(dell'inviato Michele Cassano) (ANSA) - PERUGIA - Quando gli chiedi se diventera' ricco come il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, spiega che gli interessa solo fare il giornalista. Dalla risatina che fa, pero', si intuisce che e' un'ipotesi che ha messo in conto, anche perche', si sa, la Silicon Valley e' terra di miracoli. Ed e' li' che e' nato Storify, ultimo fenomeno in fatto di social network ed affini.

Il fondatore e' Burt Herman, 39 anni, ex giornalista dell'Associated Press, al Festival di giornalismo di Perugia per presentare la sua creatura, che potrebbe fruttare presto una fortuna, anche se l'interessato risponde 'no comment' alla domanda su possibili compratori, come Facebook.

Storify, come si intuisce dal nome, serve a raccogliere, elaborare e condividere storie sul web, partendo da contenuti presenti su siti come Twitter, Facebook o YouTube. Da pochi giorni e' aperta a tutti, ma per un paio d'anni la start up e' stata utilizzata da testate come New York Times, Wall Street Journal, Washington Post, Huffington Post ed emittenti come Bbc, Al Jazeera e National Public Radio per creare storie in collaborazione con gli utenti della rete. Ed i numeri, nonostante il sistema non fosse ancora accessibile a tutti, sono di rilievo: 1 milione e 200 mila utenti unici e 14 milioni di visite solo a marzo.

Sono nate 21 mila storie, linkate su 5mila siti. L'interesse del mercato c'e', se si considera che Khosla Ventures, societa' che scommette sui nuovi nati del web, ha investito recentemente due milioni di dollari nel progetto.

La squadra di Storify conta al momento solo sei persone, perche' i veri autori sono gli utenti, destinati probabilmente a crescere nel mondo anche perche' e' allo studio un sistema di traduzioni dall'inglese. ''Quello che facciamo - spiega Herman all'ANSA - e' selezionare la massa di informazioni che c'e' sulla rete e renderla fruibile a tutti. Non e' un lavoro semplice, servono competenze e capacita' critica''. Su questa scia e' nato il social media curator, nuova figura professionale che ha fatto la sua comparsa nei grandi giornali americani, per selezionare e verificare le informazioni che arrivano dalla rete.

''Qualcuno puo' pensare che sia monotono lavorare dietro un pc, ma a me piace - prosegue -. Non dico che il giornalismo sul campo non serva piu', penso che le due forme siano complementari''. Di una cosa e' sicuro: ''I giornali di carta moriranno, non hanno piu' senso. Ci sono i tablet, d'altronde un iPad, lo dice il nome, cos'altro e' se non un pezzo di carta?''.
 

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