegnarsi maggiormente di quel poco che sta facendo per riportare e mantenere  la pace.

C’è un modo per  esprimere in modo visibile questa  nostra richiesta di pace e di giustizia,  con un atto semplice ma dall’alto valore simbolico: rimettiamo alle nostre finestre e sui nostri balconi le bandiere della pace, che in anni non lontani avevano rappresentato  l’impegno pacifista della maggioranza del popolo italiano,  colorando di nuovo le nostre città e i nostri paesi.

In questo momento ce ne è bisogno come e più di allora, per fermare le guerre in corso e provare a prevenire le prossime.

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