Fin dall'inizio della pandemia ai lavoratori della AST è stato chiesto di dare un contributo determinante per portare avanti la produzione e garantire utili alla multinazionale di proprietà tedesca.
Seppur Arvedi a livello nazionale rappresenti come acquirente una delle migliori opzioni, è evidente che in un mercato globalizzato e ricco di competitor servirà uno sforzo importante per garantire a Terni di mantenere e se possibile aumentare le proprie quote di mercato, fatta la premessa che gli impianti di Viale Brin potrebbero potenzialmente aumentare le produzioni fino ad arrivare a un milione e mezzo di tonnellate annue di acciaio inox.
Quello che emerge però è un quadro di incertezza, accompagnato da un silenzio abbastanza vistoso delle istituzioni. Non conosciamo le intenzioni del cavalier Arvedi, stando al chiacchiericcio e a qualche dichiarazione fugace si parla di ritorno alla produzione del magnetico, ma non sappiamo se è un’opzione concreta e se questo avrà ricadute su altri asset produttivi come ad esempio il tubificio.
Quello dell’acciaio è mercato difficile dove i nostri competitor nel corso degli anni hanno investito in tecnologie ed impiantistica di nuova generazione, spesso molti produttori hanno accesso direttamente alle materie prime, mentre da noi i problemi logistici ed infrastrutturali si legano a una catena produttiva che necessita sicuramente di investimenti importanti.
Insomma siamo tutti in attesa di leggere il piano industriale presentato da Arvedi che verrà reso noto solo dopo la fine della procedura antitrust europea. 

Risulta difficile esprimere un giudizio sull’operazione anche senza conoscere gli assetti societari, considerando che ad oggi si parla di un ventaglio variegato di opzioni che vanno dalla presenza in società dello stato rappresentata dalla CDP fino alla permanenza dei tedeschi di Thyssenkrupp nella compagine societaria.
Tutto questo si lega fortemente al momento storico che stiamo vivendo, alla necessità di rendere sostenibili le produzioni così come richiesto dall’Unione Europea, al tema dell’esaurimento della discarica e dell’impianto di riciclo delle scorie le cui future lavorazioni stando lo stato attuale delle cose soffrirebbero  la mancanza di una filiera produttiva  per il loro utilizzo.
Un’altra criticità è rappresentata dal fatto che c’è molta incertezza intorno a quello che dovrebbe essere il ruolo di Terni all’interno di un piano nazionale della siderurgia.

Nonostante Terni rappresenti una produzione di nicchia il timore è che gli investimenti possano premiare quegli stabilimenti che si trovano in posizioni logistiche più felici.
Va anche detto che questo piano si concentra su Terni, Taranto e Piombino sito attualmente improduttivo. Ciò nonostante questi siti insieme rappresentano meno di un terzo delle circa 20 milioni di tonnellate di acciaio, prodotte annualmente in Italia.
Questo deve farci riflettere.

 

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