di Massimo Villone

La Corte costi­tu­zio­nale demo­li­sce un altro dei car­dini della legge 40 del 2004 sulla pro­crea­zione medi­cal­mente assi­stita. Una legge pro­fon­da­mente segnata dal pre­giu­di­zio ideo­lo­gico della mag­gio­ranza par­la­men­tare dell’epoca, volta a proi­bire il più pos­si­bile, pre­scin­dendo da ogni con­si­de­ra­zione di best prac­ti­ces medi­che, di tutela della salute, di diritti. L’obiettivo era difen­dere a oltranza i con­cetti più tra­di­zio­nali di cop­pia, matri­mo­nio, fami­glia, filia­zione. Da qui scelte con­ser­va­trici, se non oscu­ran­ti­ste, su punti nodali come la dia­gnosi pre-impianto e la fecon­da­zione eterologa.

Di opzioni più avan­zate pur ammesse in altri paesi, come l’utero in affitto o la fecon­da­zione per la donna sin­gle o geni­tori dello stesso sesso, nem­meno a par­larne. L’esito della legge 40 è stato il fio­rire di un costoso turi­smo pro­crea­tivo verso vari paesi d’Europa per la clien­tela ita­liana che poteva per­met­ter­selo. E gli altri? Si arran­gias­sero. Una bella spen­ding review sulla pro­crea­zione è quel che serve. Dopo tutto, qual è l’interesse gene­rale a che i poveri gene­rino altri poveri?

È dun­que bene che la Corte costi­tu­zio­nale abbia impu­gnato l’ascia. Già con la sen­tenza 151/2009 aveva dichia­rato la vio­la­zione degli arti­coli 3 e 32 della Costi­tu­zione ad opera dell’articolo 14, comma 2, della legge (unico e con­tem­po­ra­neo impianto, di non più di tre embrioni), e del comma 3, nella parte in cui non pre­ve­deva che il tra­sfe­ri­mento degli embrioni dovesse comun­que farsi senza pre­giu­di­zio della salute della donna. Con la deci­sione di oggi la Corte can­cella il divieto di fecon­da­zione ete­ro­loga, dopo qual­che esi­ta­zione tra­dotta nel rin­vio ai giu­dici remit­tenti (ordi­nanza 150/2012) per tener conto della sen­tenza della Corte di Stra­sburgo, Grande Camera, (S.H. and others v. Austria, 3 novem­bre 2011) che aveva rite­nuto le limi­ta­zioni poste da una legge austriaca non lesive dell’articolo 8 della Con­ven­zione euro­pea dei diritti dell’uomo, sul rispetto della vita pri­vata e fami­liare. Ma oggi i giu­dici ita­liani hanno deciso, anche se dovremo comun­que leg­gere le moti­va­zioni per valu­tare l’esatta por­tata. E si sa di qual­che voce interna in dissenso.

Un com­mento: sui diritti, vec­chi e nuovi, i giu­dici fanno la loro parte. Così è quanto al fine vita per il caso Englaro (Cass., I civ., 16 otto­bre 2007, 21748; Corte app. Milano, I civ., 25 giu­gno 2008). Così è per la Cas­sa­zione, I civ., quando nel gen­naio 2013 defi­ni­sce mero pre­giu­di­zio soste­nere che sia dan­noso per l’equilibrato svi­luppo del bam­bino il fatto di vivere in una fami­glia incen­trata su una cop­pia omo­ses­suale. Così è per il Tri­bu­nale di Roma, che il 26 set­tem­bre 2013 disap­plica il divieto di dia­gnosi pre-impianto in un caso di fibrosi cistica, ordi­nando alla Asl com­pe­tente di ope­rare una pre­via cor­retta scelta ed impian­tare esclu­si­va­mente gli embrioni sani. Così è ancora in via di prin­ci­pio quando la Corte costi­tu­zio­nale afferma che il legi­sla­tore deve tener conto degli svi­luppi della scienza medica (sen­tenza 151/2009 già richia­mata). E vanno notate le quasi iden­ti­che parole della Corte di Stra­sburgo citata, che nega sia vio­lato l’articolo 8 della Con­ven­zione, ma ammo­ni­sce il legi­sla­tore austriaco a seguire gli svi­luppi in atto.

Le sen­tenze richia­mate sono un buon esem­pio di quel che i costi­tu­zio­na­li­sti «par­ruc­coni» inten­dono par­lando di checks and balan­ces. Qui incro­ciamo il dibat­tito sulle riforme isti­tu­zio­nali. La spinta verso un bipo­la­ri­smo coat­tivo, con taglio delle ali, è una ten­denza che può pro­durre alle fine poli­ti­che — e leggi — con­ser­va­trici. Se si vince con­ver­gendo al cen­tro, e togliendo rap­pre­sen­tanza e voce alle posi­zioni più lon­tane, il mode­ra­ti­smo trionfa. E il mode­ra­ti­smo può ben essere ter­reno di col­tura per il con­for­mi­smo e la sor­dità al nuovo, piut­to­sto che per la cre­scita di libertà e diritti. Isti­tu­zioni, poli­tica e leggi si legano strettamente.

La ten­denza a una ulte­riore tor­sione mag­gio­ri­ta­ria deve pre­oc­cu­parci. L’evoluzione fisio­lo­gica dei diritti e della libertà bor­ghesi rischia di essere nel nostro paese bol­lata come espres­sione di estre­mi­smo sociale e poli­tico, e di essere espulsa dalle sedi — in prin­ci­pio appro­priate — della rap­pre­sen­tanza. Dob­biamo per que­sto bat­terci con­tro ogni forma di estre­mi­smo bipo­la­ri­sta e mag­gio­ri­ta­rio. Dob­biamo bat­terci per la difesa della Costi­tu­zione e dei luo­ghi in cui i suoi pre­cetti si fanno valere, vigi­lando in par­ti­co­lare sull’autonomia e l’indipendenza dei giu­dici, ordi­nari e costituzionali.

Una volta le per­sone di sini­stra pote­vano imme­dia­ta­mente iden­ti­fi­carsi dicendo di non voler morire demo­cri­stiani. Ma adesso la Dc non c’è più. Sulla lapide che scriviamo?

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