di Bruno Marasà

Nella stampa di fine anno tempo di bilanci, e nello speciale “l’anno che verrà” di Repubblica, la distinzione principale (ed unica sembrerebbe) della realtà del “Pianeta” dovrebbe essere quella tra autocrazie e democrazie. Non sappiamo quanto questa distinzione sia fondata e comunque val la pena di ricordare che il confronto sarebbe tra le autocrazie (cioè tre quarti dell’umanità) e le democrazie (il quarto restante). Naturalmente una distinzione simile mette in primo luogo, a leggere Repubblica, la Russia che, oltre all’aggressione alla Ucraina, avrebbe rapporti militari o di sostegno ai regimi di Hamas a Gaza, della Siria, dell’Iran, Mali, Niger, Centrafrica e Burkina Faso. Della Cina sono note le mire espansioniste verso Taiwan. La sfida di Mosca e Pechino, stretti in una nuova alleanza, a livello globale, sarebbe in pieno svolgimento.

Le analisi di questo fine d’anno sono state scarse (almeno sulla stampa italiana), solo accenni qua e là, sui BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa, a cui aggiungere perché ne sono già partner Egitto, Etiopia, Arabia Saudita e Emirati arabi). Nuova aggregazione di un mondo multipolare.

Dell’India, la più grande democrazia asiatica, che va anch’essa verso le elezioni quest’anno, si dice che è destinata a scegliere al bivio se accettare il “corteggiamento” di Russia e Cina o guardare a Washington, con l’obiettivo di costruire una alternativa alla Via della seta guardando ai paesi del sud dell’Asia sino all’Africa. Insomma sembrerebbe che non ci siano alternative tra l’influenza americana e il ricatto delle autocrazie.

Naturalmente, in questa realtà mondiale “bipolare” non manca l’Europa, le cui elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo di giugno sono certamente importanti per il futuro dell’Unione europea. Mosca, si scrive, sarebbe pronta a sostenere quelle forze antidemocratiche – populiste e sovraniste – che contestano l’integrazione europea, con l’obiettivo di favorire una crisi profonda dell’Unione europea ed evitare l’ostacolo principale alla realizzazione della sua sfera d’influenza sul Vecchio Continente, di memoria sovietica.

A stare a questa analisi, quel quarto di mondo delle democrazie rischia di essere sopraffatto dalle autocrazie. Quello che c’è in mezzo non conta.

Autocrazie, democrazie e misfatti

E allora proviamo a ricordare alcune verità. A partire da quella di Washington che due anni fa, proprio di questi giorni, conobbe una vera e propria insurrezione, con l’ingresso nell’aula del Congresso attuata da alcune centinaia di persone e teleguidata dall’ex-Presidente Donald Trump. E siamo in attesa trepidante per le elezioni di novembre.

Ancora. Si cita Hamas come gruppo aiutato da Mosca, e non si dice una parola sulla crisi di oggi con decine di migliaia di morti a Gaza, praticamente interamente distrutta, con circa due milioni di profughi spinti sulla barriera (invalicabile) di Rafah. Tutto questo per reagire al terribile e inammissibile assalto di Hamas nel Sud d’Israele con un migliaio di morti e la cattura di decine di ostaggi.

Certo Israele sta nel campo delle democrazie ma dei misfatti compiuti dal Governo israeliano guidato, da sedici anni, con un breve intervallo, da Netanyahu non si deve poter parlare a rischio di ricevere subito l’accusa di antisemitismo. Anche se a farlo, impotenti, sono gli stessi Stati Uniti!

È difficile immaginare un sistema di sicurezza “globale” che escluderebbe i tre quarti della popolazione mondiale.

Invece bisognerà tentare, e non sarà facile, di immaginare una sfera di sicurezza veramente fondata sulla interdipendenza e la democratizzazione, questa sì, di paesi grandi e piccoli, o di aggregazioni sovranazionali come l’Unione europea, sulla base creativa degli scambi commerciali, culturali e di alcuni principi fondamentali per il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto.

La Cina si colloca attualmente tra le autocrazie più forti con una prospettiva di sviluppo economico ancora grande. E con un sistema di relazioni internazionali ben rodato. Come atteggiarsi di fronte a questo grande paese? Non certo pensando di esportare la democrazia. Abbiamo già visto i precedenti (Iraq, Afghanistan).
E il Brasile, leader per questo anno dei BRICS, dove lo mettiamo? Tra i paesi democratici, penso. E l’Africa? Questo continente sconosciuto ai più costituisce la vera sfida mondiale per la popolazione, per la crisi ambientale. Ad essa guardano i singoli paesi, aristocrazie e democrazie, con interessi più o meno plausibili (l’acquisizione e lo sfruttamento di risorse “nobili”), e la comunità internazionale nel suo complesso.
L’ONU di oggi non è certo in grado di assumere le iniziative che sarebbero necessarie per riportare un po’ di ordine nel mondo attuale. Ma anche in questo caso si pone l’interrogativo: quali sono le alternative?

La sicurezza e la parola pace

In Europa, prima che la NATO passasse dalla sua natura di alleanza difensiva a quella offensiva di oggi, si era riusciti a creare le premesse per un sistema di sicurezza e cooperazione. Addirittura si arrivò agli inizi degli anni 2000 a istituire un Consiglio NATO-Russia!

Abbiamo assistito invece al progressivo distacco di Mosca, che nel frattempo era stata persino ammessa a quello che diventò il G8. Dopo l’intervento di Putin, molto duro, alla Conferenza di Monaco del 2007, che denunciava l’affermarsi di un mondo unipolare (gli Stati Uniti), l’anno successivo al Vertice NATO di Bucarest si dibatteva di due nuove iniziative russo-americane. I primi si erano ritirati dal Trattato sulle armi nucleari in risposta alla decisione di installazione di basi americane in Romania. Controversia difficile da valutare, a meno che non si guardino le conseguenze per tutti della perdita di prospettiva di una forma condivisa della sicurezza.

Dopo la caduta del Muro di Berlino e alla vigilia del crollo dell’Unione sovietica, Gorbaciov ritirò le truppe sovietiche installate in Germania incoraggiando di fatto la riunificazione tedesca, con la promessa di James Baker, Segretario di Stato USA e di Helmut Kohl, Cancelliere tedesco, che nessun allargamento della NATO a Est sarebbe stato attuato. Sappiamo com’è finita, dopo il rapido ingresso dei Paesi Baltici e della Croazia si è arrivati sino alla Romania e oggi si discute apertamente del possibile ingresso dell’Ucraina. Ignorando che questa è una delle cause del conflitto aperto dalla Russia.

L’autocrate Putin, di cui non condividiamo per niente le pratiche militari all’esterno e civili all’interno del Paese verso i suoi cittadini, in vista delle prossime elezioni, godrà pur sempre di un consenso maggioritario, sfruttando la percezione della minaccia esterna. C’è da riflettere quindi sulle prove muscolari da qualsiasi parte provengano.

Le forze democratiche hanno un compito veramente arduo se vogliono estendere la democrazia a quelle parti del Pianeta che non ce l’hanno o non l’hanno mai conosciuta. C’è una parola che dovrebbe animare i confronti seppur tra diversi è si chiama pace. Il rifiuto, cioè, della violenza da qualunque parte essa provenga.

Fonte: strisciarossa.it
 

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