I dati delle elezioni regionali andrebbero analizzati comparando le tre realtà coinvolte: Liguria, Emilia Romagna, Umbria.
Alcuni dati sono comuni e indicano una tendenza complessiva, altri sono specifici.
Astenuti: l'astensione è in aumento. Bisognerà distinguere l'astensionismo strutturale da quello occasionale. Molti elettori assenti questa volta, torneranno a votare alle politiche, una quota tenderà a non votare più. Gli astensionisti sono una platea estremamente differenziata e gli astensionisti occasionali quando votano tendono ad allinearsi agli elettori permanenti piuttosto che cercare altre offerte politiche. Gli unici che sono riusciti a mobilitare gli astensionisti per un breve periodo sono stati i 5 stelle, ora non ci riescono più soprattutto nelle elezioni amministrative.
PD: c'è un sostanziale recupero elettorale dopo la crisi prodotta dalla leadership renziana, dalla partecipazione ai governi di "sacra unione" e da varie scelte politiche operate nell'ultimo decennio. Questo rafforza la Schlein che però resta in parte estranea al ceto politico del partito che dirige. Le elezioni segnalano che il PD è dominante ma, Emilia Romagna a parte, vince dove il candidato presidente non è del PD, come in Sardegna e in Umbria. Il suo rafforzamento a spese degli alleati può produrre contraccolpi e soprattutto rende più difficile l'allargamento del consenso necessario a vincere le elezioni politiche.
5Stelle: i risultati non sono buoni da nessuna parte. Probabilmente resta uno scarto strutturale tra voto politico e voto amministrativo. Ma l'effetto è quello di fare apparire il partito come subalterno al PD e privo di un'immagine propria. Come questo si tradurrà nel dibattito e negli equilibri interni lo si vedrà presto.
AVS: si conferma come l'unica forza a sinistra del PD che riesce ad eleggere, ma i dati sono un po' al di sotto delle aspettative e del voto alle Europee. Il rapporto col PD si squilibra a favore di quest'ultimo e questo ripropone il dilemma di tutte le formazioni politiche in un contesto bipolare tra marginalizzazione e integrazione subalterna. I dati dell'Emilia Romagna e dell'Umbria, meno quelli della Liguria, mettono in discussione la tesi di Fratoianni che ormai la sinistra a sinistra del PD fosse tutta riunificata in AVS. Nel caso dell'Umbria la presenza di una lista di sinistra alternativa all'interno della coalizione riduce lo spazio di AVS che non può proporsi come l'unica opzione con contenuti di sinistra ma utile contro la destra.
PRC: le tre liste sostenute dal PRC hanno avuto esiti diversi. Disastroso in Liguria con PaP-PRC-PCI, dignitoso in Emilia Romagna con la stessa triangolazione, anche se inferiore a PTD, discreto in Umbria con una lista a tema all'interno della coalizione vincente che non elegge ma supera nettamente la soglia del 2%. Il voto conferma che nell'elettorato della sinistra radicale e/o estrema sinistra, c'è una quota che vota in alternativa al bipolarismo a prescindere e che si aggira attorno all'1% o anche meno. Un'altra parte, di dimensioni analoghe o leggermente superiori, vota sulla base del contesto politico (destra al governo, carattere del centro-sinistra, ecc). In Emilia Romagna non era percepito il pericolo della vittoria della destra, a differenza delle elezioni precedenti, e quindi un pezzetto di elettorato si è sentito libero di votare secondo convinzione. Si tratta di un elettorato che sa ragionare politicamente (forse più di qualche dirigente che pretende di rappresentarlo). Non so dire se è un fatto isolato o possa avere valore di indicazione ma a Parma il miglior risultato della lista tris si registra di gran lunga a Torrile (3,69% per le liste e 4,13% sul presidente). Ovvero nell'unico comune dove il PRC governa col PD apertamente da più di 10 anni.
PaP: A differenza del PRC, che ha scelto di differenziare l'offerta politica sulla base del contesto, PaP ha puntato su tre liste fotocopia. Disastroso il risultato in Liguria (con PRC e PCI), ancora peggiore in Umbria (senza PRC). Il partito del "prescindere" elettoralmente non funziona. Questo può non essere un problema per PaP che si immagina come il nuovo PRIC ("partito rivoluzionario in costruzione") e che deve rimuovere come "macerie che ostruiscono il suo cammino" gli stessi partiti con i quali per convenienza si allea. In Emilia Romagna la campagna elettorale ha probabilmente consentito a PaP di consolidare una presenza organizzata e legami con settori di militanza giovanile, anche se di nicchia, grazie alla candidatura a Presidente e alla visibilità mediatica. Non sembra in grado però di uscire dai margini del conflitto politico e sociale.
 

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