Garante dei detenuti: un'altra occasione perduta
Dopo anni di silenzio, in Umbria è stato indetto un bando per costruire una rosa di nomi entro cui il Consiglio Regionale avrebbe potuto scegliere, ed in seguito si è svolta la votazione.
Ancora una volta siamo costretti tuttavia ad esprimere la nostra delusione: il consiglio regionale dell'Umbria nella seduta di ieri, martedì 21 maggio, non è riuscito a nominare il Garante delle persone sottoposte a misure privative o limitative della libertà personale, come previsto da una legge varata dalla stessa Regione ormai 7 anni fa. Legge che non ha mai trovato attuazione, nonostante la drammatica situazione degli gli istituti penitenziari italiani, al di fuori di qualsiasi cornice di costituzionalità.
Il rammarico è ancora più grande dato che la figura di Carlo Fiorio (che ha ottenuto nella votazione di ieri 16 voti, ovvero la maggioranza all'interno del consiglio regionale) gode senza dubbio di tutti i requisiti di competenza ed autorevolezza necessari a ricoprire questo importante ruolo: la sua storia personale di studioso e il suo impegno a fianco del volontariato sono premessa di indipendenza dalla amministrazione giudiziaria e dalla politica in un ruolo che è in primo luogo di tutela dei più deboli.
Crediamo che intorno a questo nome o ad altri con analoghe caratteristiche sia ancora possibile raggiungere in consiglio regionale il quorum richiesto. In caso contrario chiediamo che le forze responsabili attuino tutti gli sforzi necessari ad adempiere al loro compito, anche con rapide modifiche legislative ai meccanismi di nomina, evitando ulteriori inaccettabili dilazioni.
L’istituzione del Garante – in Italia ce ne sono 6 regionali più una decina comunali e provinciali - rappresenta la novità più importante degli ultimi anni in materia penitenziaria. E’ un organo indipendente di controllo e di ispezione sui luoghi di detenzione così come previsto da protocolli attuativi del 2002 della Convenzione Onu contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti sottoscritto ma non ratificato dall’Italia.
La presenza del garante, contribuendo alla tutela dei diritti, può essere veicolo di una cultura basata sulla legalità, condizione necessaria alla sicurezza, in quanto consente di limitare i danni sulla salute fisica, psicologica e sociale, che la violazione dei diritti e la detenzione stessa producono sulla persona detenuta. Danni che si manifesteranno poi con aumento della distruttività e della recidiva.
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