Emergency, il 2021 un anno segnato da tappe importanti per il mondo intero
"Per noi di EMERGENCY il 2021 resterà per sempre indimenticabile a causa di quello strappo improvviso in piena estate, per quel dolore acuto che ci ha tolto il fiato. Gino, che ha iniziato a camminare per tutti noi, si è fermato. Da agosto ci lascia proseguire da soli. Noi staremo al passo, forti della strada tracciata, della meta da raggiungere, dello spirito militante, naturalmente pacifico, di chi sente il dovere di inseguire un’ideale di giustizia e uguaglianza. Perché, negli anni, la visione di Gino ha costruito fondamenta solide in cui ribolle quell’utopia che serve a non smettere mai di camminare, come diceva Edoardo Galeano.
Per un attimo ci siamo emotivamente arrestati, sì, ma il modo più naturale per sentire meno la sua mancanza è stato rimboccarci le maniche nel presente senza smettere di scrutare l’orizzonte, garantendo continuità a quel progetto di medicina ed etica che è EMERGENCY.
Abbiamo perseverato nel curare dagli effetti della guerra l’Afghanistan, ora straziato da una crisi umanitaria conseguenza diretta dell’atto di abbandono della comunità internazionale. Il destino di Kabul ha dimostrato che avevamo ed abbiamo ragione: chi pensa “di fare” con la guerra, pensa male.
Abbiamo continuato nei nostri progetti in Africa, dove vogliamo essere un’insegna di medicina di eccellenza. Il Salam, il centro pediatrico di Port Sudan, quello di Nyala, il centro chirurgico di Goderich, e ancora e soprattutto, l’ospedale dei bambini di Entebbe, una vittoria contro l’assenza di cure chirurgiche dignitose. Nonostante le difficoltà legate alla pandemia, siamo riusciti ad avviare le attività cliniche in primavera, perché crediamo fortemente che sia fondamentale garantire gli stessi livelli di cura che garantiremmo in questa parte del mondo.
Con la stessa determinazione, non è venuto meno il lavoro in Italia per offrire cure di base ai più vulnerabili, e consegnare beni di prima necessità alle famiglie vittime della fragilità economica dovuta alla pandemia.
E mentre in Iraq il personale ha continuato a supportare le vittime delle mine antiuomo, in Eritrea, procedevano le attività nel nuovo ambulatorio cardiologico di Asmara, “effetto collaterale” del nostro programma regionale.
Attorno ai progetti e a tutto lo staff impegnato a portarli avanti, ci sono sempre i volontari, preziosi cardini della nostra identità di associazione, primi a credere nel potere lenitivo della diffusione di una cultura di pace. Anche da loro, il mondo prende ossigeno ma, finché fare il nostro lavoro significherà andare in direzione ostinata e contraria, significherà anche che c’è ancora tanto da fare.
Nell’attuale stato di salute mondiale, i sintomi che sembrano prevalere sono quelli della logica del più forte, della disumanizzazione dell’altro e dell’odio che genera violenza: c’è violenza nel privare milioni di persone dell’assistenza sanitaria gratuita e di qualità; c’è violenza nel negare a miliardi di persone, quelle più povere, i vaccini anti-covid19; c’è violenza nel lasciare morire migliaia di rifugiati alle porte dell’Europa; c’è violenza nella crescita degli arsenali militari; c’è violenza nel relegare ad un trafiletto a fondo pagina le crisi umanitarie; c’è violenza nei grandi discorsi della storia a cui non seguono grandi fatti per raddrizzarne il corso.
I limiti, così come i confini, esistono finché non si superano. E noi dobbiamo prima di tutto superare quelli che ci stimolano una percezione territoriale del mondo e una presunzione nel sentirci autorizzati a decidere dell’esclusione e inclusione altrui. Non siamo un territorio chiuso e autosufficiente, siamo una comunità.
Ed è questo il nostro augurio per il 2022: riscopriamoci tutte e tutti membri di una stessa comunità. Non può esserci pace, non può esserci salute, se non ci ritroviamo in uno spazio di intersezione tra gli uni e gli altri fatto di uguaglianza nei diritti e nei doveri. La nostra prognosi, finora riservata, può cambiare in benigna, solo edificando un presente in cui prima di affidarci ai moti celesti, ci affidiamo alla responsabilità nostra e di ciascuno. Le risorse ci sono e sarebbero sufficienti a prendersi cura di tutti, dobbiamo solo scegliere di andare verso l’obiettivo del bene comune.
Quanto a noi di EMERGENCY, quelli che hanno avuto il privilegio di crescere e lavorare fianco a fianco col Dottor Gino, ma anche quelli che, pur non avendolo mai incontrato, si sono sentiti uniti dalle sue parole e dal suo esempio sotto quella “E rossa” che non sbiadisce e rappresenta per molti garanzia di pari dignità e diritti, non invertiremo la rotta.
Vogliamo essere ancora una risposta concreta ai bisogni dei più deboli e, grazie alla partecipazione e al sostegno di tante persone che apprezzano il nostro lavoro e si sentono sinceramente coinvolte dai destini degli altri, lo saremo. Renderemo il diritto alla cura un principio universalmente garantito, e una premessa di pace."
— Rossella Miccio, Presidente di EMERGENCY
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