da Transform Italia.

«Il fenomeno migratorio alla luce dei fenomeni di costituzione dell’ordinamento globale» è il titolo di un working paper che sarà presentato da Alessandro Tedde (giurista, Sinistra XXI) al IV Congresso Internazionale della Cattedra Innocenzo III dedicato al tema “Migranti e rifugiati nel diritto: Evoluzione storica, situazione attuale e questioni irrisolte”, organizzato dalla Pontificia Università Lateranense e dall’Università Cattolica di Murcia (Spagna), che ospiterà i lavori dal 12 al 14 dicembre 2018.
La presentazione avrà luogo nella sessione del 14 dicembre intitolata “Tra emergenza e ordinarietà. Proposte per la valorizzazione di un fenomeno costante nell’età contemporanea”, mentre la pubblicazione è prevista per il numero monografico del primo semestre del 2019 della Rivista Vergentis.
È un segnale importante che un’analisi apertamente marxiana trovi accoglienza in un convegno internazionale di confronto tra giuristi (romanisti, comparatisti, canonisti, storici del diritto) e non giuristi (filosofi, teologi, storici puri, sociologi), organizzato da due università cattoliche, come ulteriore tassello del dialogo, franco e paritario, tra marxisti e cristiani.

A partire da un approccio marxiano, la comunicazione analizza uno dei molteplici effetti della globalizzazione che il fenomeno migratorio nello spazio europeo pone maggiormente in evidenza: il conflitto tra i due significati associati all’idea di «frontiera», che si esprimono in italiano con i termini «confini» e «frontiere»[1].
Una frontiera può essere intesa tanto sotto il significato di confine chiuso quanto sotto quello di frontieraaperta. Tuttavia, nella globalizzazione cioè nell’ultimo e più perfetto stadio dello sviluppo capitalistico (quello del «mercato mondiale»), questa contraddizione tende sempre più ad evolvere in un conflitto, che riguarda tanto il rapporto tra il Capitale e gli Stati quanto il rapporto tra il capitale ed il lavoro[2].
Nel campo delle relazioni internazionali (cioè dei rapporti tra gli Stati), la presenza di confini «chiusi» subordina la circolazione dei capitali e delle merci al controllo degli Stati. Nello spazio economico globale e sovranazionale, il capitale conosce solo frontiere «aperte» che divengono confini impenetrabili nei confronti tanto degli Stati, strumenti di esercizio sovrano del popolo, quanto del Lavoro.

Questo spazio vuoto di diritto (rechtsleerer Raum)[3] che il capitale può ordinare a proprio piacimento in termini di decisione sovrana perché in esso è legibus solutus, prende le forme di una res publica mercatoria, cioè di uno spazio in cui il mercato svolge un ruolo centrale di regolazione del processo di costituzione del capitale, per ciò intendendo il tentativo di risoluzione, ad un livello più alto e più stretto, del rapporto dialettico con il lavoro al fine di distruggere la valenza antagonistica di quest’ultimo.
Esiste un elemento, tuttavia, che è capace di scardinare la compartimentalizzazione spaziale prodotta dal capitale. Infatti, il mercato mondiale delle merci riguarda anche la merce “forza-lavoro”, la cui caratteristica unica è il fatto di essere incorporata in soggetti coscienti[4], capaci di seguire le direttrici del capitale che portano dai luoghi di più bassa a quelli di più alta valorizzazione, conseguentemente dando vita ad un fenomeno migratorio di lavoratori che fisicamente «risalgono» la catena globale del valore.
In termini dialettici, al processo di valorizzazione e successiva costituzione del capitale si oppone un ulteriore processo di autovalorizzazione della classe operaia globale, che non è ancora giunto allo stadio di una propria costituzione. Quali, dunque, le forme di questa costituzione globale del lavoro, inteso quale antagonista del capitale?

La tesi di cui al paper è che tale costituzione del lavoro come soggetto politico dell’ordinamento globale possa avvenire nelle forme di una trascrescenza, appunto dal piano nazionale-internazionale a quello sovranazionale-globale, della forma di «Stato del lavoro» che troviamo inscritta nelle costituzioni democratico-sociali e particolarmente nella Costituzione repubblicana Italiana. In questi termini, il fenomeno migratorio tende a porsi come lo strumento di tale transizione egemonica del Lavoro sul piano giuridico e costituzionale dell’ordinamento globale.

In campo giuridico, il contributo tende a cercare una terza via riguardo il problema della costituzione dell’ordinamento globale, che non guardi né all’accettazione della global governance tecnico-amministrativa come un fattore positivo di miglioramento delle performances democratiche e di accountability degli Stati nazionali (Cassese), né all’ipotesi di un costituzionalismo globale cosmopolitico basato su generiche affermazioni pacifiste e di affermazione di diritti umani, chiaramente non dotate di alcuna forza coercitiva che non sia quella dell’imperativo etico (Ferrajoli). Il contributo, infatti, guarda ai rapporti tra diritto e potere in un’ottica conflittuale e di classe e secondo quest’ottica definisce una via per la trasposizione globale del conflitto capitale-lavoro, sulla base di una ridefinizione dello Stato da Stato-nazione a Stato-classe.

Sul sito di Sinistra XXI sarà possibile seguire lo sviluppo della ricerca e leggere lo scritto.

Note

[1] Étienne Balibar, “L’Europa, una frontiera «impensata» della democrazia?”. In AA.VV., Europa, costituzione e movimenti sociali, Manifestolibri, Roma, 2003, pp. 231-243.

[2] Sandro Mezzadra, “Confini, frontiere, capitale”, Intrasformazione – Rvista di storia delle idee, 2015, 4:2, pp. 20-24.

[3] Francesco Galgano, Storia del diritto commerciale, Il Mulino, Bologna, 1980 che cita P. Virga, Libertà giuridica e diritti fondamentali, Milano, 1947, pp. 24 ss.

[4] Karl Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, 2 voll. La Nuova Italia, Firenze, 1978, vol. II.

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