Riccardo Fidenzi

La fotografia di Ternana-Avellino è il sorriso di Domenico Danti alla Curva Est in occasione del gol. Solo chi era lì l’ha potuto assaporare in tutta la sua bellezza. E’ durato pochi secondi, il tempo che i suoi compagni arrivassero a festeggiarlo e a unirsi all’abbraccio coi tifosi. Quel sorriso pareva essere regalato per dare tranquillità. Come a dire: “E’ tutto a posto”. La traversa di Litteri, le prodezze di Fumagalli e qualche occasione sfumata diventavano acqua passata. Venivano spazzate via da quel sorriso di Dantinho, che nell’occasione era chiamato a fare il vice di Nolè. E quel sorriso pareva regalato anche per ricordare a tutti che questo è un gruppo super. Chi gioca gioca, le partite s’azzeccano. Non c’è niente di retorico quando si parla di gruppo super, perché la Ternana 2011/2012 è davvero perfetta, plasmata da Toscano come meglio non si poteva fare.

Dietro a quel sorriso di Danti c’è anche il tecnico calabrese, che ha avuto il suo pupillo a Cosenza, Domenico come lui, e che nel post-partita ha rivelato di aver provato la situazione del gol in allenamento. La difesa dell’Avellino è solita salire alla svelta e innescare la trappola del fuorigioco. Ma ti pare che il cannibale aveva lasciato qualcosa al caso? Danti sapeva già tutto. Sapeva che cosa fare pure Gotti, che l’ha pescato in piena area. E ha fatto sorridere Danti, che essendo arrivato da poco non aveva ancora avuto modo di andare a segno e sentirsi un eroe in mezzo ad altri eroi. E’ stato bello ridere con lui con le braccia al cielo.

Il raddoppio di Bernardi, già eroe, ha “soltanto” ingrassato la festa. Il pelo nell’uovo? Subire l’ennesimo gol evitabile su calcio piazzato. Ma di pelo nell’uovo si tratta, perché se le Fere di quest’anno vincessero le partite anche con largo scarto potrebbero anche non giocarle, che gusto ci sarebbe. Dà gusto, invece, vedere Pisacane che non fa passare neanche il venticello che domenica spirava sul Liberati e rendersi conto che gli avversari non riescono ad essere pericolosi.

L’ultima perla di giornata è stata la lettura dei risultati e della classifica a fine partita. Quando lo speaker, dopo la festa e il rientro delle squadre negli spogliatoi, ha iniziato a parlare, dei 5.500 del Liberati ne erano rimasti dentro 4.000 buoni. Immobili. L’altro migliaio si accalcava alle scale d’uscita senza scenderle. La notizia vera era una, e riecheggiava con effetti speciali: il Taranto aveva pareggiato un’altra volta. Apriti cielo. Boato. Poi ancora tutti fermi per il gusto di sentire rimbombare anche la classifica, che più orecchiabile non si può. Dopodiché si vola, e quelle scale, uscendo, sembrano non esistere più. Peccato: l’appuntamento con la Spal è troppo lontano, i tifosi avrebbero voluto giocarlo subito. Senza uscire. E pensare che solo un paio d’anni fa si abbandonava lo stadio prima del triplice fischio. Stavolta s’è svuotato a cancelli quasi chiusi. Prima di rientrarci bisogna aspettare. C’è Pavia, un’altra finale. Arrivederci al posticipo, stadio Liberati.

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