Nel mio intervento alla assemblea confederale di Lavoro Società del settembre 2022 [pubblicato su “reds” n. 10/2002: “No al sindacato istituzionale, che vive solo di riconoscimenti triangolari “, ndr] ho provato ad affrontare una serie di argomenti che sono a mio parere di interesse centrale nelle prossime discussioni congressuali per la nostra categoria: la questione salariale, con le difficoltà che la contrattazione nazionale sta vivendo, le politiche degli appalti e il rilancio dell’obiettivo strategico delle reinternalizzazioni dei servizi e, infine, il turismo con le contraddizioni di un comparto in cui sfruttamento, lavoro nero, evasione fiscale ed omissioni contributive sono la regola e non l’eccezione. Chiudevo quell’articolo accennando ad altre questioni che non ho potuto compiutamente sviluppare: politiche di genere e smart working.

In questi giorni si è insediato il nuovo governo guidato da Giorgia Meloni. Osservando i suoi primi atti, per esempio le denominazioni dei ministeri, le preoccupazioni per il rischio della regressione sul tema dei diritti civili si sono rafforzate. Ma i diritti civili e la cultura che li sostiene, sono solo una delle architravi del processo di emancipazione delle donne; il lavoro e le sue forme organizzative (e salariali) ne sono la seconda.

Oggi si fa strada sempre più la soluzione organizzativa dello smart working. Nello smart working le donne trovano una soluzione nuova per conciliare tempi di vita e di lavoro in una dinamica che le ricaccia tra le mura domestiche, con l’inganno di sottrarre tempo al lavoro retribuito in favore del lavoro di cura.

Eppure il lavoro salariato è stato l’obiettivo prioritario del processo di emancipazione femminile, per dare alla donna dignità, autonomia, ruolo sociale visibile e relazioni al di fuori delle mura domestiche.

Se questa tendenza delle donne di guardare al telelavoro come ad una soluzione utile alla conciliazione dei tempi di vita e lavoro prevarrà definitivamente, ritornerà forte anche l’idea che una madre può restarsene a casa a curare i figli e i genitori durante la giornata lavorativa, in un continuo intreccio tra l’impegno professionale e gli impegni familiari.

Anziché riformare il sistema pubblico introducendo forme di sostegno alla maternità ed alla cura degli anziani, si scarica sulle donne la gestione di questi temi, con la conseguenza che sono costrette a sottrarre tempo al lavoro salariato (con tutte le evidenti conseguenze in termini di carriera, di relazioni, di formazione professionale ecc.) o al proprio tempo libero per potersi dedicare al lavoro di cura.

È tempo di sviluppare una riflessione generale sull’impatto che avrà sulla contrattazione la forte spinta, soprattutto delle donne, verso il lavoro agile.

Altro tema molto importante è l’evoluzione del commercio on line e del suo rapporto con le reti “fisiche”, quelle dove la nostra storia sindacale ha espresso una importante esperienza contrattuale e di rappresentanza. Oggi le abitudini stanno cambiando: la vetrina digitale offre una gamma sempre più ampia di servizi e prodotti. Le grandi catene sono costrette a una forzata integrazione tra canali di vendita e il mestiere del commesso sta mutando, in un processo ancora incompiuto. I margini di guadagno si modificano e la presenza sul territorio non è più così determinante come un tempo. Alcune catene riducono il numero dei negozi nelle nostre città, il numero degli addetti diminuisce e il personale viene sottoposto a pressioni organizzative sempre più pesanti. Non è detto che questa visione del futuro negativo sia la sola su cui riflettere, ma le incognite restano molte. Oggi il rapporto tra rete fisica e rete digitale si sta diffondendo in canali commerciali che ne sembravano esenti: alimentari, automobili e forse un domani anche i prodotti farmaceutici. Il futuro del commercio è complesso e la nostra capacità di azione sindacale sempre più difficile da definire stretta tra margini ridotti, riduzione dell’occupazione e pressione organizzativa. E non sappiamo se la logistica, la rete di servizi di consegna, elaborazione ordini, gestione delle problematiche di vendita, sarà in grado di assorbire questa occupazione. L’evoluzione tecnologica, ed i suoi effetti pratici, sono imprevedibili.

Lo smart working e la trasformazione delle reti commerciali sono il risultato della grande spinta al cambiamento provocato dalla pandemia. La digitalizzazione dei processi e la necessità di sopperire agli effetti dell’isolamento grazie agli strumenti informatici (dalle lezioni a distanza nelle scuole, alla possibilità di accedere agli acquisti on line) ha accelerato l’ammodernamento di alcune prassi ed abitudini. Lavorare a distanza non è più un problema per i datori di lavoro (che hanno intravisto in questa opzione molte opportunità) e comprare on line è un’opportunità nuova in molte aree del paese fino a qualche tempo fa escluse dai maggiori circuiti commerciali.

La versa sfida sarà governare questi fenomeni senza subirne gli effetti negativi. In questo dovremo essere capaci anche noi di modificare la nostra capacità di interpretazione della realtà, senza perdere però le chiavi interpretative dell’interesse di classe e di contrasto allo sfruttamento del lavoro.

Per far questo dovremo riflettere anche sulle forme della rappresentanza e sulle sue regole di funzionamento.

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