Le dimissioni della maggioranza della RSU di Umbra Acque rappresentano un fatto che va preso seriamente. Le motivazioni presenti nella nota di Filctem Cgil e Femca Cisl vanno prese sul serio e non possono cadere nel vuoto, a partire dal silenzio dei soci pubblici di fronte alla situazione che si è venuta a creare. Non poteva però essere diversamente: questi sono i risultati della mancata attuazione del referendum e dell'ostinata volontà a tutti i livelli di privatizzare definitivamente il servizio idrico. Del resto non diciamo nulla di nuovo: i sindacati sanno bene che Berlusconi, Renzi e i loro seguaci locali diversamente collocati in Umbria e a Perugia hanno voluto e vogliono mettere una pietra tombale sul risultato referendario che nel 2011 ha visto la maggioranza assoluta del popolo italiano pronunciarsi per una gestione pubblica, partecipativa, territoriale e senza profitti dell’acqua e di tutti i beni comuni. Le prove? Le leggi di stabilità e il decreto “Sblocca Italia” voluti dal PD. Per parte nostra conservare il servizio idrico pubblico non significa mantenere l’attuale metodo di gestione, ma ripartire dalle professionalità dei lavoratori e dal territorio per far rispettare innanzitutto l'esito referendario. Per questo proponiamo l'istituzione di un'azienda speciale regionale pubblica sul modello napoletano. Tutto quello insomma che i “proconsoli” locali di Renzi e delle destre non possono e non vogliono fare. In questo senso torniamo a proporre ai cittadini, alle organizzazioni sindacali, alle associazioni, ai partiti di sinistra e alle realtà di movimento di ricominciare la battaglia per la difesa del servizio, riavviando l’operato del Comitato Acqua Bene Comune, esperienza con la quale abbiamo vinto un referendum. 

 

Enrico Flamini, Segretario Regionale di Rifondazione comunista dell'Umbria

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