I dati aggiornati dell’INPS nazionale testimoniano il sempre più allarmante dato sull’esplosione dei voucher (o buoni lavoro).
Uno strumento che grazie all’allargamento nell’uso indicato dal Jobs Act, non solo precarizza ulteriormente il mercato del lavoro ma lascia senza tutela alcuna chi li utilizza. Non è prevista infatti nessuna tutela sostanziale né per la maternità né per gli infortuni e anche quella previdenziale è solo formale e non reale.

In 2 anni in Umbria i voucher sono triplicati, toccando quota 1.971.122. I settori fondamentali che utilizzano questo strumento sono commercio, turismo e servizi.

I lavoratori coinvolti da questo fenomeno, solo in Umbria, sono ben 17.874 di cui 1.711 non comunitari e 16.163 comunitari. Addirittura siamo arrivati con i voucher ad un coinvolgimento che riguarda ben il 10% della forza lavoro dipendente, un aspetto , non più marginale, che cambia profondamente ed in peggio, le caratteristiche del nostro mercato del lavoro. Basta pensare ad ulteriori due caratteristiche: il 50% dei lavoratori interessati è under 49 anni e il compenso medio annuo di ciascun lavoratore corrisponde a 471 euro.

La soluzione escogitata dal Jobs Act di innalzare il tetto per l’utilizzo a 7mila euro, cannibalizzerà sempre di più i potenziali rapporti di lavoro subordinato, attraverso l’utilizzo di questo istituto che tutela assai poco il lavoratore, che nel tempo produrrà pensioni minime, instabilità lavorativa, bassa professionalità e un buco fiscale per le casse dello Stato, con un indebolimento del sistema di sostegno al reddito (i voucher non prevedono il diritto all’indennità di disoccupazione).

Bisogna interrompere questa spirale dirompente e la politica, a partire dal Governo nazionale, deve intervenire per impedire l’ulteriore dilatarsi di questa moderna forma di schiavismo.

Su questo, oltre che sulle battaglie esclusivamente di potere, sarebbe utile che si esercitasse anche la politica umbra.
                                     

Mario Bravi

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