Evoluzione difesa del suolo in Italia. Quali scenari?: la parola agli esperti
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• Gianvito Graziano presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi: “c’è l’esigenza di tornare a guardare il territorio prendendo come unità di misura il bacino idrografico”.
• Gianni Clemente direttore di IGEAM: “i Comuni saranno sempre meno in grado di affrontare le emergenze del territorio. Serve un gruppo di lavoro sui grandi rischi”.
ORVIETO – Alla odierna conferenza stampa dell’Amministrazione Comunale di Orvieto nella quale è stato fatto il punto sulla prima fase della gestione dell’emergenza dell’alluvione di due settimane fa, hanno partecipato Gianvito Graziano Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi e Gianni Clemente direttore di IGEAM i quali hanno commentato l’evoluzione della difesa del suolo in Italia.
“Sulla difesa del suolo abbiamo speso tantissime parole, ma la realtà è una – ha detto Gianvito Graziano - in Italia non esiste una legge di difesa del suolo. Tema che è incardinato nel codice ambientale che recepisce una direttiva europea (la 2060) sul ciclo delle acque. L’Europa guarda al dissesto idrogeologico legato al piani dell’acqua ma la peculiarità del territorio italiano non è tale che questo tema resti in quella norma”.
“Abbiamo ottimi strumenti di assetto idrogeologico - ha aggiunto – e potremmo disporre di una fotografia che dovrebbe evidenziare le situazioni, regione per regione e bacino per bacino, ma che si configura come vincoli e scalette di priorità. Quello che auspichiamo è di far passare un concetto diverso: tornare a guardare il territorio prendendo come unità di misura il bacino idrografico. Il reticolo minore da grossi problemi di instabilità coinvolgendo abitati e aree industriali che stanno dove non devono stare. Significa tornare ad un vecchio concetto di intervenire su questi grandi catini e di come compensare gli interventi antropici. Il ritorno a quel progetto di unità di bacino è assolutamente necessario”.
“Una idea su cui ragionare – ha concluso - è togliere il cerino in mano ai Comuni che devono realizzare azioni senza una filiera normativa di competenza né una legge. L’auspicio è che il Ministro dell’Ambiente Clini ripercorra almeno le tappe che hanno portato alla legge 183 sulla difesa del suolo e allo studio preliminare fatto sul territorio su cui la legge si fondava. Vanno ripercorse le tappe virtuose di gestione del territorio. Se non faremo questo continueremo a piangere i nostri danni. Il Ministro Clini si è detto favorevole anche per l’istituzione del tavolo ministeriale. Oggi sappiamo però che si starebbero per varare i 40 miliardi di euro necessari per mettere in sicurezza il territorio italiano con un piano straordinario in 15 anni. Se questa è la somma prevista all’interno dei PAI non è la strada giusta. C’è poca manutenzione. Ci vorranno anni per fare una nuova legge, ma almeno si deve creare una condizione di illuminismo politico. Occorre certamente agire nella direzione delle risorse finanziarie ma con la consapevolezza dei cittadini perché questo aiuta ad avere comportamenti più rispettosi del territorio”.
“C’è da fare una considerazione generale grave – ha affermato a sua volta Gianni Clemente – dopo venti anni di disastri la situazione è solo peggiorata. Oggi con la situazione che hanno i Comuni italiani, ammesso e non concesso che abbiano un geologo, la prospettiva reale è quella di non poterli più sostituire, quando andranno in pensione. Lo Stato deve capire che servono i soldi, i Comuni gli enti locali e chi ha responsabilità di gestire queste materie sarà sempre meno in grado di affrontarle! Le battaglie che la stampa deve fare sono queste. Serve un gruppo di lavoro sui grandi rischi”.
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