Economia umbra, nel 2022 ripresi i iivelli pre-Covid, ma brusca frenata nel 2023
Per l’economia umbra il 2023 sarà un anno in linea con il clima di questi giorni che, dopo mesi di temperature oltre le medie stagionali, in pochi giorni ha subito una brusca gelata. Infatti, dopo lo sprint del 2022, che ha visto il Pil regionale crescere del 3,9% recuperando ampiamente i livelli precedenti la pandemia, quest’anno le previsioni ipotizzano tutti gli indici in calo e una crescita economica di poco superiore allo zero. A trainare la ripresa, nel 2022, prevalentemente la manifattura e le costruzioni attraverso le esportazioni e il Superbonus. Purtroppo, si è trattato di una crescita senza occupazione.
Sono questi alcuni degli elementi che emergono dalla nuova indagine “Quadro economico regionale 2022 e previsioni 2023”, commissionata da CNA Umbria al centro studi Sintesi.
“Il persistere di costi energetici fuori misura, la guerra ancora in corso, l’inflazione a due cifre, la riduzione degli incentivi automatici sugli investimenti, il rebus irrisolto del Superbonus, avranno un effetto pesante sull’economia regionale – dichiara Michele Carloni, presidente di CNA Umbria -. Considerato che le imprese assorbono la maggior parte dei consumi di energia elettrica (75%) e gas naturale (55%), sono molto positivi i finanziamenti messi sul piatto dalla Regione per favorirne l’autoproduzione di energia, ma non basteranno per ridurre sensibilmente i costi energetici e per far crescere il Pil.”
“L’indagine – afferma Alberto Cestari di Sintesi – ha rilevato che nel 2022, oltre al Pil, è continuato il trend di crescita degli investimenti iniziato già l’anno precedente, facendo registrare un aumento di 17 punti percentuali rispetto al 2019. Anche i consumi degli umbri l’anno scorso hanno recuperato i livelli pre-Covid, in controtendenza rispetto alla media nazionale, caratterizzata da un calo (-1,5%). Risultati eccellenti per l’export regionale: un + 30% rispetto al 2021 (+36% sul 2019), trainato soprattutto dalla metallurgia che, sull’onda del rimbalzo della produzione, ha visto crescere le proprie esportazioni del 104% sul 2019. Anche il settore del turismo ha avuto una performance positiva, registrando un numero di presenze in Umbria nei primi dieci mesi del 2022 pari a 5,7 milioni di persone, in gran parte composto da italiani (+7%), mentre gli stranieri sono diminuiti (-5%). Passando alle note dolenti – va avanti Cestari – i costi energetici hanno subito rincari vertiginosi, comportando una spesa aggiuntiva per le imprese rispetto all’anno precedente che, nel caso dell’energia elettrica è stata di 600milioni di euro (+88%), sopportata in gran parte dal settore dell’industria e dell’artigianato manifatturiero, mentre per il gas naturale è stata di 220milioni di euro (+100%), anche in questo caso soprattutto a carico del comparto della manifattura (170milioni/euro) e, per il resto, dal commercio e dai servizi. L’altro elemento non positivo – aggiunge Alberto Cestari – è stato quello relativo all’occupazione. Infatti, nonostante l’aumento di posti di lavoro registrato nei settori dell’industria e delle costruzioni, il numero totale di occupati nella regione è ancora inferiore ai livelli del 2019, con circa 6mila posti di lavoro che ancora mancano all’appello. Ciò è dovuto in parte alla diminuzione registrata nel comparto agricolo, nel commercio, nei servizi e, nonostante i dati positivi sulle presenze, nel turismo.”
La ricerca ha fatto il punto anche sull’impatto del Superbonus sull’economia regionale.
“Il Superbonus si conferma tra i principali driver della crescita del Pil regionale – dichiara Cestari -: a fine 2022 erano quasi 6.200 gli interventi sugli immobili, di cui il 56% relativo ad abitazioni unifamiliari, per un valore complessivo di lavori autorizzati pari a 1,1 miliardi di euro.”
E per il 2023?
“Purtroppo, per l’anno in corso l’unica cosa che manterrà questi livelli di crescita sembra che saranno i costi energetici – interviene Michele Carloni -. Gli investimenti, infatti, sono previsti sensibilmente in calo, sebbene ancora con segno positivo (+2,2%), in parte anche per la riduzione dei crediti di imposta prevista nel 2023 dal nuovo piano di Transizione 4.0. Anche le esportazioni probabilmente non riusciranno a eguagliare le performance del 2022, specialmente se continueranno a scarseggiare alcuni prodotti (per es. microchip). Un rallentamento generale dovuto ai rincari generalizzati che, oltre ai costi energetici, ha riguardato il prezzo dei trasporti, dei generi alimentari e dei beni per la casa. Un impatto negativo sull’economia è dato anche dal mancato incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Idem per quanto riguarda l’irrisolta questione della cessione dei crediti maturati con i bonus edilizi, moltissimi dei quali, ancora bloccati, hanno messo in crisi migliaia di imprese e famiglie che hanno effettuato i lavori. Perciò ben vengano i fondi regionali per sostenere l’autoproduzione di energia da parte delle imprese, ma accanto a questo – conclude Carloni - auspichiamo un ripensamento del Governo sulla riduzione degli incentivi automatici sugli investimenti e, finalmente, lo sblocco dei crediti maturati sugli interventi di rigenerazione urbana approvati.”
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